Agosto, si sa, in Italia è il mese in cui si crede che la gente non vada al cinema. Nonostante siano quasi tutti in vacanza e abbiano un sacco di tempo per farlo. Tra cinema e spettacoli all’aperto che propongono diverse repliche dei “film dell’anno”, a volte qualcuno si erge per portare un film nuovo, svegliare il pubblico dal torpore estivo e combattere il luogo comune di Agosto come mese “maledetto” per la settima arte. Se si può dare un merito a Nevermind, è il fatto di averci provato.
Eros Puglielli torna al cinema dopo 12 anni di assenza e una serie di lavori noti per la TV. Nevermind racconta cinque storie, al cui vertice possiamo rintracciare uno psicologo che a seguito di un incidente stradale influenza le sedute di terapia con i suoi pazienti. Non solo, queste sedute e il suo comportamento visibilmente alterato a seguito dell’incidente incideranno anche sulla vita di personaggi apparentemente secondari alla vicenda iniziale, ma il cui corso cambierà drasticamente.
Nevermind ha sicuramente dei meriti: il modo in cui tante storie singolarmente complesse siano intrecciate tra loro in maniera efficace, e la recitazione degli attori.
Dove fallisce è il modo in cui si vuole raccontare questa storia. È ormai un classico trovarsi di fronte a una commedia in cui un evento ne influenza altri intorno. Ed è noto come Puglielli abbia voluto rendere ai limiti del verosimile questi avvenimenti. Il problema è l’essersi spinto troppo oltre. Sebbene sia riconoscibile il “lato inconfessabile” di ciascun protagonista, l’elemento di realtà viene annullato dalle situazioni fin troppo paradossali che vengono presentate, in un crescendo di surrealismo stancante – anche considerando la durata del film. Non solo, ma le parti che vorrebbero essere più comiche, non lo sono affatto. Troppo poco drammatico e assolutamente troppo poco comico. Dove collocarlo, quindi?