Ci sono dei nomi del fumetto nostrano che hanno un fascino immutabile, sono l’anima stessa del comic made in Italy. Titoli come Indagatore dell’Incubo o Detective dell’Impossibile fanno subito scattare una molla nella mente degli appassionati, riemergono avventure leggendarie e storie che hanno segnato la passione di generazioni di lettori. Se ripenso ai primi fumetti Bonelli che leggevo, accanto a Dylan Dog figurava sempre un certo Martin Jacques Mystere, il Detective dell’Impossibile, appunto. Il personaggio di Alfredo Castelli è stato uno dei due professori che più mi hanno appassionato nell’adolescenza (l’altro era un tale Henry Jones Jr), sempre a caccia di tesori scomparsi e impegnato a vivere avventure che a volte riscrivevano la storia, affrontando nemici implacabili, da Sergej Orloff all’inquietante Mr Jinx. Il Buon Vecchio Zio Marty (per gli amici, BVZM) è ora approdato in edicola con una nuova miniserie di 12 numeri, in cui si cerca di togliere il peso degli anni al personaggio, presentandolo in una nuova veste diretta ad un nuovo pubblico.
MARTIN MYSTERE SI PRESENTA IN UNA NUOVA VESTE PER UNA MINISERIE DI DODICI NUMERI
Questa operazione inizia questo mese con Ritorno all’Impossibile, il primo numero della serie che dovrebbe presentare il nuovo Martin ad una nuova schiera di lettori. Chiariamo subito, i vecchi lettori si sentiranno spiazzati, perchè, proprio per svecchiare il vecchio Mystere, alcune caratteristiche sono state eliminate. Non è obbligatoriamente un male, sia chiaro; come ci spiega il papà di Martin Mystere nella sua lettera di benvenuto, questa nuova avventura deve per forza di cose rappresentare un distacco dalla narrazione classica del BVZM, nascendo come una diversa visione del personaggio, più moderna e quindi in grado di assimilare spunti narrativi che all’epoca della comparsa del personaggio (anno 1982) non erano così centrali. È un segno di rispetto verso i lettori, sia affezionati che nuovi, il simbolo dell’impegno preso verso chi acquista l’albo, garantendogli un prodotto che sia all’altezza della aspettative, anche in linea con il nuovo corso del fumetto inteso come genere d’intrattenimento. Ricordiamo che il “vecchio” Martin continua la sua carriera, giusto ad ottobre è uscito il numero 347 , L’oro di re Mida.
Martin ha circa trent’anni (l’età con cui avevamo conosciuto il vecchio Mystere), vive a Firenze (che ha rappresentato la base delle serie classica durante i Mysteri italiani), non è un personaggio famoso come un tempo, non ha piacere ad essere chiamato Detective dell’Impossibile (sperando ci venga spiegato perchè). I tratti distintivi del Martin Mystere a cui eravamo abiutati vengono accantonati, manca il murchadna (quindi possiamo presumere l’assenza nella vita di Martin della centrale figura di Kut Humi), e anche i personaggi di sostegno a Martin vengono rivisti, alcuni scomparendo (come Java, il fedele assistente preistorico), altri avendo una nuova dimensione (Diana Lombard è assistente di una cara amica di Martin). Questa miniserie, pur mantenendo una certa attinenza al personaggio originale, deve esser vista come una saga nuova, un prodotto che parte da Ritorno all’impossibile, senza aver alcune legame con quanto letto prima, anche se, con fare malizioso, i curatori della miniserie inseriscono battute e riferimenti alla serie “canonica”, un modo per coccolare anche i vecchi lettori che si avventurano su queste pagine.
Bisogna riconoscere al think tank dei Misteryani di avere orchestrato una miniserie accattivante. Il tono narrativo è più vicino al nostro tempo, si aggira la classica logorrea del professor Mystere in favore di un approccio più action, mentre la celebre ironia di Martin rimane presente, amplificata dalla presenza di Max, la nuova spalla, che rappresenta l’ideale compagno di avventure del nostro professore. La realizzazione di questa miniserie è molto curata, lo si vede nel tratto che si avvicina ad una concezione francese, che meglio si associa all’idea dell’albo a colori, anche più in linea con una concezione di fumetto d’azione, che è una componente fondamentale di questa nuova carriera di Martin. La colorazione è perfetta, in alcune scene action quasi cinematografica per la cura e i giochi di luce; si vede come i curatori della serie abbiano puntato molto sull’identità cromatica degli albi, capace di adattarsi alle diverse esigenze della storia come la migliore delle colonne sonore. Da segnalare come la copertina di Lucio Filippucci sia un omaggio a quella del primo numero della saga classica, Gli uomini in nero, realizzata all’epoca da Giancarlo Alessandrini, storico disegnatore della testata.
La trama risente inevitabilmente dei nuovi gusti letterari, si respira l’aria dei complotti nati in stanze oscure (caratteristica presente anche nel Martin classico), un gusto dell’avventura contaminata da diversi fattori (dal thriller storico al magico) in un equilibrio che cerca abilmente di offrire diversi spunti legati fra loro in modo organico credibile. A mio avviso si tratta di una narrazione che si basa su temi più vicini ad un pubblico di adolescenti, meno seria rispetto alle storie che abbiamo conosciuto fin’ora; è una scelta ragionata e condivisibile, magari il primo passo di giovani lettori che riescono con questa miniserie a conoscere uno dei capisaldi del fumetto italiano, imparando a conoscerlo e in futuro recuperare anche il Mystere storico.