The Guilty è il remake, originale Netflix, dell’originale film danese uscito nel 2018 di Gustav Möller, in gran parte indistruttibile, ma se a livello di trama si differenzia appena dall’originale, la fedele rielaborazione di Antoine Fuqua (regista di questo remake ma anche di altri film come Southpaw e The Equalizer) e una lucentezza di rilevanza alla città di Los Angeles dallo sceneggiatore Nic Pizzolatto, si appoggiano pesantemente a quello che il bel film di Möller non poteva vantarsi: Jake Gyllenhaal, che guardava e ringhiava, che si rompeva internamente, ansimando a pieni polmoni il Ventolin come un uomo sott’acqua respira tramite il boccaglio.
Questo uomo che sta “annegando” piano piano è Joe, un poliziotto sospeso dal servizio di strada in attesa del processo che avverrà il giorno successivo, e nel frattempo è stato messo a lavoro con le cuffie come operatore di emergenza al 911. All’inizio il dramma della sua notte è principalmente personale, poiché tra le chiamate al 911 che vanno da quello divertente a quello lamentoso oppure offensivo senza mezzi termini, risponde anche alle chiamate di una invadente giornalista dell’LA Times (Edi Patterson), dalla sua recente ex moglie (Gillian Zinser) e dal suo ex ufficiale in comando (Ethan Hawke), tutti interessati per ragioni diverse al suo caso giudiziario. La dinamica del film cambia presto – o forse Joe trova solo un modo per proiettare tutto questo stress verso l’esterno su qualcosa che pensa di poter controllare – quando risponde a una chiamata di Emily (Riley Keough). Fingendo di parlare con la figlia di 6 anni Abby (Christiana Montoya), Emily riesce a parlare con Joe e riferirgli di essere stata rapita e di essere in un furgone bianco. Inizia quindi l’odissea del nostro protagonista nel cercare di rintracciare questo veicolo e salvare la ragazza. Come nel film originale, parte del divertimento è tracciare i processi mentali di Joe mentre il poliziotto che è in lui, frustrato dall’incapacità dei suoi “colleghi” del servizio di emergenza nell’assegnare più risorse per trovare Emily, inizia a lavorare quindi al caso da tutte le angolazioni disponibili a lui mentre è ancora bloccato alla sua postazione a tre monitor nel quartier generale del 911.
Con quasi tutti gli altri attori che recitano solo vocalmente The Guilty è più o meno un thriller in un’unica location, ma la macchina da presa lucida e discreta di Maz Makhani, che sbircia sempre Joe da dietro un computer per trovare nuovi angoli di primo piano sui suoi lineamenti tesi e intensi, è abbastanza varia da trasmettere allo spettatore una sensazione claustrofobica senza però indurla attivamente. Come detto in precedenza, questo prodotto è molto simile all’originale, ci sono alcune differenze “locali” come gli incendi boschivi di Los Angeles in sottofondo e una leggera spolverata di questioni americane molto attuali intorno a una comunità urbana cresciuta comprensibilmente diffidente nei confronti della polizia. The Guilty non giustifica da solo questa pratica hollywoodiana di rifare film stranieri perfettamente funzionanti, ma all’interno dei suoi parametri molto ristretti forse fa abbastanza per giustificare la propria esistenza. Dal momento che anche l’originale si basa sulla nostra connessione diretta e nervosa con questo poliziotto protagonista conflittuale archetipico che sopporta il suo lungo e oscuro turno notturno di lavoro, ci sono dei buoni punti a favore da sostenere, come il fatto di abbellire l’azione con un po’ di colore locale e una delle star di Hollywood più brave al giorno d’oggi. Alcuni difetti nella logica interna del film originale sono rimasti anche in questo, come per esempio Joe che riceve così poche altre chiamate al 911, oppure perché lavora tutta la notte prima di un processo così controverso che i media lo vogliono pubblicare con così tanta forza? anche se queste domande esistevano anche nel film del 2018 non sembravano così evidenti, qui invece sì. Il film si muove velocemente e ci offre ampie opportunità di ammirare la vasta gamma di espressioni facciali di cui è capace Gyllenhaal anche se perde leggera credibilità nel finale.