Riuscire a inserire in un’unica opera tutti gli elementi distintivi dei più grandi platform di sempre, partendo da Mario 64 per arrivare a Banjoo-Kazooie, è difficile, ma con questo titolo, i Gears for Breakfast ce l’hanno fatta.
La protagonista è una misteriosa viaggiatrice che riesce a muoversi nello spazio grazie ad una navicella alimentata a clessidre. Nel viaggio di ritorno verso casa, veniamo a conoscenza di un tipo losco e mafioso, egli pretende da noi un pizzo per avere indietro alcune delle nostre clessidre cadute nei vari mondi di gioco, il nostro compito è ovviamente quello di riportarle indietro nella navicella, in quanto ne abbiamo bisogno!
La trama molto semplice, è arricchita da pochi, divertenti e carismatici personaggi che in quasi tutti i casi, ci ostacoleranno ad ogni costo.
I mondi di gioco sono unici, originali e vari, colmi di collezionabili e missioni nascoste, che incoraggeranno il giocatore a esplorare e rigiocare lo stesso atto più e più volte. Purtroppo però, i mondi di gioco sono solo quattro, e anche se arricchiti da molti elementi secondari, non riescono a garantire un’alta longevità (La prima run è stata completata in poco meno di 10 ore al 100%, quindi con tutti i collezionabili raccolti e tutte le missioni secondarie/segrete completate).
I comandi sono abbastanza precisi, non siamo ovviamente ai livelli di un già citato Mario 64, ma non ci manca molto, anche perchè i vari movimenti che possiamo effettuare in gioco sono gli stessi del platform di casa Nintendo.
Se i comandi sono quasi perfetti, lo stesso non si può dire del resto della realizzazione tecnica, molto altalenante e spesso causa di game over ingiusti (Spesso è capitato di trapassare muri o piattaforme fondamentali per il progresso nel livello). Su pc, il framerate è stabile, ma anche se il dettaglio grafico che offre è appena sufficiente, se confrontato con altri giochi del suo genere, il titolo risulta essere pesante anche su macchine di media potenza.
Lo stile grafico vorrebbe essere cartoonesco, ma l’illuminazione non gestita al meglio non riesce a presentare uno stile ben definito. Infatti, alcune cose sembrano letteralmente di pongo a causa del poco dettaglio grafico, diversi elementi a schermo hanno texture che li fanno risultare alieni nell’intero mondo di gioco, come diversi muri e casse. Nel complesso però, gli ambienti sono ben studiati e caratterizzati, e il colpo d’occhio è assicurato, soprattutto nel mondo free-roaming.
Il gameplay è vario grazie ai tanti poteri che sbloccheremo nel corso dell’avventura. Sono talmente ben gestite le occasioni di sfruttamento di tali poteri, che non riusciremo facilmente a descriverne uno come inutile a fine gioco. I mondi non sono troppo grandi, ma lasciano una libertà che ricorda i platform 3d anni ’90. Tale libertà è presente anche nel modo in cui un giocatore può decidere di superare un ostacolo, grazie ai vari movimenti della protagonista e alle varie combinazioni di salti e dash che possiamo utilizzare.
Il level design è su alti livelli quindi, mostrando su schermo situazioni sempre differenti, meccaniche originali o rubate da altri giochi ma sfruttate in modo unico. Il punto più alto del gioco sono però le Boss fight, anche se molto simili fra loro, sono impegnative al punto giusto, e uniche nelle situazioni e ambientazioni. Peccato per i normali nemici che incontriamo nel gioco, senza una vera caratterizzazione, e usati come meri ostacoli da saltare.
La difficoltà, mettendo da parte le Boss fight, è impostata su un livello tale da poter divertire i nuovi giocatori che per la prima volta si avvicinano al genere platform, e da poter soddisfare quelli con più esperienza, grazie a vari tecnicismi e azioni avanzate che il gameplay offre.
A Hat in Time è il quasi perfetto tributo ai vecchi platform 3D, e una vera e propria dichiarazione d’amore al genere, da parte degli sviluppatori. Le musiche che possiamo ascoltare giocando, sono chiari riferimenti a quei suoni che tra la fine degli anni 90 e inizio anni 2000 hanno accompagnato le vite dei giocatori di tutto il mondo.