La prima stagione di Stranger Things ci porta in piena operazione nostalgia, ormai lo abbiamo già detto e ridetto. Sembra che gli anni ’80, il decennio per eccellenza della cultura moderna, sia tornato improvvisamente di moda, anche nel campo delle serie tv e al cinema; dopo aver assistito al ritorno di nomi storici come A-Team, X-Files e Ghostbusters (oddio, che mi tocca dire), con esiti più o meno apprezzabili, la voglia di Eighties non è ancora svanita.
E la prova arriva da Netflix, che questo mese ha inserito nel suo catalogo quella che ad oggi rimane per me la migliore serie del 2016: la prima stagione di Stranger Things.
SEGRETI GOVERNATIVI, ESPERIMENTI FOLLI E UNA GRANDE AMICIZIA: STRANGER THINGS CI RIPORTA NEGLI ANNI ’80!
Se siete cresciuti come il sottoscritto in quel decennio magico, con Stranger Things vi sentirete subito a casa.
Fin dall’inizio tutto quello che passa sullo schermo è un inno al revival; Stranger Things apparentemente sembra un mix di storie tipiche del periodo, al punto di farci dubitare di essere di fronte ad un qualcosa di originale. La verità è che non siamo di fronte ad una semplice copia carbone di film e serial già visti, ma stiamo vedendo una serie appassionante e innovativa, in grado non solo di ambientare la storia negli anni 80, ma di dare anche l’idea di vedere un prodotto realizzato proprio in quegli anni!
Ma andiamo con ordine, e scopriamo cosa ci attende in Stranger Things! Per evitare spoiler, diciamo solo che alla base della storia ci sono la scomparsa di un bambino, una misteriosa base del governo, una ragazzina dagli strani poteri e una serie di inquietanti misteri che animano la vita di un altrimenti discreto paesino della provincia americana.
Detto così in effetti sembra un mix di episodi di X-Files, eppure la trama è innovativa, riesce a mantenere quel senso di appartenenza ad un periodo televisivo preciso senza sfociare nel plagio puro. In questo serial ci si ispira a tutta la cultura degli anni ’80, con dei richiami più definiti, ma si possono cogliere citazioni da libri, film e fumetti tipici del periodo.
La principale fonte di ispirazione è sicuramente Stephen King, la cui opera sembra permeare l’intera serie. Alla base della trama c’è un terzetto di amici, in piena età adolescenziale, dei veri nerd, presentati come un gruppetto di emarginati rispetto alla massa degli studenti; è difficile non pensare ad un parallelo con i Perdenti di It o la banda di amici de Il corpo (il racconto contenuto in Stagioni diverse, che ha ispirato il film Stand by me, da cui viene mutuata la famosa camminata sulle rotaie). L’idea di un manipolo di giovanissimi che devono affrontare minacce più grandi di loro è tipico della cultura anni ’80, basti a pensare a pellicole come I Goonies o E.T.; anche questo aspetto diventa un segno di stile in Stranger Things, una parte fondamentale del carattere della serie.
Ma non solo questo richiama agli anni 80. I ragazzini protagonisti girano in bici (Et e Goonies, nuovamente), sono accaniti giocatori di Dungeons & Dragons, citano continuamente Star Wars e sono quanto di più vicino al nerd per eccellenza, compreso il contrasto con i bulli della scuola; i fratelli Duffer, creatori della serie, curano ogni minimo dettaglio, dall’abbigliamento al gergo del periodo.
Anche la presenza della misteriosa Undici ricorda fortemente King. La ragazzina sembra uscita direttamente dalle pagine de L’incendiaria, e tutta la sua storia si inserisce alla perfezione nel clima complottistico tipico di serie come X-Files, figlio degli anni ’80 e degli ultimi periodo della Guerra Fredda; i riferimenti allo scudo spaziale di Reagan, strutture governative segrete ed esperimenti misteriosi aldilà del nostro mondo.
Gli otto episodi che compongono questa prima stagione sono semplicemente perfetti. Il ritmo degli eventi, la fotografia, le musiche e le inquadrature, tutto compone una istantanea degli anni ’80 presentata in una nuova dimensione per chi si è perso quel decennio meraviglioso. Per darvi un’idea della cura nel realizzare Stranger Things, basta analizzare la sigla iniziale; i caratteri si ispirano a Richard Breenberg, che ha realizzato le aperture grafiche di film come Alien, Superman o I Goonies. Breenberg era famoso per la sua caratteristica di realizzare dei titoli che si componevano con lettere fluttuanti, quasi ipnotiche grazie a colori e movimento. Per Stranger Things si è optato di dare ancora più continuità con l’atmosfera alla King, scegliendo un carattere che ricorda molto la copertina originale di libri come Cose preziose, mentre i titoli degli episodi vengono presentati come capitoli di un libro di King.
Ma se la parte grafica e l’atmosfera che si respira ricorda molto King, ci sono riferimenti a Carpenter e Spielberg, nelle scelte registiche e nelle inquadrature, o nel vedere il governo come un’entità accentratrice e poco trasparente.
Grande merito va anche al cast, che se può contare su due attori del calibro di Winona Ryder e Matthew Modine, non viene tradito dai veri protagonisti, ovvero i giovani attori che danno il volto al gruppetto di piccoli eroi; espressioni credibili, pochi cedimenti e nel complesso una buona recitazione fanno affezionare lo spettatore ai quattro piccoli protagonisti.
Stranger things nella sua prima apparizione offre un’ottima storia divisa i 8 capitoli, sempre ben scanditi e con un ritmo che riesce a offrire ansia, divertimento, azione in un perfetto equilibrio, portandoci al finale che lascia ben presagire per la seconda stagione