Qui su Nerdgate vi abbiamo parlato più volte di Black Hammer, l’universo supereroistico creato da Jeff Lemire ed edito, negli USA, da Dark Horse. L’autore canadese, pur gestendo da solo la narrativa dell’intero universo fittizio, ha espanso l’omonima serie principale con diversi volumi “spin-off”. L’uso delle virgolette non è casuale, perché se è vero che questi volumi non vedono protagonisti i personaggi della fattoria, non rimangono fini a se stessi, ma arricchiscono la trama principale in maniera significativa e Lemire ripaga il lettore inserendo, nella serie Black Hammer, riferimenti e collegamenti a questi spin-off. Mentre negli Stati Uniti i lettori sono già proiettati verso la seconda fase di questo universo, in Italia, grazie a BAO Publishing, ci avviciniamo verso il finale della prima fase con il volume dedicato a Quantum Age, uno dei sopracitati spin-off che fungono da interludio al terzo splendido volume della serie principale
Come tutte le storie del mondo di Black Hammer, anche Quantum Age trae ispirazione da personaggi delle big two, ovvero Marvel e DC Comics. Questa volta Lemire cerca di giocare con il concept della Legione dei Supereroi: gruppo DC Comics del XXXI secolo che trae ispirazione dalle gesta di Kal El. La Legione è una squadra molto numerosa variegata, con membri provenienti da pianeti diversi. Su queste basi nasce anche la Quantum League del mondo di Black Hammer: gruppo di supereroi del XXII secolo che si ispira ai paladini che, in passato, hanno combattuto contro l’Anti-Dio, per poi scomparire misteriosamente (e di cui seguiamo le vicende nella serie principale di questo universo). Ma la narrazione si muove su due piani temporali differenti, il primo è quello sopra descritto ovvero a cento anni dal presente, il secondo periodo è invece a centoventicinque anni dal presente, un tempo in cui la terra è preda di un regime totalitario e xenofobo.
Con Quantum Age, Lemire scrive una storia supereroistica molto classica, non lontana dagli iter di diverse produzioni Marvel e DC, ma ciò non rende banale questa miniserie. In un contesto come quello di Black Hammer, dove il supereroe è narrato in maniera “anomala” dagli standard, rientrare nei canoni più classici del genere non è un passo falso, ma dà uno slancio in più al ritmo di questo universo. Ciò però in cui pecca Quantum Age è nel suo climax: la costruzione della trama è un continuo crescendo che, pur prendendo il suo tempo nell’esplorazione dei personaggi, non si allontana mai da quello che è il nocciolo della questione, ma il culmine di tutto ciò viene bruscamente interrotto. La risoluzione finale, scelta dall’autore canadese per questa storia, dà un senso di incompletezza davvero insoddisfacente. Sono chiari gli intenti dello scrittore: non vuole che tutto si concluda come il lettore ha previsto e vuole sottolineare un messaggio preciso, ma anche volendolo seguire in questo ragionamento, la storia si chiude in maniera così sbrigativa da non riuscire a dare al lettore il tempo di riflettere e contestualizzare questa chiusura con quanto letto fino a poco prima.
Ciò in cui Black Hammer continua a brillare è nella scrittura dei personaggi, complici anche le matite di Wilfredo Torres per questo Quantum Age. Il disegnatore di origini ispaniche, seppur non mostrando un tratto particolarmente distintivo (a differenza dei suoi colleghi che si sono affiancati a Lemire), riesce comunque ad evidenziare splendidamente gli stati d’animo dei personaggi, grazie a delle espressività davvero notevoli. La scrittura di Lemire gode di tale dinamismo dei volti, che risultano sempre essere in perfetta armonia con gli scambi di dialoghi dei protagonisti. L’autore canadese sfrutta questa forza grafica anche per giocare con i sentimenti dei suoi lettori appassionati: chi si è innamorato dell’epopea finora narrata non potrà rimanere immobile rispetto a certi dialoghi o a certi personaggi che abbiamo imparato a conoscere. Ciò anche grazie al fatto che l’universo di Black Hammer ha ormai una sua identità. Seppur Lemire continua a sfruttare ispirazioni provenienti dalle varie epoche editoriali del fumetto americano, quanto ha costruito fino ad ora gli permette di giocare in maniera molto più interessante con situazioni e personaggi da lui plasmati. Insomma, non è più un semplice strizzare l’occhio a concept noti ai lettori di supereroi, ma ormai Lemire può permettersi di fare riferimenti d’impatto al suo stesso operato su Black Hammer.