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PRIMA PARTE: LA VERITÀ SEPOLTA
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L’Italia al termine della Seconda Guerra Mondiale diventerà il centro nevralgico dell’industria cinematografica mondiale. Perché? Sicuramente grazie al genio di intellettuali, registi, attori, scrittori e maestranze varie. Tutto questo, però, è stato possibile solo grazie alla ispirazione data dalla verità.
LA REALE POSSIBILITÀ CHE UN GENIO POSSA ESPRIMERSI AL MEGLIO DIPENDE DALLE ISPIRAZIONI CHE RICEVE DAL MONDO: IL NEOREALISMO È GUIDATO DALLA VERITÀ.
Tutto ha inizio con il regime fascista, con la persona stessa del dittatore, che capisce l’importanza del cinema come strumento di divulgazione e controllo; investe così capitali, spazi pubblici e energia per creare una vera e propria industria cinematografica, come non se ne erano mai viste prima. Ovviamente il dominio ne vuole il totale controllo e detta la linea: i soggetti, le storie e ciò che viene raccontato dell’Italia sono scelte e indirizzati dal ministero della cultura fascista, se non dal Duce stesso. Proliferano così opere di due generi distinti: il primo è quello storico-epico sui i fasti dell’antica Roma(tema molto caro al Duce), eroi, forza fisica, Scipioni, Cesari, Ercoli. Colossal degni della peggiore Hollywood ma capaci di coinvolgere molto pubblico e diffondere il ricordo storico del S.P.Q.R., l’aquila vincente, la forza travolgente, fertilità e moralità in stile Mafarka, tutto racchiuso nel fascio littorio. Il secondo leitmotiv è invece legato al racconto della contemporaneità: il luogo è un’Italia ricca e benestante; i protagonisti sono personaggi colti e sofisticati e abitano belle case, arredate con gusto e in stile decò; l’azione è fatta di uscite per andare a teatro passeggiando in un paese luccicante e splendente; conversazioni importanti camminando fra una chiesa antica e un quadro del cinquecento. I film oltrepassano i confini e portano in giro per il mondo l’immagine di un’Italia vincente e ricca per grazia e merito del regime fascista. Il popolo italiano, i cittadini italiani sono calpestati e presi in giro, la verità è calpestata e vilipesa. L’Italia in quegli anni è un paese alla fame, disperato, dove l’ingiustizia sociale trionfa e le libertà vengono meno, non c’è lavoro e soprattutto una forte censura limita la voce della critica e la vita di ogni cittadino. La verità è messa da parte e anzi canzonata e sbeffeggiata come una debuttante goffa in quel festival di finzione, in quel carosello orchestrato da una bieca dittatura innamorata del falso e dell’inganno.
Ma la verità attende e si lecca le ferite. Quelle opere cinematografiche del periodo fascista che raccontano la vita dell’Italia che va dal 1930 al 1943 sono raccolti sotto un’unica definizione: “il cinema dei telefoni bianchi”; perché per sentirsi a distanza i personaggi sofisticati e raccontanti in quelle storie usavano un tipo di telefono e il famoso telefono bianco in bachelite, che diventerà icona e feticcio dei film sotto il regime. Oggi ricordiamo il “cinema dei telefoni bianchi”, proprio come il periodo becero di una dittatura becera che propone menzogna e inganno per nascondere un’Italia vittima di povertà, miseria e censura. Questo movimento patrocinato dal fascismo però genera nel cuore di molti creativi (registi, sceneggiatori, scrittori) una voglia forte e intestina di verità.
VERITÀ NON COME VALORE ASSOLUTO MA COME SIGNIFICATO DI SENSO COMUNE: UNITÀ FRA CIÒ CHE SI DICE E CIÒ CHE È NEL MONDO DELLA VITA.
Una famosa rivista di cinema ha fra le sue penne nomi del calibro di Visconti, Fellini, De Santis, Antonioni che non potendo dire nulla, non potendo fare cinema, non potendo fare null’altro che osservare la propaganda fascista che invadeva ogni film e ogni rivista, attendono e covano una rivincita. A breve (1943) nascerà il Neorealismo: un periodo della storia del cinema che porterà l’Italia a diventare il centro del Mondo. Si ricorda come primo titolo del genere “Ossessione” di Luchino Visconti, ma con “Roma Città Aperta” di Rossellini il Neorealismo viene, nel 1945, riconosciuto a livello internazionale e diventa un modello da seguire o imitare. Così De Sica, Fellini, Antonioni, Flaiano, Rossellini, Zavattini, etc.. hanno lo spazio che gli era stato sottratto dalla censura del dominio fascista.
All’urlo di “Verità!!Verità!!!” vengono prodotti alcuni dei film migliori della storia del cinema di tutti i tempi, la lista è infinita da “Ladri di Biciclette” a “Paisà” a “Il Ferroviere”, etc… Tutto questo preambolo per sottolineare come la verità diventi un’ispirazione capace di guidare gli ingegni a produrre qualcosa di grande, unico e geniale. La verità sarà un filo conduttore che per almeno un decennio contraddistinguerà le più belle opere del cinema italiano e racconterà la vera storia di un’Italia fiaccata dal regima senza che nessuno potesse nemmeno racchiuderla in una storia e portarla nella sale cinematografiche. Dopo il 1945 possono finalmente avere la voce i veri talenti messi da parte dalla censura, l’arte non vuole padroni, l’arte vuole libertà e genio. Così finalmente liberati dalla catene del non poter dire, è possibile finalmente parlare dell’Italia come è sotto il regime: devastata, alla fame, disperata. Verità è la parola chiave che donerà un quid in più alla corrente del Neorealismo, un quid che resterà per molti anni e che continuerà ad esistere ancora nella più “libera” commedia italiana.
W la verità e W la libertà.
In chiusura volevo ricordare Rossellini, Fabrizi, Magnani, Fellini e i molti che hanno partecipato al capolavoro “Roma città aperta” e di come la verità sepolta dalla tirannia sia fuoriuscita con rabbia e si sia manifestata nell’impellenza di iniziare le riprese del film: gennaio del 1945, i Tedeschi avevano appena abbandonato Roma. E volevo ancora evidenziare come sia morbosa la connessione fra la realtà(verità) e Il film adducendo che il progetto iniziale è un documentario su Don Morosini. Sarà Aldo Fabrizi a interpretare poi il prete nel film.
La prima parte finisce qui. Ora è tempo di guardare “Roma città aperta”. Il cammino della verità prosegue inesorabile…
II parte: la verità liberata, coming soon.
Da guardare per avere un’immagine d’insieme:
I Bambini ci guardano(De Sica 1943)
Roma città aperta(Rossellini 1945)
Ladri Di Biciclette(De Sica 1948)
Il Ferroviere(Germi 1956)
I Vitelloni(Fellini 1953)
E ovviamente ancora molti alti titoli tra quelli già citati e no.
Il film “I Vitelloni” ci condurrà più degli altri titoli nella seconda e terza parte di questa articolo.
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