Predator: Badlands – La Recensione

L'alienazione dell'alieno

8 Nov 2025

“Predator: Badlands” è il più recente capitolo della saga Predator, diretto da Dan Trachtenberg e interpretato da Dimitrius Schuster‑Koloamatangi nel ruolo del giovane Yautja Dek e da Elle Fanning nei panni dell’androide Thia. Il film stravolge in parte la formula tradizionale della serie, portando al centro non più l’umano che si trova sotto assedio, ma un Predatore in prima persona, in un ambiente alieno e selvaggio, senza protagonisti umani tradizionali. Il comparto tecnico-produttivo è ambizioso, con un forte uso di effetti visivi e una cura per la costruzione del mondo alieno che circonda i protagonisti.

Il film segue Dek, un giovane e marginalizzato membro della specie Yautja, una razza di cacciatori al centro della saga, che viene emarginato dal suo stesso clan e si trova costretto a intraprendere una prova estrema per riconquistare il proprio valore ed ottenere il proprio posto nella societa. In questa missione, approda sul remoto pianeta Genna, dove la caccia assume dimensioni estreme: il terreno, la fauna e le sfide sono tutti pensati per mettere alla prova anche i più forti. Quando tutto sembra andare per il verso sbagliato avviene l’incontro con Thia, un androide gravemente danneggiata della corporazione Weyland‑Yutani, che segna una svolta nella trama: da iniziale connubbio pragmatico nasce una relazione più complessa, che umanizza Dek (o “alienizza” l’alieno?) e dà vita a momenti di empatia e collaborazione.

Ciò che risulta interessante è che i Predator, per la prima volta in questa saga, sono caratterizzati con maggiore profondità: diventano non solo mostri da combattere, ma esseri che provano dubbi, ricerca di identità, desiderio di approvazione. Questa scelta narrativa li avvicina, almeno in parte, agli umani o almeno li “umanizza”. È un passo rischioso, perché tradisce in parte l’idea originaria della serie come puro film di caccia/sopravvivenza, ma rende il tutto meno prevedibile ed in un certo senso più emotivo.
Va segnalato che alcune note comiche o “leggere” nel film a volte stonano col tono da survival estremo e violento: ad esempio momenti di ironia, battute o situazioni quasi grottesche stridono con l’ambientazione aliena e minacciosa. Tuttavia, queste digressioni alleggeriscono la tensione e rendono la visione più godibile, impedendo che il film cada in una monotonia opprimente. I temi trattati, rivalità paterna, desiderio di riscatto, amicizia improbabile, sono in parte “classici” nel cinema d’azione e non certo originalissimi, ma proprio per questo risultano familiari e rassicuranti. Nel contesto di un Predator “eroe” è comunque divertente e stimolante vedere la trasformazione di un cacciatore assoluto in una creatura più empatica e “amichevole”.

Sul piano visivo, “Predator: Badlands” convince: la fotografia è curata e dettagliata, con scenari alieni vasti e selvaggi che trasmettono pienamente l’idea di un pianeta ostile e di un ecosistema pericoloso. Il char-design dei Predator, la resa delle creature native, gli ambienti alieni (flora, fauna, paesaggio) sono realizzati con grande cura e richiamano efficacemente la sensazione di trovarsi in un mondo alieno. Le musiche, affidate fra gli altri a Benjamin Wallfisch e Sarah Schachner, si integrano bene al ritmo del film: accompagnano con efficacia i momenti d’azione e quelli più riflessivi.
Inoltre, l’uso degli effetti visivi è massiccio: secondo il regista ogni inquadratura ha richiesto interventi VFX un dato che si riflette in una resa visiva complessiva molto ricca e spettacolare. Tuttavia, non tutto è perfetto: a volte la presenza di momenti più leggeri o ironici (come accennato) crea un salto tonale che può distrarre, e chi si aspettava un film dal tono cupo e spietato come i primi Predator potrebbe rimanere leggermente deluso dal fatto che l’eroe è “uno di loro” e la vittima non è necessariamente l’umano. Ma tutto ciò può essere visto come scelta consapevole: il film gioca sul rovesciamento delle aspettative.

In definitiva, “Predator: Badlands” è un film che osa: sposta il punto di vista, investe su empatia e alleanze insolite, conferisce ai Predator una nuova dimensione, e lo fa con un bel bagaglio tecnico. Non è perfetto, qualche sbilanciamento nel tono e qualche cliché narrativo sono presenti, ma per chi è disposto a lasciarsi trasportare nella sua immaginazione selvaggia e aliena, è un divertente e coinvolgente spettacolo. Se si è fan della saga classica, potrebbe risultare diverso dalle aspettative. Ma il cambio di prospettiva rende anche apprezzabile la scelta di rendere protagonista chi fino ad ora era l’antagonista. In conclusione un passo interessante per il franchise, che apre nuove direzioni pur mantenendo l’essenza della caccia interstellare.

CONCLUSIONI: “Predator: Badlands” rappresenta una nuova direzione per la celebre saga. Il film ribalta la prospettiva mettendo al centro un Predator, mostrandolo come essere complesso, vulnerabile e sorprendentemente umano. L’equilibrio tra azione, introspezione e ironia è a volte instabile, ma rende la pellicola più accessibile e originale. La fotografia e la costruzione dei mondi alieni sono eccellenti, e la colonna sonora accompagna con efficacia i diversi registri narrativi. Pur non rivoluzionando il genere, Badlands offre una visione fresca e coraggiosa di una creatura storicamente priva di empatia, trasformandola in un protagonista tragico e “amichevole”. Un film visivamente potente e tematicamente interessante: non perfetto, ma audace e appassionante.

VOTO FINALE: 7,5

SCHEDA FILM

  • USCITA: Novembre 2025
  • GENERE: Azione, Fantascienza, Thriller
  • REGIA: Dan Trachtenberg
  • DURATA: 2h 07min
  • SCENEGGIATURA: Patrick Aison, Dan Trachtenberg
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