Se tanti anni fa i crossover supereroistici erano un vero e proprio evento che le case editrici sfruttavano per creare storie sorprendenti, in cui tutti gli eroi dello stesso universo narrativo si riunivano per fronteggiare l’incredibile minaccia di turno, nel 2018 si è arrivati invece ad un punto di saturazione per questo tipo di storie. Marvel, da diversi anni, ha riproposto crossover su crossover per aumentare il suo bacino di lettori e di copie vendute, scelta che però si è presto rivelata fallimentare e infatti DC Comics, differentemente dal suo competitor, è stata più cauta in questo frangente, pubblicando eventi crossover solo quando c’era un piano ben preciso dietro e non forzando un’uscita annuale. Valiant Enterteinment, pur avendo un universo narrativo molto più giovane e fresco, non ha spinto le sue pubblicazioni con crossover superflui, ma ha prima dato un’identità ai suoi personaggi per poi riunirli in poche occasioni, centellinando i loro team-up. Così facendo, ha valorizzato questi eventi e ciò si è riflesso anche nella qualità delle storie. Un chiaro esempio di questa scelta editoriale è Divinity III: Stalinverso, oggetto di questa recensione insieme al suo volume di accompagnamento: Divinity III: Eroi del glorioso Stalinverso, pubblicati in Italia da Edizioni Star Comics.
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Seppur questa storia risulta essere il terzo capitolo dalla saga incentrata sul personaggio di Abram Adams a.k.a. Divinity, creata da Matt Kindt e Trevor Hairsine, la scala di questo evento ha interessato l’intero Valiant-verse. Per spiegarvi più facilmente il tipo di evento che Divinity III: Stalinverso rappresenta, sia sotto l’aspetto editoriale che narrativo, un esempio lampante è House of M, evento a fumetti Marvel più o meno recente e sicuramente noto a tanti. I presupposti, come già affermato, sono gli stessi: una storia centrale inerente una versione distorta della linea temporale dell’universo narrativo classico, causata da un personaggio con dei poteri fuori dal normale, e dei tie-in che in realtà non aggiungono nulla alla trama principale, ma arricchiscono il contorno, approfondendo personaggi nuovi e versioni alternative di quelli a cui ci siamo affezionati negli anni. Così nasce Divinity III: Stalinverso, la cui storia principale (in quattro parti) è racchiusa nel suo volume unico che, ovviamente, per essere del tutto compresa prevede la lettura dei due capitoli precedenti. Il main event è accompagnato dal volume Divinity III: Eroi del glorioso Stalinverso, che approfondisce l’universo dispotico creato per questo terzo capitolo.
Kindt, sin dalle prime pagine, ci catapulta subito in questa astrusa realtà in cui l’URSS ha, sin dalle ceneri della Prima Guerra Mondiale, conquistato l’intero globo terraqueo. Sicuramente non stiamo parlando di un concept innovativo, ma in tutto ciò sono immersi i personaggi Valiant. Abbiamo subito modo di vedere le loro versioni sovietiche: da Bloodshot impiegato a sopprimere le rivolte politiche, a X-O Manowar e Shadowman intenti a preservare l’Unione da minacce soprannaturali, ecc. Gli unici che in realtà, pur essendosi integrati in questa realtà, sembrano ricordare qualcosa della vera storia che il mondo ha percorso, sono Colin King a.k.a Ninjak e Toyo Harada, il primo Harbinger. I due cominceranno ad indagare su come tutto ciò possa essere accaduto, puntando i loro primi sospetti su Divinity, uno dei pochi a possedere dei poteri tanto incredibili da riuscire a piegare il tempo e lo spazio. Abram, però, sembra essere anch’egli una vittima di questa distorsione della realtà, quindi l’unica entità rimasta che possa aver causato un tale evento è Myshka, la seconda Divinity. Seppur lo scorso capitolo di questa serie “divina” si concludeva con il rinsavimento della ragazza russa e la nascita di un legame amoroso tra questa e Adam, sembra che in realtà Myshka nasconda un terribile segreto. Chi c’è dietro a tutto ciò? C’è un terza entità in circolazione in grado di poter creare una tale distorsione della realtà? Per scoprirlo vi invito alla lettura del volume.
C’è da fare un plauso a Matt Kindt per la costruzione dell’evento in sé, dando forma a questa realtà non solo tramite le versioni alternative degli eroi Valiant, ma anche per averne fornito una dettagliata identità grazie ad una timeline apposita elencante gli eventi principali che hanno portato l’Unione Sovietica al controllo della Terra e dell’universo circostante. Il ritmo narrativo è sempre crescente, si nota come ogni dialogo sia costruito specificatamente per motivi prettamente necessari alla trama, nessuna battuta è lasciata al caso, e appena i nodi verranno al pettine, l’escalation di eventi sarà sempre più palpabile, fino a coronare nel confronto finale. Così come nei capitoli precedenti, anche in questo Kindt affronta il tema dell’essere divino e di quanto una figura come questa abbia il potere/dovere di intervenire sul fato della specie umana, ed è bello vedere come anche questa volta sia lo stesso Divinity a mostrarci la soluzione a questo interrogativo, evidenziando l’evoluzione e la crescita che ormai il personaggio di Abram Adams ha raggiunto in questi tre volumi. La serie si conclude con un capitolo extra: Divinity #0, vero epilogo di questa storia in cui Abram fa i conti con le conseguenze che lo Stalinverso ha portato, tra l’introduzione di nuovi personaggi e l’incontro con i vecchi.
Il tratto di Hairsine, per quanto non mi faccia personalmente impazzire, è funzionale alla storia che Kindt racconta, presentando delle splash page davvero ben realizzate e delle soluzioni grafiche risolte in composizioni di tavole che, seppur molto classiche, risultano di impatto. Allo stile di Hairsine si contrappone quello di Renato Guades (disegnatore di Divinity #0), decisamente più statico, ma valorizzato dalla colorazione pittorica e da una sapiente gestione della palette cromatica, davvero un piacere per gli occhi.
Come già precedentemente scritto, questo volume è accompagnato da un altro, Divinity III: Eroi del glorioso Stalinverso, che racchiude quattro storie (prodotte da diversi team creativi), ciascuna delle quali dedicata agli eroi cardine del Valiant-verse: Bloodshot, X-O Manowar, Shadowman ed Archer e Armstrong nelle loro versioni sovietiche. Tra tutte spicca quella dedicata al mitico duo Valiant ovvero l’ultima storia presente nel volume che mostra un’interessante visione del rapporto tra Archer e Armstrong, visione che si riversa anche sul comparto grafico, in particolare nel finale con un’eccellente utilizzo dei colori e del loro contrasto. Graficamente è anche da ricordare la storia con protagonista Bloodshot, che mostra a pieno i momenti gore. Inoltre, ogni capitolo di questo volume, si conclude con le origini di quattro nuovi personaggi introdotti nella storia principale di Divinity III e che formano il supergruppo denominato “la Brigata Rossa”, guidato da Myshka. Seppur non obbligatorio per comprendere la trama principale, l’acquisto di questo secondo volume è altamente consigliato per arricchire l’esperienza dello Stalinverso. Anzi, magari non avrebbero fatto male anche altre storie che magari dipingessero meglio l’ascesa dell’URSS e il ruolo che i personaggi Valiant hanno svolto in tutto ciò.