Se dovessi descrivere la conferenza stampa del film PANTAFA, di Emanuele Scaringi con Kasia Smutniak e Greta Santi, dovrei iniziare dal mio viaggio verso l’hotel dell’evento. Strane cadute, sparizioni di cellulari e miracolosi equilibri del device durante il viaggio in scooter, mi hanno fatto venire qualche dubbio se continuare con il mio avvicinamento all’obiettivo o meno. L’incontro, avvenuto in un ambiente intimo e colloquiale, ha permesso di porre domande dirette, di ascoltare le risposte e di percepire le emozioni dei protagonisti nelle risposte.
Dall’esperienza di Kasia ed Emanuele all’evidente emozione iniziale di Greta, abbiamo avuto modo di approfondire come le due attrici protagoniste si vedono a vicenda, come le paure hanno influenzato le scelte del regista, da quali paure vengono toccati, qual è stata la sfida più grande, tra le cose.
Dalle parole del regista, si capisce come la volontà di fare un horror fosse necessaria per descrivere il rapporto tra madre e figlia nel contesto delle crisi ipnagogiche, riportandolo però dentro una tradizione di natura abruzzese. Effettivamente, la natura delle crisi, che colpiscono l’8% della popolazione mondiale, viene accostata alla presenza di un’entità soprannaturale, angosciante e ansiogena.
Da questo incontro, il regista e le attrici sottolineano come si voglia inserire nel film una denuncia alla società contemporanea, dove le persone, in particolare le donne, sono costrette alla perfezione. Una società dove la paura che vince, la paura che ha trasferito, in maniera puntuale, nel film, è quella interna, nei rapporti tra le persone e dentro le persone stesse.
Proprio qui possiamo incontrare quella presenza dell’universo femminile, dalla bambina, il futuro che gestirà le problematiche, alla madre, il presente che si sente costretta da questa perfezione, all’anziana, che dall’esperienza passata riesce a tramandare insegnamenti utili per difendersi da tale mostro.
Alla fine, questa Pantafa cos’è? La rappresentazione della difficoltà dei rapporti tra genitore e figlia, la difficoltà di una persona nel gestire questa pressante richiesta di perfezione, l’inutile necessità di fuga dalle problematiche o una tradizione folkloristica italiana materializzata in una figura? Un bel mix di tutte queste argomentazioni permette, efficientemente, di contestualizzare e capire il messaggio inviato dal film. Un horror, quindi, che tanto nel suo essere quanto nella spiegazione da parte del regista e delle attrici, riesce a centrare l’obiettivo di generare un ansia scenografica e non una paura, sterile, da bubù settete.
Tra le domande che ho fatti a cast e autori, la più significativa è stata: “Cosa vi fa paura?”
Emanuele: “Le persone credono che la paura provenga dall’esterno, ma si sbagliano. Anche nel film viene dimostrato come le cose più spaventose sono quelle che succedono all’interno. Io sono spaventato da me stesso, e la paura serve per affrontare anche le nostre parti peggiori.”
Kasia: “Ci sono tante cose mi fanno paura. Un anno fa avrei risposto in maniera diversa, ma ad oggi mi fa paura cosa stiamo vivendo, il futuro, e anche svegliarmi nel buio.”
Greta: “A me invece spaventano le conseguenze che avranno le azioni compiute da ognuno di noi“.
Dal 30 marzo 2023 il film, prodotto da Fandango in collaborazione con Rai Cinema, sarà disponibile in circa 90 sale in tutta italia. Come vi abbiamo già raccontato nella nostra recensione PANTAFA è un film da vedere senza esitazione, dal momento che la pellicola potrebbe aiutarvi a esorcizzare le vostre paure, come accaduto con Greta, ma vi regalerà anche diverse sorprese fuori dagli schemi e non stereotipate.