Anno nuovo, nuovo numero delle Nuove Avventure a colori di Martin Mystere. La miniserie che intende presentare un diverso Martin (che per l’occasione ribattezzato il BGZM. il Buon giovane Zio Marty) torna in edicola con il terzo numero, dopo averci portato in questo nuovo mondo con la prima storia doppia (Ritorno all’impossibile e L’elmo di Scipio), una sorta di pilot di questa miniserie.
Come in una serie televisiva, dopo l’esordio inizia il momento in cui lo spettatore, in questo caso il lettore, cerca di capire se il serial abbia qualcosa di buono, se l’entusiasmo e la curiosità possono essere nutrite ulteriormente, o se si sia già visto tutto il buono; visto la dichiarata affinità con i serial dichiarata dal think thank dei Mysteriani, è con questo spirito che mi sono approcciato al nuovo numero delle Nuove Avventure a Colori, L’arca dell’Estinzione.
MARTIN E MAX ALLA SCOPERTA DI UN MYSTERO PREISTORICO TRA LE FORESTE DELLA SARDEGNA!
Martin e il suo amico Max si trasferiscono in Sardegna, per indagare su una misteriosa preda di caccia, che si rivela essere un apatosauro, creatura preistorica che viene ritrovata da tre uomini nelle alture sarde. Tra personaggi folkloristici e dettagli che emergono pian piano, il ritmo della vicenda rimane sempre alto, ci spinge con perizia a proseguire al lettura e ma soprattutto ha il merito, specie nella seconda parte, di tentare una bella operazione, ovvero spiegare cosa abbiamo conosciuto nel precedente episodio (ovvero l’origine del potere dell’elmo di Scipione), e introdurre nuovi antagonisti che sono ideali per un personaggio come il nostro Martin. Nonostante più volte io abbia confessato di voler trattare questa miniserie come una nuova collana, devo ammettere che la presenza di alcune delle tematiche canoniche del Martin Mystere classico mi hanno entusiasmato; all’interno della macrotrama della miniserie queste new entries servono a dare bene il senso di completezza e profondità, non lasciando il tempo al lettore di fermarsi un secondo, mettendo Martin alle prese con una serie di avversari che sembrano spuntare dappertutto. L’arrivo dei tanto temuti Uomini in Nero o il modo in cui viene presentata la setta che si muoveva nell’ombra nel precedente capitolo (e vi lascio il gusto di scoprire la sua origine!) sono momenti intensi, presentati molto bene .
Quello che maggiormente si apprezza è la capacità dei Mysteriani di non sbottonarsi troppo su Martin e Max, lasciando trapelare alcuni dettagli che richiamano al loro passato; allo stesso modo è apprezzabile la parentesi dedicata alle due amiche di Martin, Diana e Arianna, che in due tavole mantengono il legame con il lettore e con la loro presenza continuano a restare ben presenti nella saga. Dare delle caratterizzazioni a tutti i personaggi , anche se di durata breve, non è facile all’interno di una miniserie, a maggior ragione in un albo; eppure in L’arca dell’estinzione ogni comparsa ha la sua peculiarità, rappresenta una necessità all’interno della narrazione senza essere un mero deus ex machina ma un nodo fondamentale. Particolarmente emozionante la scelta morale che dovrà fronteggiare Martin, una situazione che rappresenta una ferita per uno studioso che vuole fare i conti con la propria morale.
Sempre entusiasmante i richiami alla cultura moderna nei dialoghi dei due protagonisti, o lo stile moderno che si prefigge di trattare tematiche di archeologia e mysteri in modo avventuroso. Non è un caso che in questo albo si affronti uno dei temi più interessanti che riguarda una delle nostre isole, la Sardegna, spesso associato al mito di Atlantide , come spiegato in un articolo de La Stampa La Stampa della scorsa estate o agli studi presentati sul sito Centro Sardegna
Naturalmente un simile contesto narrativo deve essere reso in modo adeguato, e il tratto di Sauro Quaglia è più che adatto in questo ruolo! Le tavole sono ben dettagliate, hanno una profondità ed un’espressività semplice ma d’impatto, che sanno trasmettere la carica emotiva della storia, aiutati anche dai colori di Alessandro Musumeci e Daniele Rudoni, che con il loro lavoro esaltano il tratto di Quaglia, rendendo le tavole davvero spettacolari. Unico appunto, la tavola 64 non mi ha convinto del tutto, come se il punto di vista che ci viene offerto e la dimensione del satellite non siano proprio coerenti, ma è un appunto personale, che non ha minimamente scalfito il mio godimento dell’albo. Molto scenografica la copertina di Lucio Filippucci, che con la sua tavola racchiude molto bene l’intero contenuto dell’albo, con la colorazione di Daniele Rudoni che mette il tocco finale, un lavoro di coppia che cattura l’occhio del lettore!