Lo ho atteso incuriosito, ho passato un mese e più a rodermi il fegato di invidia per quei fortunati che hanno potuto sfogliarlo con largo anticipo, che ne decantavano le lodi e facevano aumentare la mia smania di averlo. E Recchioni, caro, perfido Recchioni non esitava a mettere quella paziente curiosità sotto sforzo, postando sempre i commenti entusiasti per Mater Dolorosa.
Finalmente oggi lo ho preso, è arrivato in edicola.
E ho rischiato di non realizzare come questo numero sia importante nella vita di Dylan Dog perchè mi sono sentito rapito dalle tavole Gigi Cavenago, delle vere e proprie opere d’arte asservite al fumetto. Il rischio di questo albo è proprio questo, che l’impatto visivo impetuoso del lavoro di Cavenago faccia scivolare in secondo piano la sceneggiatura di Recchioni.
Lo confesso, ho dovuto leggerlo più volte per trovare il modo di far convivere queste due anime di Mater Dolorosa, perchè gli occhi quasi saltavano i dialoghi per divorare i disegni; ma quando si riesce (finalmente) a conciliare i due aspetti dell’albo, ecco lì scatta il meccanismo che dà senso a tutto
RITORNA MATER MORBI IN UNA STORIA SENZA EGUALI, SCRITTA DA ROBERTO RECCHIONI E CON LE IMPRESSIONANTI TAVOLE DI GIGI CAVENAGO
Mater Dolorosa potrebbe essere considerato come l’ultimo capitolo di una saga dedicata al passato di Dylan, composta da Morgana ( Dylan Dog 25), Il lungo addio (Dylan Dog n 74) La storia di Dylan Dog ( Dylan Dog 100) e Mater Morbi (Dylan Dog n 280).
Il legame più forte è sicuramente quello con Mater Morbi, visto che è da questo albo, o meglio dalle sue conseguenze, che prende vita Mater Dolorosa. Dylan sembra soffrire di una recrudescenza di quanto patito in Mater Morbi, ma non pare intenzionato ad affrontare il problema, preferendo ignorare la questione, vivendola come un malato terminale che cerca di negare anche ai propri affetti la personale sofferenza.
Se in Mater Morbi era la malattia il tema principale, in questo albo a essere messo al centro dell’attenzione è il dolore, che ci viene presentato come un elemento assolutamente inevitabile nella vita dell’uomo. In un parallelo con il numero 100 dove il padre di Dylan scindeva il proprio lato oscuro, creado Xabaras, in questo albo tocca alla madre Morgana essere parte di un duo contrapposto, dove la donna interpreta l’animo protettivo che si contrappone al ruolo spietato e duro di Mater Morbi. Ma entrambi i lati presentati appartengono a Dylan, che se da un lato è spaventato dalla figura di Mater Morbi, dall’altro ne è attratto (in una sorta di richiamo al complesso di Edipo), conscio che il dolore è una parte dell’esistenza che non va ne scansata ne respinta, ma accettata, senza farsi schiacciare da esso ma trasformandolo in un momento di crescita (Ciò che non mi uccide mi rende più forte, direbbe Nieztche).La forza di Mater Dolorosa, come sceneggiatura, proviene dalla passione di Recchioni, intesa anche come sua sofferenza personale, che traspare in parte da come Dylan teme e affronta questo duello interiore; Recchioni riesce a scrivere una trama in cui elementi del passato di Dylan già presentati in precedenza si allineano in un modo nuovo, catartico, come se gli indizi che abbiamo sempre avuto finalmente prendessero senso. Non siamo di fronte al Dylan Dog di Sclavi o a quello di Recchioni, in Mater Dolorosa abbiamo Dylan Dog nella sua interezza, con le cicatrici e l’esperienza dei 30 anni che festeggia in questi giorni.
Certo, in questo albo c’è molto di Recchioni (come è giusto che sia) con la sua dialettica e il suo modo di presentare gli eventi, con la sua simbologia, in primis l’Albero delle Pene (che sembra richiamare alla figura dell’albero di corpi visto nell’altro suo lavoro per Bonelli, Orfani). Ma dobbiamo anche segnalare come John Ghost, il villain della gestione Recchioni, sia presente in un ruolo tutt’altro che marginale, con rivelazioni che sembrano confondere le idee del lettore, ma che aprono a nuovi scenari per il futuro di Dylan Dog.
Ci sono anche tematiche universali, come il contrasto tra ragione e tradizione popolare, impersonati dal padre di Dylan e da Morgana, così come il tentativo di ricondurre lo spirito umano sotto il dominio della ragione tentando di negare il caos, che invece rimane ben radicato nell’animo, al punto che spesso soffoca la ragione stessa (Mater Morbi cita Goya rivelando a Dylan che ” Il sonno della tua ragione partorirà nuovi mostri“).
È però il lavoro di Cavenago che dona a questo albo una caratura impressionante. Tutto ciò che Recchioni vuole trasmettere viene amplificato dalle tavole del disegnatore lombardo, che se non erro esordisce proprio con Mater Dolorosa sulle pagine di Dylan Dog. Le tavole e soprattutto i colori di Cavenago consentono di percepire in pieno i tre livelli narrativi dell’albo (il presente stantio reso con una colorazione bluastra, il giallo è il tono del mondo deforme e con forte valenza autobiografica a mio avviso, e infine le tinte più normali del flashback settecentesco); la violenza delle onde del mare, le tinte verdi e rosse che abbondano sono solo alcuni dei mezzi con cui Cavenago crea un’empatia con il lettore. A fare il resto ci sono le espressioni di Dylan, sia adulto che bambino, che trasmettono tutto il vissuto e l’angoscia del personaggio, specialmente con lo sguardo, o il moto perpetuo delle tavole del duello Morgana- Mater morbi, con lo stupendo contrasto delle tavole 76 e 77, in cui le due contendenti sembrano rivolgersi direttamente al lettore.
Angelo Stano con la sua copertina trasmette da subito tutto l’immenso carico emotivo che ci attende all’interno dell’albo, con una tavola incredibile!