Quarto numero della Nuove Avventure a Colori di Martin Mystere, segno che siamo arrivati ad un terzo nel nostro viaggio in compagnia di questa miniserie. Lo scorso numero abbiamo visto l’entrata in scena degli Uomini in Nero, misteriosa organizzazione di occultatori della verità, che da sempre viene associata nell’immaginario collettivo all’idea di complotti e pericolosi segreti; l’affondamento della Amaterasu e la morte del gruppo di potenti eredi dell’Impero Mu avrebbe dovuto suscitare una certa reazione nel mondo e nella società, ma in questo numero ci si addentra in un dibattito quanto mani attuale: la manipolazione delle informazioni.
In una serie come questa, dove la scoperta di segreti e aspetti mysteriosi del passato la fa da padrona, la percezione della realtà da parte delle masse è un elemento essenziale. Personaggio fondamentale in tal senso è Aaron, ex datore di lavoro di Martin e esperto del settore, che da uomo pratico riconosce il senso del fare informazione oggi. Quando Martin sostiene “credevo che l’informazione servisse a informare“, Aaron non esita a dargli dell’ingenuo spiegando che “oggigiorno per esser seguiti, dobbiamo seguire il gusto del pubblico“.
MARTIN ALLE PRESE CON UOMINI IN NERO, MYSTERI MUSICALI E STREGHE HI-TECH!
In tal senso la presenza di un mito come quello degli Uomini in Nero si inserisce perfettamente in questo contesto, come se la loro arma principale fosse proprio la volontaria apatia della società verso certi temi (riassunto nella teoria “dopo che avremo alzato ancora il muro del silenzio“). Ma attenzione, perché con La melodia che uccide sembra che i Mysteriani abbiano voluto fare un lavoro di critica sulla società, nascondendolo nelle pieghe della storia. Dallo scontro generazionale, alla dipendenza dei giovani (e non solo) ai nuovi dispositivi tecnologici, fino ad una velata denuncia della mancanza di cultura generale della nostra società (a monito il commento di Valentina sul nostro inno “considerando che qui se ne canticchia a malapena la prima strofa, allo stadio”).
Ma cosa attende Martin in questo nuovo capitolo? Niente meno che un mystero legato a Goffredo Mameli, l’autore del nostro inno nazionale, e un sua scoperta riguardo una potente e pericolosa Tredicesima Nota. Nella sua indagine Martin incrocia la strada con la sua ‘erede’, Valentina Ventura (di cui ci aveva parlato Andrea Artusi nella sua intervista), che Aaron aveva assunto come sostituta di Mystere, anche lei dedita alla ricerca della verità, per quanto scomoda ed incredibile possa essere. Preparatevi ad un personaggio incredibilmente fuori dagli schemi; abbiamo a che fare con una donna che smonta l’ideale della damigella in pericolo, in grado di badare a sé stessa e affrontare i pericoli che la sua vocazione le impone. Vederla imprecare sostenendo che si tratti di una terapia del controllo della rabbia (fantastico il vernacoliere a cui attinge) è divertente e la rende il terzo componente ideale della squadra di Martin.
Va detto che la ricerca di questa misteriosa nota scomparsa passa da alcuni dei luoghi simbolo della cultura musicale classica nostrana, dalla Scala alla Casa di Riposo dei Musicisti voluta da Giuseppe Verdi sino all’Arena di Verona, riprodotte tutte in modo fedele da Raho (per dire, è stata ritratta addirittura la rotonda di fronte alla casa di riposo!). Mantenendo il suo taglio più fresco e ‘contaminato’, in La melodia che uccide vediamo nientemeno che la presenza di un ‘diavolo’ (una vecchia conoscenza di Martin) intervenire nella storia; prima di storcere il naso, consideriamo che il rapporto diavolo-musica è forse uno dei connubi storicamente più trattati, da Paganini considerato “il violinista del diavolo” fino al mito del bluesman Robert Johnson e il suo diabolico talento.
Rimane comunque una storia apparentemente leggera, ma che mantiene attraverso alcuni accorgimenti una continuity con le precedenti NAC; in questo numero dobbiamo fare però molta attenzione agli incisi, alle frasi non dette e ad alcune situazioni che rappresentano una scossa alla macrotrama, dall’accenno al passato familiare di Martin alle azioni di Max e Sullivan (il capo degli Uomini in Nero in azione in questo numero). All’interno della narrazione non mancano ironia, sia attraverso battute ben scandite che tramite la costruzione di alcune situazioni che sembrano uscita da un action movie dal tono lieve; forse è una mia impressione, ma quando una delle bad girls ferma Martin sull’inizio di uno spiegone (” e bla bla bla, quante chiacchere“) mi viene in mente la critiica mossa alle NAC sull’assenza delle leggendarie, chilometriche spiegazione del BVZM!
Ai disegni questo volta abbiamo Rosario Raho. Il suo tratto ben si adatta a questa miniserie, anche inizialmente ho avuto l’impressione che il volto di Martin fosse fin troppo giovane, ma rileggendo anche i numeri precedenti in una lettura complessiva, la sensazione è sparita, lasciandomi gustare in pieno i disegni e i loro dettagli. Tavole arricchite dai colori di Giulia Adragna e Daniele Rudoni, che specialmente nella parte veronese della storia svolgono un ottimo lavoro; Rudoni bissa colorando la bella tavola di Lucio Filippucci che troneggia come copertina.