Bentornati Gaters amanti dei fumetti. Macerie prime, l’ultimo libro di Zerocalcare, sta riscuotendo consensi a livello di pubblico e critica (qui la nostra recensione). Siamo andati per voi al Circolo dei Lettori di Torino a sentire l’autore che, incalzato dalle domande del co-fondatore e direttore di Bao Publishing (Michele Foschini), ha raccontato ai presenti sfaccettature interessanti del processo di scelta che lo ha portato a scrivere una storia corale, nonché della sua evoluzione nell’approccio alla costruzione narrativa dei personaggi.
L’incontro si è aperto con una riflessione sul tempo e la sua influenza in relazione a una narrativa, quella di Zerocalcare, che usualmente racconta la quotidianità della sua vita. L’autore si è accorto che certi strumenti narrativi consueti e rodati, che gli permettevano di far funzionare i personaggi, non erano più adeguati. Questo perché gli stessi personaggi dei suoi fumetti provengono da controparti reali, su cui sono stati modellati ormai molti anni fa (otto o nove anni addietro circa). Per renderli credibili, era necessario portarli alla pari con l’evoluzione che hanno avuto le persone a cui erano stati ispirati. Inoltre, dato che la sua vita ora ha assunto delle routine legate al lavoro di fumettista, l’autore ha parlato dell’esigenza di non voler fare un lavoro troppo auto-referenziale: «era pure difficile raccontare la vita mia senza raccontare la vita degli altri». Parlando della sua vita da fumettista, Zerocalcare sottolinea una consapevolezza: «mi rendo conto del suo essere una parzialità, troppo parziale, nel contesto del mio mondo». Aggiunge che i personaggi che si sono evoluti di meno (ci si mette anche lui a livello umano e affettivo), sono quelli che vivono poi una situazione più “drammatica”, perché si rendono conto che gli altri, costruendo qualcosa, li stanno lasciando indietro mentre loro rimangono in qualche modo cristallizzati.
Ma i suoi amici, protagonisti di “Macerie prime”, che hanno dai trenta ai quarant’anni, sono consapevoli di questa immobilità nella crescita o la accettano e quasi negano, come conseguenza naturale di un contesto ormai costruito sulle “macerie permanenti”? L’idea dell’autore sulla questione è abbastanza chiara: «con l’età ne cominciano a essere abbastanza consapevoli tutti. Quando c’hai trentaquattro-trentacinque anni, e vedi che la tua vita rimane al palo, i contratti continuano a essere sempre contratti di sei mesi… ogni volta devi ricominciare tutto da capo, non sei riuscito a mettere un mattone stabile su nulla della tua vita. Rimani sempre un po’ così sospeso, penso che ne cominci a soffrire tanto». Parlando dei personaggi, in un contesto incerto quale quello odierno, dove si fa fatica a realizzarsi e avere un lavoro stabile, colui che meglio si è integrato alla situazione è Secco, che tra i suoi amici era l’unico che non aveva aspettative: essendo nato tra le “macerie”, non ha avuto il bisogno di adattarsi.
Parlando del suo enorme successo editoriale, si prova poi a riflettere sul perché un autore che viene da un contesto formativo per nulla mainstream (centri sociali e spazi occupati) e che tutto sommato ha avuto una vita abbastanza dissimile dai suoi lettori, riesca a intercettare un così largo bacino di pubblico. L’autore sostiene che il contesto sociale in cui siamo cresciuti come generazione è in parte analogo, e certe insicurezze e fragilità di cui lui racconta possono essere ampiamente condivisibili.
Puntuale è la risposta del fumettista alla domanda riguardante una parte della critica, che gli imputa di raccontare sempre le stesse cose. Lapalissianamente, Zerocalcare ricorda che trattando di eventi autobiografici è evidente che, facendo sempre cose simili, possano ripetersi i contenuti. Tuttavia, non gli si può non riconoscere lo sforzo che ha fatto per distaccarsi, tra un volume e l’altro, a livello di forma e struttura del racconto. L’autore specifica che, guardando indietro nella sua produzione fumettistica, da parte sua c’è stato uno sforzo cosciente nel proporre al lettore ogni volta qualcosa di diverso: da “Un polpo alla gola” in cui cerca di fare fiction pura con un intreccio simile al genere giallo, a “Dodici” in cui il protagonista non è lui e di biografico c’è ben poco, e via dicendo. Con “Macerie prime” il fumettista romano ha utilizzato un nuovo metodo per costruire narrativamente i personaggi, così spiegato: “provare a far muovere dei personaggi all’interno del libro e della narrazione che non fossero filtrati dal mio sguardo. Il fatto di scrivere dei dialoghi che pronuncia qualcun altro… mi sembra di fare un’operazione arbitraria, ingiusta.” Per evitare di imporre il suo pensiero, l’autore si è armato di taccuino ed è andato fisicamente a casa dei propri amici per farsi raccontare gli eventi dal loro punto di vista, in modo da farli avvicinare il più possibile alle loro controparti cartacee. Persino i temi più dolorosi sono stati affrontati, e su questo punto Zerocalcare si mostra abbastanza sicuro di saper mettere dei “paletti” in merito a gli elementi che possono finire nei libri e ciò che rimarrà nella sfera privata delle persone reali.
Riflettendo sul seguito di “Macerie prime” – già programmato per maggio del 2018, racconterà gli avvenimenti che accadono sei mesi dopo i fatti del primo libro – si è innescato un processo per cui, come ci spiega l’autore, le trame principali del secondo volume sono delineate, ma le vite reali dei protagonisti hanno assunto nuovi risvolti. Alcuni sono imprevedibili rispetto a quanto potevamo immaginare dalla lettura di “Macerie prime”. In che modo si affronta questo scollamento tra ciò che è stato impresso nella storia e le possibili deviazioni prese dalle vite dei personaggi in carne e ossa? Zerocalcare pensa che il risultato di questo processo potrebbe portare a un secondo volume che non avrà necessariamente i contenuti più “intensi” da leggere, e la priorità potrebbe essere ancora una volta l’utilizzare “paletti” che tutelino i suoi amici, andando quindi per “sottrazione”, non parlando per forza nella stessa maniera di concetti approfonditi nel primo volume.
Tra le domande dei presenti, emerge nuovamente la curiosità per la capacità dell’autore di parlare a un pubblico trasversale. Zerocalcare ammette però che con “Macerie prime”, essendoci stato uno spostamento verso tematiche che potrebbero interessare solamente a un pubblico più adulto, il pensiero di perdere una fascia di giovani lettori c’è (a giudicare dalle file per i “disegnetti”, per ora il rischio rimane scongiurato).
L’intervista si conclude con un timore palesato dall’autore, ossia che il libro venga banalizzato dalla “sintesi” giornalistica. Rispetto ai suoi altri volumi, viene constatato come numerose analisi – soprattutto la maniera contemporanea di fare giornalismo – possano svilire l’umanità del libro stesso.
Noi speriamo che questo non succeda. Oltre a essere pieno di umanità, “Macerie prime” ci offre uno spazio di condivisione sul sentire dei giovani adulti del mondo attuale. Lo fa in maniera sensibile e accorta, offrendo uno specchio al vissuto di chi non sa se lo diventerà mai davvero, un adulto. Scusate se è poco.