Fairy Tail – Recensione: il problematico JRPG di Gust

Dopo Attack on Titan, Koei Tecmo propone una nuova avventura ispirata ad anime e manga di grande successo: come sarà andata?

Fairy Tail è un fumetto giapponese di genere Shonen molto amato, sia in patria che in Occidente, e non è un caso che Koei Tecmo abbia optato di affidare a Gust la produzione di un JRPG: i creatori della serie Atelier meritano una seconda chance con una nuova IP dopo il fallimento del progetto Blue Reflection e l’inaspettata popolarità scaturita da Atelier Ryza. Il problema è che il team di sviluppo in questione, evidentemente poco avvezzo allo sviluppo di tie-in, si è scordato di renderlo accessibile ad un pubblico generalista.

La vera grande critica con la quale si potrebbe aprire la recensione è soprattutto questa: non conoscete Fairy Tail o avete solo una vaga idea di che cosa tratti il fumetto di Hiro Mashima (Rave)? Bene, sappiate che il videogioco non farà nulla per introdurvi al variegatissimo cast di personaggi o spiegarvi qualcosa della storia. Per di più, il titolo è ambientato a cavallo di un evento che precede una “timeskip” nella storia del fumetto, ovvero un momento in cui personaggi vecchi e nuovi vengono reintrodotti sotto nuove sembianze, senza che il gioco si prenda la briga di dare maggiore contesto agli eventi inscenati. Un vero peccato se si pensa che l’occasione era ottima per rendere acessibile la storia di questo battle shonen ad un maggiore numero di giocatori, magari semplicemente affamati di videogiochi con estetica anime o richiamati dalla fama dello sviluppatore in questione. Un attimo di contesto quindi,a nche per fare un favore ai fan della serie: l’introduzione ci catapulta sul finale dell’arco narrativo ambientato sull’isola di Tenrou, dove dopo una sfolgorante vittoria contro Hades, la gilda di Fairy Tail si trova costretta a sigillare l’intero arcipelago per fermare Acnologia, un drago dalla potenza incredibile. La Fairy Sphere sigilla quindi la minaccia e tutti i componenti della gilda in una bolla che li mantiene protetti e ferma il loro invecchiamento per sette lunghi anni.

BACK TO THE PAST

Così, con uno stratagemma tutto sommato credibile, tocca ora al giocatore nei panni di Natsu e dei suoi amici ricostruire la gilda Fairy Tail e portarla di nuovo ad essere la migliore in circolazione: ambire al grado S. Da qui, il gioco prende finalmente il via, dando per scontato che chi è di fronte allo schermo sia almeno a conoscenza degli eventi raccontati nei primi 100 episodi della serie anime o nei primi 200 capitoli del manga. Sì, avete letto bene.

Rifarsi una fama nell’universo definito dal pennino di Hiro Mashima non è semplicissimo e il gruppo di eroi dovrà dividersi fra missioni di uccisione, raccolta ed eventi della storia principale, in un susseguirsi di compiti non molto dissimili da quelli che ci si aspetterebbe in un MMO.

Una natura così ripetitiva che nemmeno la possibilità di potenziare la propria gilda con i materiali raccolti durante le missioni potrà in qualche modo arricchire l’esperienza, che si configura nella stragrande maggioranza dei casi in un esercizio di pura e semplice pazienza: ma almeno vi è modo di fare maggiore conoscenza del nutrito cast di protagonisti. Data la loro presenza è giusto anche ricordare che l’appeal anagrafico di Fairy Tail, come battle shonen, non dovrebbe superare l’età di 14 anni: non aspettatevi quindi un intreccio particolarmente memorabile o sfilate di personaggi carismatici. Ma fare la loro conoscenza nelle missioni secondarie a loro dedicate permette di beneficiare di ulteriori bonus statistici e meccanici durante le battaglie.

Il sistema di combattimento, d’altronde, è centralissimo nell’esperienza di gioco, ed ovviamente a turni. Segue le logiche semplicistiche viste nei capitoli della serie Atelier; benché capaci di usare attacchi fisici, è chiaro come il titolo inviti i personaggi a dare sfoggio dei propri incantesimi, facendo ben presente che esaurire sia gli HP che gli MP equivale a sconfitta sicura. I nemici sono posti su una griglia che permette di visualizzare il raggio d’azione di ogni incantesimo e può addirittura succedere che certi attacchi finiscano per spostare il loro corpo esanime per prepararlo all’arrivo di un attacco successivo.

In questo senso le meccaniche che dominano le battaglie propongono sicuramente qualcosa di interessante, specie a livelli di difficoltà più alti nelle zone avanzate dell’avventura, quando alle meccaniche base si possono finalmente affiancare meccaniche come l’awakening, una sorta di versione potenziata dei membri del proprio party, non dissimili dal “sistema trance” visto in Final Fantasy IX, e gli attacchi a catena, delle situazioni in cui il gioco permette, al riempimento di una barra, di utilizzare più incantesimi, uno dopo l’altro, succedendo diversi personaggi ad un costo di MP inferiore a quello ordinario. Faccio presente questo perché per il 90% del tempo, il titolo sviluppato da Gust soffre di un forte sbilanciamento della curva d’apprendimento, tale da permettere a chiunque di completare gran parte dell’avventura senza nemmeno considerare le potenzialità di questa impalcatura videoludica. Si tratta, sostanzialmente, di un JRPG per un pubblico di neofiti, che non lesina contenuti dedicati agli appassionati del fumetto (e anime) a cui si ispira, ma che avrebbe potuto offrire molto di più se solo avesse osato nell’avere più fiducia nelle capacità del pubblico di riferimento.

Arriviamo quindi all’ennesimo punto dolente dell’operazione voluta da Koei Tecmo: la presentazione. Fairy Tail è un JRPG estremamente contenuto su tutti i frangenti, non offrendo particolari emozioni sul piano narrativo, né su quello ludico. Eppure, nemmeno il lato grafico riesce a sopperire a questa totale assenza di carattere: a parte sfoggiare dei modelli 3D dei personaggi in un cel shading tutto sommato piacevole da osservare su schermo – specie durante le animazioni degli incantesimi più potenti – , il titolo Gust riconferma l’incapacità di questo team di sviluppo nel saper ricostruire l’universo di Earthland con una sufficiente quantità e qualità di asset tridimensionali, se non si considerano limitatissimi sforzi per rimanere aderenti al materiale d’origine quando si tratta di portare in vita alcuni scenari urbani. Il che, in sostanza, significa che in Fairy Tail ci si muove spesso per ambientazioni prive di una propria identità, al limite del riutilizzo di asset stock… in pieno stile Atelier. Se non altro, Gust si riconferma uno studio dalla visione artistica coerente quando si tratta di infilare ragazzine pre-pubescenti in abiti succinti nei propri titoli a discapito di qualsiasi altra cosa.

CONCLUSIONI: C’è poco da dire: Fairy Tail è un JRPG rivolto ad un pubblico di soli appassionati che avrebbe potuto lavorare sui fattori di accessibilità e bilanciamento della difficoltà per proporre un’esperienza di gioco maggiormente godibile da tutti. Malgrado le intenzioni fossero quelle di dare ancora una volta fiducia a Gust con un progetto dedicato ad un’IP di grande richiamo, il parere di chi scrive è che difficilmente rivedremo questo studio di sviluppo al lavoro su qualcosa che non sia il franchise di Atelier.

VOTO FINALE: 5.5

  • I personaggi di Fairy Tail e tutto il fanservice che ne consegue
  • Livello di sfida talmente basso da renderlo rilassante…
  • … al punto di poter risultare soporifero ai più smaliziati
  • Comparto tecnico incapace di rendere giustizia all’IP coinvolta in questa operazione commerciale
  • Tante meccaniche sfruttate nel peggiore dei modi
  • Storia e personaggi praticamente inaccessibili se non si è familiari con l’opera originale
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