Che Orfani sia una serie che vuole infrangere gli schemi, non serve più dirlo, direi. La creatura di Recchioni ha mostrato la sua anima nelle precedenti quattro stagioni, in un crescendo di emozioni e spunti narrativi che hanno voluto sdoganarsi da certi limiti non scritti tipici di casa Bonelli. Che si tratti di una rivolta come quella di Rosa in Nuovo Mondo o l’indagine del passato di una donna complessa e terribile come la Juric vista nella scorsa miniserie, Orfani rappresenta uno step diverso all’interno della tradizione bonelliana, e visto che al timone c’è Roberto Recchioni non ci si poteva aspettare altro.
Con questa quinta stagione, Terra, rimaniamo sempre nel futuro ideato da Recchioni, ma soggetto e sceneggiatura sono affidati al duo Mammucari, Emiliano e Matteo. Se pensate che solo per questo il ritmo si faccia più tenero con i protagonisti, potete già togliervelo dalla testa; basta guardare la copertina di Gipi, cruda e con colori smorti, per capire subito il taglio della storia che ci apprestiamo a leggere.
Dalla cenere è il primo episodio di questa stagione, che abbandona Nuovo Mondo per tornare sul nostro pianeta d’origine. Non tutti sono riusciti a partire, alcuni sono rimasti indietro, per promesse inattese o per scelta; il breve trafiletto Intercettazioni dipinge molto bene questo scenario di rottura tra coloni e pianeta madre, laddove chi è rimasto indietro è abbandonato, un ricordo che il Governo Straordinario di Crisi ha deciso di dimenticare. Ma l’istinto di sopravvivenza non molla mai, come ben sanno i fratelli Cain e Abe. Rimasti a vivere nelle macerie di Los Angeles, i due cercando di sopravvivere con piccoli furti, finché un colpo andato male cambia la loro vita. Il vero protagonista è Cain, nome biblico di ferocia, che nel nuovo contesto della società terrestre calza a pennello; trasportato in un campo di schiavi nel deserto del Nuovo Mexico, Cain scopre di esser parte di un gruppo di giovani servi, costretti a recuperare rottame di un qualche valore in cambio di cibo.
I gruppi non restano insieme principalmente per il senso di unità, ma per la paura instillata dalla figura dello Sceriffo, un uomo che sembra aver capito molto bene come ritagliarsi una fetta di potere in questo mondo allo sbando. Il costringere l’intera squadra a patire le conseguenze degli errori del singolo è un’ottima strategia di controllo, che subito crea problemi ad un tipico poco propenso alla disciplina come Cain. Mettere subito il giovane in acceso contrasto con i suoi compagni, specie con il capo Max, è una bella mossa, tiene alta la tensione, acuita dalla sfida di coraggio tra Cain e Max a metà albo. Per tutto l’albo sono due i punti fissi: il desiderio di fuga di Cain, verso la luminosa città nel deserto, e la paura di Max, maturata da una sorta di responsabilità nei confronti del suo gruppo, che vede minacciato dall’irruenza del nuovo arrivato. Ma cosa accadrebbe se una spinta del destino costringesse il gruppo a prendere una decisione? Se la volontà di un singolo forzasse la mano a tutti? Il finale di questo albo racchiude questo interrogativo.
Bisogna ammettere che i Mammucari hanno reso magnificamente l’ambientazione di Orfani anche in Terra. Il salto dall’ambiente urbano a quello desertico è una scelta azzeccata, l’aver reso i protagonisti dei disperati costretti a recuperare gli scarti di una civiltà precedente ha una profonda valenza, soprattutto se rapportata alla diversa concezione della vita di ogni attore di questa tragedia. Interessante il seminare due o tre accenni al passato e ai legami dello sceriffo, che saranno sicuramente approfonditi nei prossimi numeri e avranno un impatto sul gruppo di giovani; la figura della nomade rappresenta un qualcosa di destabilizzante all’interno di un equilibrio sociale fortemente consolidato, aprendo a nuovi scenari. Il tutto sembra ispirarsi parecchio ad una concezione di “storia di frontiera”, un mondo lontano dalla civiltà, dove il sopruso è la regola di vita, facendo respirare un’aria da western post-moderno (non manca anche la citazione al Clint Eastwood di Il buono, il brutto e il cattivo). Divertente il richiamo alla legenda metropolitana (divenuta realtà nel 2014) sulle cartucce Atari sepolte in Nuovo Mexico, che aiuta anche a dare un senso di orientamento su una mappa ideale di Terra. Constatazione rapida: che in Orfani le rosse sono ben rappresentate!
Uno degli aspetti più intriganti dell’intera serie di Orfani per me rimane il comparto grafico. Per Dalla cenere le matite sono di Alessio Avallone, che riesce a produrre tavole stupende, quasi libere da ogni tradizione di impaginazione; all’occorrenza doppia pagina, pagina intera, tutto al servizio della Storia, per dare tutta l’intensità necessaria. Primi piani, scene dinamiche e scenari, tutto accattivante e in linea con la serie. Ottimo anche il lavoro di Giovanna Niro, perfetta nel donare colore alla storia; non deve esser stato facile realizzare quell’effetto di sabbia perenne tipica dell’ambientazione desertica, eppure in Dalla Cenere la sensazione di essere in pieno deserto!