Ormai, nel mondo videoludico siamo abituati ad acquisizioni di proporzioni giganti, a fallimenti di titoli con un hype di base clamoroso, a rinvii e patch riparative. Bene, tutto questo pentolone viene farcito con un ulteriore argomento sulle bocche di tutti: la situazione di Ubisoft. L’azienda francese, infatti, si trova in una situazione che definirei drasticamente compromessa. State leggendo, In Poche Parole, NerdGate.
Ma facciamo un resoconto della situazione che rischia di diventare il nuovo romanzo di accompagnamento dell’anno. Partiamo dalla gestione dei progetti più in auge dell’azienda, dove, in primis, troviamo le serie storiche Assassin’s Creed, Far Cry e titoli di più recente creazione come ad esempio Star Wars Outlaws. Ma perché nonostante il peso di nomi come questi, Ubisoft non riesce a cavalcare e risalire rapidamente la cima? Le risposte sarebbero diverse e un connubio delle diverse scelte aziendali potrebbe rendere chiara l’idea. Partiamo dal fatto evidente che i titoli proposti peccano di originalità tanto verticale – tra giochi della stessa serie – quanto orizzontale – giochi di serie differenti ma con evidenti elementi in comune.
Analizziamo la verticalità dei titoli, la cui monotonia si evince dalle diverse serie con cui abbiamo avuto a che fare. Dalla serie degli assassini fino a Far Cry 6, i titoli subito successivi hanno sempre peccato di originalità, risultando strutturati costantemente nello stesso modo. Nonostante proposte di ambientazioni varie, ottimamente riprodotte e fedeli alla realtà, con cambi anche nella tipologia di gioco – come per AC – non si percepisce mai un cambio costruttivo. Quanto più lo stravolgimento dello stile di gioco poteva risultare gradevole e nuovo – Valhalla con la sua brutalità – tanto più risuonavano ripetitivi nella costruzione della trama narrativa.
Ora, per quanto il gameplay sia importante, l’elemento narrativo risulta – a mio avviso – il collante definitivo e basilare dei titoli. Un buon gameplay senza una trama strutturata, per titoli del genere, potrebbe portare a monotonia e pesantezza. Far Cry, Ghost Recon, Assassin’s Creed sono tutti tioli che riportano, ahimè, sempre la stessa pappa, rendendo sterili prodotti altrimenti molto validi.
Andando a vedere i fattori orizzontali, le stesse strutture di gestione della missione, delle mappe e della modalità di gioco si ripetono costantemente in ogni prodotto. Questa costanza, tristemente nota, ha portato all’appellativo “gioco Ubisoft”, proprio per descrivere questa monotonia che pervade i titoli della casa francese.
Bene, possiamo inserire questa ripetitività a 360 gradi sicuramente tra i motivi che hanno portato i fan meno sfegatati ad abbandonare alcune saghe. Altresì, le critiche in massa, non sempre giustamente, rientrano in quel bacino di fattori che hanno portato ad un calo delle azioni. Basti pensare che in cinque anni le azioni Ubisoft hanno perso l’80% del loro valore, attestandosi – in questo periodo – sugli 11$ ad azione.
Come detto, tutte le critiche che vengono mosse all’azienda non trovano sempre un fondo di oggettiva analisi, come per Star Wars. Proprio l’ultimo titolo uscito è stato fortemente criticato, nonostante il prodotto risulti più che giocabile. Ripetitivo? Sicuramente sì ma non tale da definirlo un fallimento. Con tutta certezza, possiamo inserirlo nella flotta dei “giochi Ubisoft”, senza però etichettarlo come un vero e proprio crack. Ecco, c’è da dire, però, che l’uscita del prodotto Lucasiano ha causato un piccolo crollo in borsa, nonostante un iniziale successo con le prime impressioni delle maggiori redazioni.
Tutto questo si collega perfettamente, non solo alla situazione economica attuale, ma anche alle scelte di frequenti rinvii e di prove piuttosto fallimentari. Assassin’s Creed Shadows, in primis, ne è un esempio: ha visto slittare l’uscita dal 12 novembre 2024 al 20 marzo 2025. Provato dai maggiori recensori, il titolo sembra non aver entusiasmato nessuno. Fatta eccezione per l’ambientazione bellissima – tipico degli AC – le varie problematiche Ubisoft e i relativi elementi monotoni sembrano essere più che presenti.
Ciò potrebbe spaventare i giocatori e, di conseguenza, gli azionisti che potrebbero fuggire ulteriormente, svalutando l’azienda e rendendola più appetibile sul mercato, seppur meno competitiva qualitativamente parlando. Sono infatti insistenti rumors sul possibile passaggio dalla famiglia Guillemont a Tencent, con un’ottica riformista della politica aziendale. Ad ora, la situazione vede la famiglia Guillemont con il 13,91% delle azioni dell’azienda, contro il 9,73% del colosso cinese Tencent.
Ecco, in poche parole, la situazione della società francese con un primo resoconto della situazione.