CHI PERDE PAGA

6 Nov 2015

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CHI PERDE PAGA: IL NUOVO CAPITOLO DELLA TRILOGIA IN SALSA CRIME DI KING!

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Parlare di un libro di King ultimamente è una vera sfida, specie per il sottoscritto che è cresciuto con i libri del Re, venerandolo per anni, dandolo per maestro assoluto a prescindere; negli ultimi anni, però, qualcosa pare essersi incrinato nel mio rapporto con King, come se le certezze che avevo nei suoi confronti sia siano indebolite, lasciando permeare un senso critico che si permette di mettere in discussione anche le opere dello scrittore americano.

Chiariamoci, leggere King è sempre un piacere, ma credo che nei suoi ultimi lavori ci sia una certa ripetitività, non tanto legata al ritorno di alcuni personaggi (cosa che personalmente adoro), quanto al presentare stereotipi al posto di nuovi attori sul palco.

Chi perde paga rappresenta l’emblema di questa dualità degli ultimi lavori di King.

Iniziamo col dire che andrebbero tirate le orecchie a chi ha tradotto il titolo; in originale il volume si intitola Finders Keepers, con riferimento al gioco chi trova tiene. Ora, se chi ha avuto il dubbio genio di tradurre così malamente il titolo in italiano avesse letto la storia, avrebbe capito che la traduzione letterale era azzeccata, visto che tutta la vicenda si svolge proprio sul concetto del possesso.

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LA CRONICA INCAPACITA’ DEI NOSTRI TRADUTTORI DI RIMANERE FEDELI AI TITOLI ORIGINALI COLPISCE ANCORA, TOGLIENDO COERENZA TRA TITOLO E STORIA


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Tralasciamo questa polemica, e addentriamoci nella vicenda raccontata da King.

Tutto ha inizio nel 1978, quando un vecchio scrittore, John Rothstein, subisce una rapina da parte di tre malviventi, apparentemente in cerca di denaro; in realtà uno dei tre malviventi, Morris Bellamy, è in cerca di una vendetta personale, sentendosi tradito dalla scelta del vecchio scrittore di non portare avanti la serie di libri col suo personaggio preferito. Durante la rapina Bellamy e soci trovano soldi e un bottino più ambito da Morris, ovvero i taccuini con gli appunti delle opere mai scritte di Rothstein; dopo aver risolto coi suoi soci il rapporto, Bellamy nasconde in un bosco vicino casa un baule in cui infila i taccuini e i soldi frutto della rapina, poco prima di sbronzarsi e commettere un crimine per cui finirà in galera per anni.

Il salto temporale ci porta nel 2010, anno in cui conosciamo il secondo protagonista del volume, Pete Saubers, giovane studente la cui famiglia versa in disastrose condizioni economiche, in seguito al grave ferimento del padre durante un meeting in cui pazzo si lanciò sulla folla con una Mercedes rubata. Se il riferimento vi sembra conosciuto, vuol dire che avete letto Mr Mercedes, il primo capitolo della trilogia crime di cui anche Chi perde paga fa parte!

Il destino vuole che il giovane Saubers trovi il baule nascosto da Bellamy, e decida di usare i soldi contenuti nel nascondiglio per aiutare in modo anonimo la propria famiglia; una volta esauriti, Pete pensa di vendere anche i taccuini di Rothstein, una volta scoperto il loro valore. Ma si sa che il fato sa esser beffardo, e nello stesso periodo Bellamy viene rilasciato, e il rapinatore decide subito di recuperare il proprio tesoro nascosto.

Da questo incontro di destini inizia la parte interessante del libro, in cui il collegamento con Mr Mercedes diventa ancora più saldo, riportando nelle pagine anche i vecchi protagonisti del primo volume, primo fra tutti l’investigatore Bill Hodges, accompagnato dai suoi assistenti Holly Gibney e Jerome Robinson, impegnati ad aiutare il giovane Pete Saubers a salvarsi da una situazione sempre più pericolosa!

Nelle pagine di Chi perde paga ritroviamo lo stesso stile che avevamo gustato in Mr Mercedes, e il ritorno di alcuni protagonisti del precedente volume è davvero una piacevole sorpresa; come detto più in alto, il ripresentare nomi noti aiuta il lettore ad inserirsi in una continuity che da una certa sicurezza. Sotto questo aspetto, King è un maestro indiscusso, avendo da sempre ambientato tutti i suoi libri in un unico universo organico, inserendo richiami ad eventi narrati in altri volumi o facendo incontrare personaggi di diversi libri fra loro.

Il problema sorge quando la trama richiama troppo pesantemente una storia già letta, e per di più in pagine scritte dallo stesso autore! Il rapporto tra Rothstein e Mallory, il punto di partenza di tutta la vicenda, sembra una riedizione di quanto letto a suo tempo in Misery non deve morire; sono passati anni, ma pensare che un genio come King debba riprendere un’idea già ben sfruttata per dare corpo ad una trilogia sembra preoccupante, quasi un segnale di allarme che la vena di ispirazione dello scrittore stia iniziando a esaurirsi.

Questa considerazione è puramente personale, ma anche leggendo il volume si ha come l’impressione che il resto della vicenda, per quanto godibile, non sia così innovativa e sorprendente come il resto della produzione di King; in alcuni punti gli eventi sembravano pilotati, il lettore riesce ad intuire e anticipare gli eventi, cosa che se per un lato può far sentire degli investigatori provetti, alla lunga toglie il piacere della lettura.

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LA TRAMA HA UN SENSO DI DEJA VU’ TROPPO MARCATO E IL LETTORE TROPPO SPESSO RIESCE AD ANTICIPARE GLI EVENTI FUTURI, TOGLIENDO COMPLETAMENTE IL GUSTO DELL’INDAGINE CHE E’ LA BASE DI UNA CRIME STORY

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A peggiorare la situazione troviamo il lavoro non proprio coerente sui personaggi; mentre i protagonisti di Mr Mercedes tornano con la loro dinamica di interazione già collaudata e sono solo modificati leggermente per dare il senso del passaggio del tempo, sono i nuovi personaggi che mostrano qualche pecca.

Primo fra tutti Morris Bellamy, che viene presentato come un mancato bravo ragazzo, vittima principalmente della sua tendenza a lasciarsi andare ad ubriachezza e scatti di ira; tutto il suo percorso nel libro viene scandito da quello, ma in un modo più simile ad un deus ex machina che non in maniera ragionata e quindi apprezzabile.

Pete Saubers sembra lo stereotipo del bravo ragazzo, pronto a tutto per aiutare la famiglia, anche a fare una scelta sbagliata e pericolosa, pur conscio della pericolosità della propria decisione; se nei primi lavori di King si apprezzava una certa varietà dei personaggi e una loro profondità caratteriale, in Chi perde paga sembra che l’autore ci delinei sommariamente l’animo dei protagonisti, quasi si aspetti che noi sia dia per scontato tutto solo perchè nasce dalla penna di Stephen King, che diamine! Pete sarebbe potuto esser un vero personaggio con carattere, un piccolo eroe che riesce a risollevarsi dai suoi errori, ma viene ridotto anche lui alla dimensione del “già letto, già visto”!

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Quello che mi ha più dato un senso di amaro in bocca è la forzatura con cui King ha voluto inserire un elemento di inquietudine paranormale, come se fosse costretto a raggiungerlo in ogni suo lavoro. Se vuole fare una trilogia crime, quindi basata su elementi fortemente umani e reali, perchè inserire con questa insistenza un oggetto estraneo, una forma di contatto col mondo sovrannaturale? Forse la risposta arriverà nel terzo volume della trilogia, ma in Chi perde paga stona parecchio, oltretutto venendo inserito in certi punti della narrazione togliendo ritmo a quella che in teoria dovrebbe essere la storia principale, e rendendo quasi ridicolo il personaggio coinvolto!

King non è nuovo al concetto di trilogia, basti pensare all’ottimo lavoro con la Trilogia di Castle Rock (La metà oscura, il racconto Il fotocane e Cose preziose), ma visto il lavoro non proprio eccelso fatto con Chi perde paga, temo che questo nuovo trittico di storie non sarà all’altezza della suddetta trilogia.

Ti prego, Steve, smentiscimi!

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  • RILASCIATO: Settembre 2015
  • GENERE: Giallo
  • AUTORE: Stephen King
  • TRADUZIONE: G. Arduino
  • EDITORE ITALIANO: Sperling & Kupfer

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