The French Dispatch – La recensione

Pieno di colori vivaci, trame stravaganti, un cast stellare di personaggi e una direzione tecnica incontaminata, The French Dispatch è in arrivo nelle sale italiane l'11 novembre

5 Nov 2021

Strutturato più come un’antologia, piuttosto che un film unico, The French Dispatch, il nuovo film di Wes Anderson, inizia raccontando la morte improvvisa dell’editore di questo giornale fittizio, Arthur Howitzer Jr. (Bill Murray). Il suo ultimo desiderio è che il giornale sia chiuso immediatamente e solo dopo aver pubblicato un ultimo numero di addio. L’ultima rivista presenta un breve diario di viaggio attraverso la città di Ennui-sur-Blasé (dove ha sede la rivista), tre articoli del passato, ognuno narrato da uno degli scrittori di punta della rivista, e un necrologio.

La prima breve storia vede come protagonista Herbsaint Sazerac (Owen Wilson), un ciclista che gira la città e mostra quanto sia cambiata nel corso degli anni. Sazerac è interessato agli angoli più squallidi della città e documenta il decadimento della società, che porta ad alcuni momenti davvero comici. La narrazione più breve prepara il terreno per le storie seguenti.

Successivamente, in un auditorium J.K.L. Berenson (Tilda Swinton) presenta alla folla “The Concrete Masterpiece”, una storia sull’avvento dell’arte moderna. Protagonista del racconto è l’artista Moses Rosenthaler (Benicio Del Toro) mentre dipinge la sua musa (Léa Seydoux). Finito il dipinto, scopriamo che Rosenthaler è un prigioniero e Seydoux la sua guardia. Il suo talento attira l’attenzione di Julian Cadazio (Adrien Brody), un mercante d’arte in cerca del prossimo genio del mondo dell’arte, che spera di fare una vendita molto redditizia a un collezionista del Kansas.

“Revisions to a Manifesto” si concentra su due giovani studenti manifestanti nel bel mezzo di una rivoluzione, interpretati da Timothée Chalamet e Lyna Khoudri. Questo terzo articolo, scritto da Lucinda Krementz (Frances McDormand), è una delle poche storie in cui la giornalista non è l’unica narratrice. Krementz, mentre riferisce sulle rivoluzioni giovanili, inizia una relazione con Zeffirelli (Timothée Chalamet). Con alcune osservazioni ironiche sulle illusioni dell’obiettività, Krementz aiuta Zeffirelli a scrivere il suo manifesto e a dare consigli ai manifestanti.

L’ultima storia, “The Private Dining Room of the Police Commissioner”, è forse la più avvincente delle quattro. Lo scrittore Roebuck Wright (Jeffrey Wright) viene intervistato in uno show televisivo. Il conduttore, interpretato da Liev Schreiber, gli chiede di recitare l’articolo, che descrive il profilo di uno chef di spicco (Steve Park), ma Wright si concentra sul rapimento del figlio di un capo della polizia, in cui lo chef è semplicemente coinvolto. Non solo questa storia è la più emotivamente toccante, ma Wright offre una performance straordinaria in mezzo a un cast fenomenale. L’attore riesce a emergere anche all’interno dello stile di Anderson, fornendo una maggiore profondità al suo personaggio rispetto a tutti gli altri narratori. Questo racconto si distingue dai precedenti anche per un drastico cambio di stile: una scena di inseguimento realizzata interamente tramite un’affascinante animazione simile a un fumetto.

In ultimo, veniamo riportati all’inizio, quando gli scrittori si riuniscono per finalizzare la rivista, ma invece vengono accolti con la morte del loro amato editore. Non c’è tempo per piangere: l’articolo finale del French Dispatch è un necrologio che il team decide di scrivere insieme.

The French Dispatch è un’ode sofisticata e sperimentale alla narrazione. Apprendiamo che la maggior parte dell’edizione è stata terminata prima della morte di Howitzer. Quindi, vediamo l’editore lavorare ed elargire consigli agli scrittori, con un’acuta attenzione ai dettagli e un debole per parlare in massime. “Fallo sembrare come se tu lo avessi scritto così di proposito”, consiglia spesso al suo staff. È intelligente, sicuro e abbastanza familiare da farti chiedere se si tratta di qualche consiglio di scrittura ben noto. Ma è soprattutto autoironico: una bella battuta piena di intuizioni e contraddizioni, non diversamente dallo stesso film di Anderson. Ogni articolo che compone il dispaccio è narrato dal giornalista che lo scrive e il film ha il pregio di distinguere gli stili di narrazione di ciascun scrittore. La scrittura, densa e cerebrale, è altrettanto bella, una volta che si entra in quell’atmosfera.

Il film è inoltre un’ode all’idea romantica e romanzata del periodo di massimo splendore della metà del secolo di riviste come il New Yorker. Ambientato in una città immaginaria in Francia, la maggior parte del film sembra essere stato realizzato da un pittore parigino. È un film dall’aspetto bellissimo: le immagini e i ritratti in movimento sono la proiezione ideale di un amante dell’arte. Inoltre, mostra come anche la più semplice delle piccole città sconosciute può offrire le (dis)avventure più interessanti quando si guardano i loro cittadini con attenzione e curiosità.

Se invece si cerca una trama chiara o personaggi riconoscibili, forse il film non risulta essere altrettanto riuscito. La narrazione si muove avanti e indietro tra flashback che possono essere disorientanti. La vacuità derivante da un’enfasi eccessiva su costumi e inquadrature, piuttosto che una preoccupazione per lo sviluppo di personaggi ricchi e un’ambientazione afferrabile, rende la pellicola un prodotto alienante. Anderson è più preoccupato a generare assurdità intelligenti che a farti affezionare a uno di questi personaggi. Le storie alludono a delle emozioni senza effettivamente esprimerle. Il racconto finisce per essere spento, troppo articolato e artificiale. Inoltre, The French Dispatch soffre a causa di una abbondanza narrativa che a una prima visione può sembrare travolgente.

Ma siamo sicuri che The French Dispatch potrà essere uno di quei film che migliora con una seconda visione, grazie a tantissimi dettagli piacevoli e gratificanti da rivisitare.

Trailer ufficiale di The French Dispatch

CONCLUSIONI: Il film è un'opera d'arte dal punto di vista visivo e con ottimi momenti irriverenti e comici. Ma non c'è nulla sotto la superficie e sembra che Anderson stia un po’ girando a vuoto. Le storie non hanno un vero e proprio punto di arrivo. E per un film che pretende di essere un'ode al giornalismo, ogni articolo risulta povero nell’approfondire storia e personaggi, affidandosi esclusivamente al fascino visivo di Anderson per nascondere questo limite. Le stesse insistenti scelte estetiche che rendono i suoi film così unici presentano anche un impedimento alla connessione emotiva.

VOTO FINALE: 7

SCHEDA FILM

  • USCITA: 11/11/2021
  • GENERE: Commedia, Drammatico
  • REGIA: Wes Anderson
  • DURATA: 108 min
  • SCENEGGIATURA: Wes Anderson
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