Con l’ultimo lavoro di Kevin Greutert, con un’altra grande interpretazione di Tobin Bell, Saw X si presenterà al grande pubblico dal 25 ottobre, nei suoi 118 minuti, grazie alla distribuzione di Eagle Pictures. Il decimo titolo – che, tra pregi e difetti, riesce a donare allo spettatore altre invenzioni ingegneristiche e labirintiche idee assassine – non regala più, ormai, quel senso di horror che nei primi titoli riusciva a suscitare. Ci sta, ci troviamo oramai all’ennesimo capitolo e questo comporta un’ovvia riduzione dell’effetto sorpresa, di quell’effetto “wow” che in tanti titoli abbiamo provato.
Trama
In questo contesto, ci troviamo dentro più ribaltamenti di prospettiva, dove il protagonista John Kramer – malato di tumore al cervello e con pochi mesi di vita – viene convinto ad affidarsi ad una cura alternativa. Una cura che l’ha portato a spendere 250 mila dollari, regalandoli all’organizzazione truffaldina. Questo step iniziale della pellicola è la genesi della storia di Saw X, la causa scatenante dei giochi cervellotici a cui Jigsaw sottoporrà i poveri sventurati. Certo, truffare proprio Kramer non è un evento molto fortunato, considerando come si sviluppa poi la storia.
Commenti
Il lungometraggio thriller-splatter, non me la sento di definirlo horror, regala una sottotrama non più polizesca, quanto mai psicologica. Ci viene fatto vedere un Kramer debole, non solo nel fisico ma anche nella mente; una persona – anche giustamente – disposta a tutto pur di salvarsi. È proprio da questa sua debolezza – collocata tra Saw l’enigmista e Saw 2: la soluzione dell’enigma – che il protagonista tira fuori il meglio di se. Rispettando sempre la sua linea “morale” del non uccidere ma del concedere alle persone una possibilità per non morire, l’enigmista sfoggia un piano che riesce a superare le aspettative. Tuttavia, tale stratagemma risulta l’unica nota non prevedibile del titolo, grazie a ottimi depistaggi dettati da un’ottima sceneggiatura. Per gli amanti della serie, risulterà un connubio di idee viste e riviste, con qualche semplificazione di troppo e una trama ormai piuttosto prevedibile, come dimostra anche la scena post credit. Tuttavia, il piacere di guardare un titolo come quello sopra descritto permane, grazie alle idee che, dal lato ingegneristico della trama, non mancano.
Anche le ambientazioni, in parte, ci permettono di immergerci nel titolo: luoghi – anche quelli chiusi – inizialmente ben illuminati, con colori accesi, che si trasformano tra una scena e l’altra in posti scuri e che, nonostante l’illuminazione, riescono a trasmette la sensazione di pericolo – anche se già vissuta più volte – dietro l’angolo. Un ottimo parallelismo scenografico con la situazione psicologica di John: da una radiante speranza – ironia della sorte – di sopravvivere alla cupa consapevolezza di non farcela.