Buongiorno nerd dylaniati. Oggi prendiamo in esame l’ultimo numero della serie regolare, che vede il ritorno – dopo il suo esordio nel numero 351 dal titolo “In fondo al male” – di Ratigher ai testi. Francesco D’Erminio (questo il suo vero nome) potrebbe essere definito in molti modi, ma l’eclettismo e l’originalità delle sue proposte editoriali sono ciò che balza subito all’occhio: giusto per rendere l’idea, si è inventato un metodo di distribuzione – il Prima o Mai – e la maggior parte delle sue pubblicazioni sono accessibili gratuitamente tramite il sito di Retina Comics. I disegni di questo albo causano un cortocircuito particolare. Se le quattro mani di Montanari & Grassani ci portano emotivamente a pensare al Dylan del passato (non disegnavano per la serie regolare da undici anni), Paolo Bacilieri è legato al Dylan recente. È stato coinvolto, come molti altri professionisti, dal coraggioso piano di arricchimento del parco autori relativo a Dylan a opera del curatore Roberto Recchioni. Gigi Cavenago è l’altra scelta vincente. La sua copertina ci mostra un fumettista – ormai esangue – che era intento a disegnare un albo. Dei ritratti di Dylan osservano noi quanto se stesso. Quasi come se, rappresentata, avessimo già in mostra l’impossibile (?) contraddizione del titolo in calce: il personaggio seriale per antonomasia protagonista di quella che, per traballante definizione, dovrebbe essere una storia auto conclusiva da libreria (o, appunto, graphic novel).
LA SPLASH PAGE INTRODUTTIVA BALZA IMMEDIATAMENTE ALL’OCCHIO PER UN SIMBOLO (LA GABBIA) CHE RITORNERA’ – SIA VISIVAMENTE SIA CONCETTUALMENTE – COME CHIAVE DI LETTURA DELLA STORIA.
Nello specifico osserviamo un’inquadratura a plongée che ci mostra uno spazio angusto, ossia l’interno di un bagno pubblico. La precisa simmetria di Bacilieri esalta la “gabbia” formata dalle piastrelle sui muri. Un uomo coperto di sangue e in evidente stato confusionale entra in questo bagno che diventerà il vero e proprio “set” di una buona parte della storia. Questo individuo è convinto di essere inseguito e di correre un grande pericolo, ma non si ricorda perché e neppure è consapevole della sua identità. Il “set” viene gestito in questa prima transizione con libertà da Bacilieri, concedendoci anche primi piani degli effetti personali che l’uomo ha nelle tasche.Tra questi, il personaggio trova un pennarello, così inizia a disegnare sulle piastrelle ciò che gli torna in mente, per aiutarsi nel ricordo. Il suo schizzo principale raffigura proprio il nostro caro Dylan.
Suggellando il ritorno a una griglia più canonica (da Bacilieri a Montanari-Grassani), la tavola successiva (pag.14) si apre con una vignetta dove l’uomo vede – o disegna – se stesso al lavoro su un tavolo da disegnatore, all’interno della classica “gabbia” bonelliana. Sei giorni prima del prologo nel bagno, scopriamo così l’identità del protagonista, Darren Farmer Woolrich (modellato sulle fattezze del celebre scrittore David Foster Wallace), che si presenterà a Dylan, carico di modestia, quale il più grande autore di fumetti – o meglio di graphic novel – vivente. L’incontro con l’Indagatore dell’Incubo avviene perché un misterioso assassino sta uccidendo molte persone connesse alle pubblicazioni di Woolrich, seguendo tra l’altro l’analogo modus operandi di un killer in uno dei libri del fumettista. Dylan Dog, inizialmente restìo ad accettare il caso, accetta di presenziare a un party di gala letterario dove dovrà aggiornare Woolrich sul progredire delle indagini. Intanto, mentre Darren sta per consegnare la sua nuova opera – “In principio era il nero” – alla curatrice della Parrot Books, il secondo di una serie di flashforward ci mostra il faticoso incedere nei ricordi del trafelato Woolrich rinchiuso nel bagno. Le piastrelle della toilette diventano spazio infinito quanto prigione. Lì l’autore può controllare e ingabbiare i suoi ricordi disegnandoli, ma frattanto ha il terrore di scoprire cosa potrebbe succedere nel caso uscisse da quell’involucro sicuro fatto di spazi bianchi, dove è lui il deus ex machina.
La progressione delle indagini ci regala momenti spassosi – tra i possibili sospetti troviamo due personaggi che omaggiano nell’aspetto Follett e Winding Refn. Lo stesso Orfani di Recchioni viene citato (pag. 75). Non manca l’ironia di Ratigher sulla “sfida” tra fumetto popolare e d’autore: quando Groucho chiede la differenza tra graphic novel e fumetto, Dylan risponde «È un mistero. Ti affido il caso!» Quasi a sottolineare come i contenuti di questa querelle siano diventati meno importanti della querelle stessa. Inoltre il party di gàla vede Dylan come metaforico invasore serializzato di questo “salotto buono”, in cui citare Superman può causare disapprovazione agli snob che si occupano solo di ciò che va in libreria, ed è quindi considerato pregiato a prescindere. Già Recchioni in apertura aveva ben sottolineato quanto in realtà Dylan sia già tecnicamente un personaggio di graphic novel, essendo stato pubblicato in alcuni casi attraverso albi da libreria di varia. Il divertimento è ben bilanciato da scene orrorifiche, in cui vedremo l’efferatezza di un killer che non risparmia teste mozzate e crocifissioni di parti mutilate. Non rimarrà deluso chi ama gli elementi soprannaturali, che si intrecceranno nei due piani temporali della storia.
Il personaggio di Woolrich colpisce, nel suo pessimismo, per diversi elementi che lo caratterizzano, quali: il ruolo del colpevole nelle sue opere, l’accento sul fatto che per lui la realtà è più inquietante della finzione, o che usualmente è il male a vincere nelle sue storie. Aspetti, questi, tutti coerenti con l’andamento e il finale della storia. Racconto che mette in luce quanto, in certi casi, il non riconoscimento del valore di un’opera possa avere effetti devastanti sulla psiche del presunto artista. E a quel punto quale sarà la “gabbia”? Il crudo mondo reale o l’universo – nel caso del fumetto – della carta stampata in cui non riusciamo ad affermarci?
Il prossimo numero (370) uscirà il 29 giugno con il titolo Il terrore.