Si vis pacem, para bellum. Se si potesse riassumere con una frase tutta la saga di John Wick, probabilmente utilizzeremmo questa frase.
John Wick, marito devoto e protettore del suo piccolo nucleo famigliare. Ma anche Baba Yaga, quello che mandi ad uccidere l’Uomo Nero. O che possa cedere e diventare lui stesso, ad un certo punto, l’Uomo Nero?
Ora, proviamo a fare un gioco, tutti insieme: pensiamo a una trilogia o a una saga qualunque. Di qualunque franchise, di qualunque genere. Con una certezza quasi matematica ci troveremo di fronte a un film godibile, un film ancora più bello – quello che rimane nei nostri cuori – e un film che… beh, ci hanno provato a mantenere alta l’attenzione dei fan. Non necessariamente in questo ordine, sia chiaro.
John Wick è l’eccezione a questa regola. Ti verrebbe da pensare “Okay, carino il primo film, pieno di azione, figo Keanu Reeves; bello il secondo, hanno mantenuto alta la qualità, ma un terzo film? Cosa ce ne facciamo di un terzo film? Cos’altro ha ancora da raccontare?”
Il bello di John Wick è che ti ha già raccontato tutto. Un uomo combattuto tra il suo buonsenso e ciò che gli riesce fare meglio, l’assassino. Quindi perché non continuare a vedere un assassino all’opera?
John Wick 3 porta all’apice livelli adrenalinici d’azione come non si sono mai raggiunti in questa trilogia. Non ci si ferma mai: una corsa per le strade di New York, uno scazzottamento in una biblioteca, una sparatoria in un corridoio angusto. È una maratona che lascia senza energie lo spettatore che lo accompagna in questo viaggio estenuante, ai confini del mondo.
John Wick è un assassino, la gente intorno a lui è addestrata per raggiungere il suo livello, quasi come se tutti fossero cresciuti sotto il suo mito. Non hanno bisogno di voli pindarici e discorsi filosofici, non sono nati per questo e probabilmente renderebbero i contesti in cui sono immersi poco realistici. Chad Stahelski sa cosa vuole il pubblico, essere rapiti da scene di combattimento su campo a metà tra il puro realismo e una bellissima composizione coreografica. Quando andrete al cinema, vi suggerisco di prestare attenzione all’esiguo numero di battute nell’arco di due ore di pellicola.
Ultima, ma non per importanza, la figura femminile. I tempi sono maturi per rappresentare al meglio la donna anche in questa trilogia di film. Non l’ennesimo personaggio famoso che fa da cornice per ingrossare le fila del cast, né la moglie che con la sua presenza-assenza regge la narrazione da ben tre film. Finalmente possiamo ammirare la controparte femminile di John, Sofia, che non si trova lì per ragioni femministiche o per dimostrare di essere meglio dei suoi colleghi maschi. È lì alla pari, semplicemente per essere brava nel suo lavoro. In un mondo cinematografico in cui si vuole ancora sottolineare l’empowerment femminile in contrapposizione a ciò che il patriarcato non permette di fare, questa prova di uguaglianza non è assolutamente da sottovalutare.