Videogiochi e minigiochi

16 Mag 2024

Videogiochi e minigiochi

Quella dei minigiochi è una categoria che, se ci si ragiona sopra, sembra uscita da una qualche battuta assurda: la soluzione proposta per staccare da un videogioco è giocare un minigioco all’interno di quello stesso videogioco. Difficile che, riassunto in tal modo, il rapporto tra videogiochi e minigiochi possa essere preso sul serio. Tuttavia la questione è più complessa: lungi dall’essere dei semplici giochi nel gioco, quella dei minigiochi è un’aggiunta che arricchisce in maniera enorme il videogioco che li ospita. I minigiochi rispondono a numerose esigenze diverse e, in non pochi casi, finiscono per diventare più importanti del videogioco principale. 

Fin dalle loro prime comparse, i minigiochi sono stati utilizzati principalmente come espediente: venivano inseriti per rendere giocabili specifici momenti del gioco. Pensiamo per esempio ai round bonus: piuttosto che consegnare casualmente un potenziamento o vite aggiuntive, si può ottenere lo stesso effetto attraverso un minigioco. Tantissimi titoli passati per le console Nintendo, da Super Mario a Donkey Kong, hanno visto implementati round bonus dove ottenere qualcosa a patto di superare con successo una piccola sfida dalle semplici regole, come accoppiare diverse carte o indovinare sotto quale contenitore è stato nascosto il premio.

In altri esempi, i minigiochi sono stati utilizzati come veri e propri party games, da aggiungere a titoli solo parzialmente rientranti in tale definizione. Un party game è pensato per essere giocato da più persone in modalità competitiva o cooperativa: una definizione che si attaglia, almeno in parte, a una delle serie di picchiaduro più famose di sempre, vale a dire Tekken. Nel terzo capitolo venne introdotta come minigioco una modalità inedita: Tekken Ball. I personaggi controllati dai videogiocatori non lottano direttamente tra di loro, ma devono mandare verso l’avversario un pallone da spiaggia cercando di colpirlo o di far cadere la palla per terra. Una modalità che si stacca nettamente dai match di combattimento classici, avvicinandosi proprio a un party game: non a caso, la modalità Tekken Ball è tornata anche nel più recente capitolo della serie.

Nella maggior parte dei casi, comunque, i minigiochi sono inseriti in videogiochi particolarmente articolati, nei quali vengono utilizzati per spezzare la narrazione tra una missione principale e l’altra o per popolare grandi mappe di titoli open world. In questo senso potrebbero farsi moltissimi esempi, ma possiamo limitarci all’accoppiata composta dalla serie Grand Theft Auto e dai giochi da casinò. La serie è nota per le sue enormi mappe liberamente esplorabili, nelle quali si trova ogni genere di attività secondaria e minigioco: tra questi, i casinò sono una costante. Tutti i titoli principali, in una maniera o nell’altra, hanno introdotto strutture nelle quali potersi intrattenere con minigiochi che ripropongono integralmente i grandi classici del casinò, e sono numerose le somiglianze con le moderne piattaforme in rete. Sono ad esempio inclusi gli accorgimenti che, anche nei vari casinò online, rendono questo tipo di giochi affidabili: l’utilizzo di componenti RNG, per esempio, garantisce che la roulette sia effettivamente imprevedibile, e che ogni mano di blackjack sia giocata con un mazzo sempre completo impedendo pratiche comuni come il conteggio delle carte.

La funzione di spezzare il ritmo della narrazione, comunque, non esclude che contemporaneamente si ottengano altri effetti, per esempio quello di arricchire e ampliare il mondo del videogioco. È per esempio il caso di Machine Strike, o Batosta Meccanica nella localizzazione italiana, il minigioco principale di Horizon Forbidden West. Il videogioco è ambientato in un futuro nel quale macchine robot sono diventate ostili, e gli umani sono divisi in tribù: i guerrieri di una di queste hanno creato un gioco da tavolo dove si controllano pedine rappresentanti le macchine robot, e scopo del quale è sconfiggere i pezzi dell’avversario. Si tratta di un minigioco molto somigliante agli scacchi, che il team ha sviluppato lavorando su una versione cartacea; non solo riesce a fornire un’attività secondaria approfondita e stimolante, ma allo stesso tempo arricchisce il mondo di gioco e contribuisce all’immersione in esso del giocatore.

In conclusione, è impossibile non citare il minigioco che meglio di tutti racchiude in sé tutti i pregi di questa particolare aggiunta ai videogiochi. È il Gwent, il gioco di carte collezionabili giocato dai protagonisti di The Witcher 3: in ogni insediamento si può trovare un artigiano o taverniere disponibile per una partita, e le carte per il proprio mazzo possono essere vinte giocando o acquistate dai mercanti. Da semplice intrattenimento ben contestualizzato, tuttavia, il Gwent è diventato in breve un vero e proprio gioco nel gioco, e i videogiocatori si sono trovati a dedicarsi a un round di un minigioco mettendo in pausa i progressi della storia principale. Non sorprende che gli sviluppatori, prendendo atto di un successo tanto inatteso, abbiano creato un titolo interamente basato sul Gwent, trasformando dunque in videogioco quello che era nato come semplice minigioco.


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