Un anno fa uscivo da una sala del cinema con l’amarezza di aver visto come uno dei miei miti cinematografici fosse stata bellamente sfruttato per fare qualche soldo in più sfruttando la passione dei noi nostalgici (questo è ancora oggi ciò che penso su Il Risveglio della Forza). Ieri in tutta Italia è uscita una nuova pellicola ambientata nell’universo di Star Wars, facente parte del ciclo Star Wars Anthology ovvero un ciclo di film in cui vengono raccontati eventi slegati alla macro-trama; il primo di questi flashback ha voluto finalmente risolvere uno dei misteri di Star Wars, il ritrovamento dei piani della prima Morte Nera.
Rogue One, di Gareth Edwards, ci mostra esattamente come è andata la missione che ha dato alla galassia soggiogata dall’impero una nuova speranza!
L’IMPERO STRINGE LA MORSA SULLA GALASSIA, LA RIBELLIONE ANNASPA E UNA MINACCIA INCOMBE SUI POCHI OPPOSITORI AL NUOVO REGIME.
Dimenticate le atmosfere eroiche di Star Wars, non ci sono giovani contadini che diventano eroi, nessun contrabbandiere spiritoso o rocambolesche fughe tra asteroidi. Rogue One è il lato sporco della Ribellione, scava nel profondo lato oscuro della resistenza al crescente potere dell’Impero; non ci sono eroi per gran parte del film, anzi fin dall’inizio i protagonisti mostrano come una dura battaglia contro un nemico più forte possa condurre alla perdita della propria umanità. Omicidi necessari per proteggere un segreto, violenza indiscriminata per poter difendere quel poco di libertà che si ha e una perenne sensazione di ineluttabile sconfitta sono gli aspetti che maggiormente traspaiono nella prima metà del film.
La sceneggiattura (John Knoll, Gary Whitta, Chris Weotz e Tony Gilroy) vuole portare lo spettatore agli albori dell’Alleanza Ribelle, mostrando come gli eventi de La vendetta dei Sith si stiano ripercuotendo in tutta la galassia. Non è uno spoiler dire che al centro di tutto ruota la scoperta di una nuova super arma creata dall’Impero, un ordigno in grado di annientare pianeti interi e per la cui costruzione vengono saccheggiati i pochi tempi jedi rimasti alla ricerca dei cristalli kyber (gli stessi usati per le spade laser), necessari per alimentarla; questa minaccia viene percepita dai membri della resistenza, che decidono di cercare i piani di questa arma sfruttando Jyn Erso, figlia di Galen Erso, l’ingegnere imperiale responsabile della progettazione.
Il film segue le vicende del gruppo di improvvisate spie, costrette loro malgrado a unire le forze per un bene superiore, vincendo i rispettivi dubbi e le varie ritrosie per raggiungere lo scopo. Lascio a voi scoprire come si svolge la vicenda (di cui già sapete il finale, ma il come rimane tutto da vedere).
Sicuramente uno degli aspetti migliori di Rogue One è il modo in cui viene inserito alla perfezione nel canone (letteralmente) di Star Wars. I piccoli indizi seminati per tutto il film, che siano personaggi noti o semplici riferimenti, sono il legame tra la pellicola e la macro-trama, un modo di aiutare lo spettatore a sentirsi a suo agio; questa sensazione, però, funziona solo con chi ha una profonda conoscenza con il contesto di Star Wars. Questo film non è fatto per chi si approccia al mondo di Star Wars per la prima volta, non è un film per tutti, ma solo per veri appassionati; riferimenti ad altri media (come la figura di Saw Gerrera o l’eremo di un personaggio chiave della saga) sono delle chicche che possono fare sbavare i cultori della saga, ma per altri spettatori semplicemente non hanno senso. Rogue One ha questo limite, tende ad essere una splendida pellicola per i fan, ma un pessimo spettacolo per chi ha anche solamente una conoscenza marginale del lore di Star Wars, risultando un po’ pesante.
Va ammirata la voglia di presentare un aspetto sconosciuto e scomodo dell’Alleanza Ribelle, la sua spietata determinazione che la porta a compiere scelte discutibili,ma soprattutto mostra come sia difficile conciliare le scelte prese in una stanza lontana dall’azione con lo spirito di chi deve eseguire quegli ordini sul campo di battaglia. È come vedere Quella sporca dozzina che incontra Star Wars, non si ha più il senso di impresa eroica, ma la rassegnazione di un soldato che viene mandato in prima linea, pronto a tutto pur di compiere la propria missione; è la sensazione che si legge negli occhi di Cassian Andor (Diego Luna), che come altri cerca un senso per tutto il dolore provato e causato, un’ultima occasione di redenzione.
Lo spirito di Rogue One è notevole, giusto, necessario anche, per dare un maggior senso di completezza all’intero lore di Star Wars, mostrando il sacrificio silenzioso dietro le avventure dei grandi eroi della Ribellione. Peccato che alcuni piccoli difetti, legati principalmente al cast, siano intervenuti a rovinare parzialmente l’efficacia della pellicola.
Jyn Erso, la protagonista, ha il volto di Felicity Jones, una bellezza inespressiva che non riesce a bucare lo schermo, non ti fa appassionare come una Carrie Fisher o una Daisy Rider; carina, ma al momento di dare quella carica empatica al suo personaggio ha la stessa potenza di una lastra di ghiaccio. Quasi ridicolo il personaggio di Orson Krennic( Ben Mendlsohn), fastidioso e pedante, un presuntuoso e inetto che si spera di vedere morire già alla prima apparizione; Forest Whitaker porta sul grande schermo in modo egregio Saw Gerrera, lo rende paranoico e spietato, un reduce sconfitto più nella psiche che nel fisico comunque martoriato.
Del gruppo di spie emerge come una colonna Donnie Yen, che con il suo Chirrut Iwe rappresenta il legame alla spiritualità tipica di Star Wars, ultimo guardiano di un tempio Jedi insieme al fidato amico Baze Malbus (un convincente Jiang Wen). Divertente l’umorismo del drodie riprogrammato K2-SO (le cui movenze sono date da Alan Tudik); anche in questo caso, l’ironia è amara, risente dell’ambientazione cupa del film. Da premio come è stato ricreato Tarkin, che non ha nulla in meno della prova data all’epoca dal compianto Peter Cushing, ricreato in digitale (ma attenti, non è il solo!) in maniera accurata e realistica, anche se in alcuni frangenti si percepisce il trucco dietro la sua presenza nel film.
Protagonista aggiuntiva l’azione, fatta di scontri violenti e molto vicini ad una guerriglia urbana come nel caso di Jedah, o con un’intensa bagarre spaziale, citata ovviamente in Episodio IV; contrariamente alle altre pellicole della saga, la violenza è spietata, messa in primo piano e non relegata a brevi momenti. È giusta, rispetta in pieno del DNA del film, riuscendo anche a spezzare certi momenti di pesantezza ineviabile in un film di questa durata (133 minuti).
Nel complesso Rogue One è un film che per un appassionato è un must have, non può non essere apprezzato e sviscerato in ogni aspetto. Edwards e Disney hanno confezionato il perfetto regalo di Natale per il fandom di Star Wars, quella storia che tutti vogliono sapere, ma che per un semplice conoscitore marginale o per chi cerca un bel film action risulta pesante, confusionario, senza un legame; non è un difetto, ma è un principio che andrebbe specificato in modo da evitare a chi acquista il biglietto per pura curiosità di non sprecare tempo e denaro.
Per noi appassionati disposti a perdonare tutto, Rogue One rimane un tassello fondamentale del mito di Star Wars.