Sono passati 23 anni da quando James ha varcato la soglia nebbiosa della città più inquietante di tutte. Oggi noi siamo tornati, insieme a lui, pronti a camminare nuovamente tra le strade di Silent Hill grazie alla nuova fatica del Blooper Team: un remake tanto atteso quanto temuto.
Silent Hill 2 Remake è un’opera che fin da subito ci fionda nei suoi panorami, nello spirito tipico della serie e del titolo senza tradire alcunché delle atmosfere originali. James ha ricevuto una lettera da sua moglie Mary: “incontriamoci nel nostro luogo speciale, a Silent Hill”, ma c’è un problema… la donna è morta già da qualche tempo. Allora chi ha scritto la lettera? E soprattutto, perché proprio Silent Hill?
Ancora una volta ci si trova di fronte a una rete di significati che fa dell’analisi psicologica un meraviglioso itinerario narrativo: i segreti di James sono i segreti della trama, e questa si snocciola di fronte a lui come il protagonista si rivela lentamente a noi giocatori. Un passo alla volta, in una città che pare il riflesso del carattere principale, ci si ritrova a incontrare personalità andate, smarrite, in fuga o alla ricerca di qualcosa. Talvolta parallelismo dei peccati commessi, talvolta, invece, segreti che riguardano James in persona. Un gioco che, come l’originale, fa dell’allegoria la chiave di volta: l’essenziale differenza nello spirito creatore del vecchio Team Silent, infatti, rivive orgogliosamente nel Blooper Team. Come fu per l’epoca, Silent Hill 2 Remake non rappresenta un horror action dove la difesa è alla portata (Resident Evil Saga, ce l’abbiamo con te), ma dove la vulnerabilità più intima non trova scampo in un panorama ostile, viscerale e terribilmente desolante. Qual è la differenza tra Silent Hill e la mente umana? “In questa città… c’è qualcosa di sbagliato” dice Angela Orosco, primo personaggio incontrato da James lungo tutta l’avventura, e non ha torto. La città rappresenta, infatti, il grande protagonista del gioco a cui presta il titolo, , ancor più di James. D’altra parte i due elementi sembrano legati a doppio filo (James e la città) in un intreccio ben calcolato e mai esplicito, adatto a un pubblico di giocatori con la voglia di affondare in una storia a tratti complessa, a tratti estremamente dolorosa e commovente.
Ma se il gioco non tradisce lo spirito del suo originale del 2001 in temrini narrativi, lo fa anche nel gameplay? Certo che no. Il Blooper Team ha avuto l’estro di mantenere sì correnti le ambientazioni e gli intinerari drammaturgici del titolo, ma per il gameplay ha fatto un’opera di restiling totale andando a mitigare le limitazioni di 20 anni fa. Si può dire tranquillamente addio ai movimenti ingessati del protagonista, come anche alla telecamera fissa e ai comandi poco pratici, per lasciare spazio a delle interazioni più libere e dinamiche con l’ambiente (attraversare finestre, strisciare tra i buchi e le feritoie), a un combat system più all’avanguardia e a un core dell’esperienza di gioco più vicino agli standard attuali in quanto scioltezza del vissuto.
Infine, il reparto sonoro e grafico sono decisamente eccellenti. Le musiche sono le tipiche tracce del grandissimo Akira Yamaoka, il sound design cucito sulla desolazione che Silent Hill vuole comunicare, mentre l’apporto grafico del titolo è totalmente al passo con la generazione corrente, anche nei modelli poligonali dapprima tanto criticati. Perfino la palette cromatica del titolo sembra pensata per massimizzare quell’effetto opprimente che il titolo vuole trasmettere.