Asteroid City, lavoro di Wes Anderson e distribuito in Italia da Universal Pictures, è un’esperienza particolare, non facile da descrivere ma che sicuramente ci ha fatto divertire.
Trama
La trama, sostanzialmente, ci parla della messa in scena di un’opera “teatrale” di fantasia ambientata nel 1955 proprio nella cittadina, 87 abitanti, di Asteroid City. Proprio qui, nel deserto americano, durante un convegno di astronomia, la popolazione viene in contatto con una creatura aliena, Jeff Goldblum. Da qui, per volere del governo statunitense, inizia la quarantena che farà permanere tutti i cittadini dentro i confini dello stesso paesino. La fine di questa costrizione, a tutti gli effetti, indica la fine delle scene del film nel film.
Struttura
Un connubio di dietro le quinte e nella scena, che ci fa vivere la teatralità nella teatralità stessa. La presenza di scene in bianco e nero – che indicano il dietro le cineprese – e di scene piene di colori – che ci parlano di questa opera messa in atto – crea un contrasto talmente forte da poter essere sottolineato solo dal comparto musicale. Proprio qui, godiamo di un alternanza tra soli dialoghi, nella bicromia, e dialoghi con musiche dinamiche e divertenti, un po’ a voler evidenziare ulteriormente la differenza tra le due dimensioni. Il collante, che lega questi due mondi paralleli, è la comicità dell’opera, la quale riesce a oltrepassare lo schermo attraverso una modalità marcatamente teatrale.
Questo, che in un contesto classico potrebbe risultare pesante, viene prodotto in maniera efficiente anche grazie ad un cast di un certo livello. Basti pensare ad un certo Tom Hanks, che, pur non avendo un ruolo principale, riesce a dare il suo solito contributo espressivo e fondamentale per un’opera come questa. Non è da meno l’interpretazione di tutti gli altri attori, Jason Schwartzman nel ruolo principale e Scarlett Johansonn come comprimaria in primis. Steve Carell, Margot Robbie, Bryan Cranston e Tilda Swinton per citarne altri. Un mix di forze, un insieme di talento e una dinamica creazione delle scene, tale da confluire in un’opera che, più o meno, riesce a mettere tutto il cast sullo stesso piano. Riesce, in effetti, a dare quel tocco di commedia necessario per generare interesse e risate in sala.
L’ambientazione, come introdotto all’inizio, si alterna tra situazioni prive di colori e altre talmente piene di gradazioni cromatiche, ben richiamanti gli anni 50, da conferire un forte contrasto tra un cambio dimensione, e l’altra. Sono i colori il punto forte delle scene, sempre molto equilibrati e con degli stacchi improvvisi, volti solo per segnalare un paio di presenze del terzo tipo.
Strutturalmente diviso in tre atti, che a loro volta hanno più scene, il lavoro di Anderson cerca di rendere partecipe lo spettatore, esplicitando anche il passaggio da un atto all’altro. Tuttavia, proprio questa particolare struttura, eccessivamente teatrale, rischia di fare da contraltare a quanto costruito e inibire la commedia, rendendola, di fatto, un film abbastanza di nicchia.
Quindi
Quindi, la commedia cinematografica, priva di alcun effetto speciale e della durata di 104 minuti, la potete trovare al cinema dal 14 settembre.