MAN OF STEEL – Recensione

3 Set 2015

[vc_row][vc_column][vc_custom_heading text=”ANNO USCITA: 2013 — GENERE: AZIONE — DURATA: 143 MINUTI” font_container=”tag:p|font_size:13|text_align:center|color:%23777777″ google_fonts=”font_family:Roboto%20Condensed%3A300%2C300italic%2Cregular%2Citalic%2C700%2C700italic|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_column_text]

MAN OF STEEL: QUANDO NON SI E’ PIU’ UN SEMPLICE UOMO MA SI SCEGLIE DI ESSERE UN EROE!

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Era il 2001 quando nelle radio passavano una canzone dei Five for Fighting intitolata Superman.
Il titolo non mi ingannò, capii subito che si parlava di quel Superman e mi incuriosii nell’immaginare come si potesse fare una canzone su un supereroe; al primo ascolto non colsi tutto il testo, ma due o tre passaggi radiofonici dopo il senso della canzone fu piacevolmente devastante.
Non dipingeva Superman come l’eroe indistruttibile che tutti vediamo, ma lui stesso ci apriva il suo cuore, raccontandoci i suoi pensieri e i suoi tormenti, ma soprattutto il suo desiderio di essere un uomo comune.
Ammettiamolo, sentire Superman che si lamenta della sua vita sembra assurdo, eppure la canzone era proprio questo, uno sfogo di un superuomo che invidia la normalità altrui. Questo testo così coraggioso è rimasto per parecchio tempo come una sorta di voce fuori dal coro, finchè non è nato in casa DC il desiderio di mettere in piedi un universo cinematografico sull’onda del Marvel Cinematic Universe. Dopo gli anni della delusione dell’orrendo Superman Returns e il mancato cinemovie sull’Uomo d’Acciaio con protagonista Nicholas Cage e regista Tim Burton (per fortuna!), il successo della trilogia di Batman diretta da Nolan ha convinto le alte sfere della DC che era ora di tornare al cinema con il loro alieno più famoso.
Nel 2013 questa volontà prende forma nel cinecomic Man of Steel, diretto da Zack Snyder, regista che ha all’attivo già due film di successo tratti da fumetti (300 e Watchmen).

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SIETE ANCORA CONVINTI CHE SIA FACILE ESSERE UN SUPEREROE? KAL-EL POTREBBE PENSARLA DIVERSAMENTE!


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Snyder decide di dare al suo Superman un’impronta nuova e personale, con un taglio netto al passato, anche cinematografico, del kryptoniano.
Intenzionato a dare una dimensione più moderna alle sue origini, la prima modifica colpisce inevitabilmente la società di Krypton, patria di Superman. Se nei fumetti era una società avanzata e fiorente, distrutta da una catastrofe naturale, in Man of Steel conosciamo una nuova Krypton; in questa sua visione, Snyder raffigura la civiltà aliena come progredita ma decadente, destinata a scomparire a causa della sua scriteriata politica di sfruttamento del pianeta, ormai pronto al collasso, e schiava della sua scelta di concepire artificialmente i propri figli, in modo da poter programmare già nel loro DNA il loro destino e il conseguente ruolo nella società.

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È una Krypton assai diversa, molto più cupa e opprimente di quanto sia mai stata vista (forse solo nella storia Per l’uomo che ha tutto se ne era vista una versione peggiore), in cui l’unica fiamma di speranza è la nascita del figlio dello scienziato Jor-El, Kal. La nascita è eccezionale perchè dopo secoli Kal-El è il primo kryptoniano a nascere in modo naturale, libero da un destino già scritto e quindi pronto a poter decidere chi essere in qualsiasi momento; la cosa turba il consiglio degli anziani di Krypton, che pur sapendo dell’imminente fine del proprio pianeta non sanno reagire per tempo, attirando su di se l’ira del Generale Zod, vecchio amico di Jor-El e capo delle armate kryptoniane, che decide di prendere il potere per poter cercare di salvare il proprio popolo.

Ottenuto il rifiuto di Jor-El di aiutarlo, Zod intende prendere il controllo del pianeta mettendo le mani sul Codice, un manufatto in cui sono contenute tutte i dati genetici del pianeta; Jor-El riesce a prendere possesso del Codice prima di Zod, e sceglie di trasferire queste preziose informazioni nel codice genetico del figlio neonato, prima di inviarlo tramite una piccola astronave su un antico avamposto della sua razza, in modo da salvarlo dalla fine della sua stessa specie. Il generale Zod fallisce nel suo intento e dopo la cattura viene condannato alla prigione nella Zona Fantasma, un limbo in cui tempo e spazio sono annullati.

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Questa è la spettacolare sequenza iniziale del film, realizzata in pieno stile Snyder, con ritmo frenetico e scene altamente spettacolari, ma almeno in questo caso il regista rinuncia al suo affezionato rallentatore (un po’ abusato in 300!), decisione azzeccata, che lascia alla scena della battaglia di Krypton il giusto ritmo e la necessaria drammaticità.
Il pathos viene enfatizzato da un Russel Crowe sontuoso, in grado di dare al suo Jor-El uno spessore notevole, sia nel ruolo di scienziato disperato per la sorte del suo pianeta che nell’essere padre pronto anche al supremo sacrifico pur di garantire a suo figlio una speranza di sopravvivere. È il vero eroe della situazione, quasi uno specchio della moralità che sia abituati a vedere in Superman; il suo atteggiamento ferreo di fronte a ciò che è giusto o sbagliato è ammirevole, anche di fronte alla paura della moglie e all’ostinata ferocia di Zod.

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Non dimentichiamoci che il film parla di Superman, e per tenerci in riga Snyder torna subito a focalizzare l’attenzione sull’orfano delle stelle. La storia segue i soliti binari già noti, Kal atterra in Kansas vicino a Smallville e viene adottato dai coniugi Kent; inizialmente non viene mostrato in modo palese la scena dell’arrivo (anche se tutti la danno per scontata), ma il regista opta per una serie di continui flashback, realizzati con ottima intensità e recitazione dai protagonisti, ma che possono essere un po’ fastidiosi, costringendo lo spettatori a continui salti temporali che potrebbero causare un po’ di disorientamento. È un peccato, perchè la storia raccontata da questo collage di ricordi è stupenda, fresca nonostante sia tutto già noto e visto in mille diverse versioni; Snyder ha la capacità di infondere al suo protagonista nuova linfa, rendendolo più moderno, portando un personaggio figlio degli anni ’30 dello scorso secolo in un contesto attuale, avvicinandolo anche alle nuove generazioni.
Per poter rendere al meglio la storia di Clark Kent (il nome adottivo di Kal-El) viene scelto un cast di attori strepitosi. Non sono riuscito a non affezionarmi al Jonathan Kent di Kevin Costner; l’attore americano è un vero padre, preoccupato solo di difendere il proprio figlio di fronte a un mondo che non potrebbe essere pronto a realtà diverse dalla propria. La sua disperata mania di protezione, spesso vista dal giovane Clark come una catena, è il simbolo stesso dell’amore paterno, come un passaggio di consegne invisbile fra Jor-El e Jonathan; Kent soffre nel vedere il figlio non poter esprimere il suo pieno potenziale, nel doverlo costringere a controllare i suoi poteri senza che nessuno lo sappia. In alcuni dei flashback assistiamo a intensi dialoghi tra padre e figlio, in cui il giovane vorrebbe sapere cosa non va in lui, soffre per la sua diversità, riversando sull’impotente genitore le sue ansie, che diventano dolore e preoccupazione nella splendida espressività di Costner.

[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width=”1/3″][vc_custom_heading text=”Un padre è disposto a tutto per proteggere il figlio” font_container=”tag:p|font_size:14|text_align:center|color:%23dd3333″ google_fonts=”font_family:Roboto%20Slab%3A100%2C300%2Cregular%2C700|font_style:100%20light%20regular%3A100%3Anormal”][vc_single_image image=”7064″ img_size=”full” alignment=”center” img_link_large=”yes”][vc_single_image image=”7066″ img_size=”full” alignment=”center” img_link_large=”yes”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]

Non va dimenticata una Diane Lane perfetta nel ruolo di madre di Clark, pronta a difendere il figlio da qualsivoglia diceria di paese e pericolo, ma non pienamente convinta della necessità di nascondere la natura di Kal; si vede questa sua lotta interiore negli sguardi di fiera compassione, si sente nelle sue parole decise ma anche consolatorie per il figlio (memorabile la scena dello sgabuzzino a scuola).
Questa necessità di tutelare la vera identità di Kal sarà un compito arduo per la coppia di genitori, che dovranno far fronte alle prime dicerie di paese, tentando di disinnescare la bomba del pettegolezzo pronta a scoppiare sulla loro vita in ogni momento; per Jonathan nulla è più importante della sicurezza e tranquillità della propria famiglia, è pronto a tutto pur di non tradire il segreto del figlio. Man of Steel punta molto sulla figura paterna, ne fa una guida essenziale per la crescita di Kal; se Jor-El ha cercato in ogni modo di salvare il figlio dalla morte, Jonathan deciderà di abbracciare quest’ultima pur di permettere al figlio di vivere un’esistenza quanto più possibile normale (e Snyder ci offre una scena di straziante commozione in tal senso!).

[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”All’inizio Kal-El non riesce ad accettare i suoi doni, cercando di scappare da se stesso” font_container=”tag:p|font_size:14|text_align:center|color:%23dd3333″ google_fonts=”font_family:Roboto%20Slab%3A100%2C300%2Cregular%2C700|font_style:100%20light%20regular%3A100%3Anormal”][vc_single_image image=”7070″ img_size=”full” alignment=”center” img_link_large=”yes”][vc_column_text]

Non è facile per Henry Cavill (primo attore non americano a indossare la S) far emergere il suo Kal in mezzo ad attori così bravi nel dare spessore al proprio ruolo. Nonostante il peso non indifferente di dover indossare un nome così importante (e dover sempre subire il paragone col compianto Christopher Reeve) Cavill riesce nel suo ruolo, offrendo un Clark Kent umano, che sfugge inizialmente da se stesso cercando rifugio nei posti più sperduti; ma per quanto si possa scappare non ci si può nascondere da se stessi, e il proprio emerge prima o poi. Clark si impegna e si sforza ad essere una persona normale, ma di fronte a gente in pericolo non esita a lasciare spazio alla sua seconda natura, correndo in soccorso e dovendo, di conseguenza, riprendere la sua fuga.
Inizialmente non ero del tutto convinto della recitazione di Cavill, mi sembrava un po’ troppo spigoloso anche per un personaggio “roccioso” come Superman; eppure pian piano mi ha conquistato, come se anche l’attore riuscisse a sentirsi sempre più a suo agio nel personaggio con l’avanzare della storia. La vera svolta la ho notata quando arriviamo alla scena nell’artico, in cui Clark riesce ad entrare in contatto per la prima volta con il suo retaggio kryptoniano, ma soprattuto indossa per la prima volta il suo costume; ho seguito con trasporto il racconto dell’immagine di Jor-El sulla storia kryptoniana e l’appassionato e orgoglioso incitamento dato al figlio per essere un essere vivente migliore, non uomo o kryptoniano, ma il meglio di entrambi le civiltà. È questa una delle tematiche più emozionanti di Man of Steel, l’essere figlio di due mondi per Kal, il dover vivere sapendo che il suo pianeta natio non esiste più, ma che la sua patria adottiva può avere in lui un guardiano fedele.
Vedere i primi passi di Kal-El con la sua nuova tuta, l’espressione di Cavill mentre il sole nutre i suoi poteri, accompagnati prima dalle parole di un ottimo Luca Ward/Jor-el (il nostro miglior doppiatore) e poi dall’impeccabile colonna sonora di Hans Zimmer sono brividi puri, un crescendo emozionale che letteralmente esplode col primo volo di Kal-el, un emozionante viaggio a velocità supersonica in cui lo stesso supereroe si sente vivo per la prima volta, finalmente libero di esser se stesso.

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LA PRESA DI COSCIENZA DI KAL-EL E’ UNA DELLE SCENE PIU’ EMOZIONANTI DELL’INTERA PELLICOLA


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Ma la comparsa di questa astronave non passa inosservata, sia dai militari che dalla stampa.
Quest’ultima è incarnata dall’intraprendenza della giornalista Lois Lane, reporter del Daily Planet; con la sua ostinazione e il suo intuito, Lois riesce a entrare nell’astronave, e conoscere il misterioso alieno che sembra conoscere molto bene la nave stessa; questo incontro spingerà la giornalista a voler indagare sull’identità di questo personaggio, anche mettendosi contro il suo stesso direttore Perry White (un grande Lawrence Fishbourne, primo Perry di colore). Questo desiderio di verità metterà la Lane sulle tracce di Kal, riuscendo a ricostruire la sua vita fino a risalire al suo passato a Smallville; questa sua indagine non la porterà solo a conoscere Clark, ma anche a finire nel mirino dell’FBI, che sta svolgendo una simile indagine.

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La relazione che si instaura fra Clark e Lois è una svolta rispetto alle passate pellicole, in cui la vera identità di Clark rimaneva sconosciuta per molto tempo anche alla stessa Lois; nella pellicola di Snyder questo loro rapporto si forma con rapidità ma anche in modo naturale, credibile nonostante i soggetti coinvolti.
Ma se Clark riesce a trovare una parvenza di normalità assieme a Lois, tutto sembra pronto a scomparire con l’arrivo di Zod e dei suoi tirapiedi. Riusciti a fuggire dalla Zona Fantasma, gli esuli kryptoniani giungono sulla Terra in cerca del Codice, finchè non scoprono che è racchiuso nel DNA di Clark. Nel film Zod dovrebbe essere il cattivo, il personaggio che noi spettatori che dovremmo odiare con tutto il cuore, eppure non ci riesco; Zod è un patriota, per quanto senza limiti morali, pronto a sacrificare tutto e tutti per dare una speranza alla propria gente. Il generale kryptoniano è figlio della cultura decadente di Krypton, nel suo essere tutto è stato programmato perche lui sia il difensore dei valori e della specie kryptoniana, senza badare a quali mezzi siano necessari. Non si può condannare a priori la sua ostinazione, il suo barbarico atteggiamento di sfruttamento anche del nostro pianeta, senza chiederci cosa saremmo disposti a fare noi al suo posto; Michael Shannon ha un viso particolare, a tratti inquietante, ma riesce comunque a donarci una vasta gamma di sentimenti, mostrandoci pienamente la rabbia di Zod e la sua disperazione nel non riuscire a salvare la propria razza.

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Sarà questa sua missione a mettere in crisi Kal, ancora in precario equilibrio tra i suoi due retaggi; se da un lato sente la mancanza della sua razza originaria, dall’altro si sente mosso da amore sincero nel difendere i terrestri, decidendo infine di diventare pienamente umano, sacrificando anche gli ultimi sopravvissuti del suo popolo. Kal smette di essere un semplice ospite sul nostro pianete e ne diviene il custode quando decide di metter in gioco la sua stessa vita per salvare il nostro pianeta, scegliendo di distruggere le macchine di terraforming che stanno trasformando la Terra in una nuova Krypton; intorno a questi dispositivi l’atmosfera simile a quella kryptoniana tende a indebolire i poteri di Kal, che sembra inizialmente soccombere al proprio destino, proprio come i terrestri faranno a breve. Ma è nel momento più duro che Clark e Kal-El diventano un unico essere, iniziando a esser Superman con un equilibrio fra le due anime che rende il supereroe sufficientemente forte , soprattutto mentalmente, per riuscire a rialzarsi e affrontare la battaglia.
In tutta la carriera di supereroe non si è mai visto Superman uccidere un nemico (tranne in alcune storie extra-continuity), come se il suo istinto morale proibisse a Kal di prendere una vita; la sfida finale di Snyder è stata quella di mettere Superman di fronte a questo dilemma, se uccidere un malvagio per salvare degli innocenti sia possibile o meno. Nella battaglia finale Zod costringerà Kal a prendere una posizione, un “o me o loro” che spinge i limiti morali di Superman oltre ogni precedente; la scelta, quale che sia (e di certo non ve la svelo ora!), è straziante, cambia la natura di Kal radicalmente, costringendolo a rivedere la propria lista di priorità.

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COSA E’ DISPOSTO A FARE KAL-EL IN NOME DELLA GIUSTIZIA? E IL MONDO SAPRA’ ACCETTARE LA SUA PRESENZA?


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Anche questo aspetto serve a dare il via a un nuovo corso per la vita cinematografica di Superman, un nuovo inizio ma con già abbastanza conseguenze da poter avere delle influenze nel prossimo cinecomic di casa DC, Batman vs Superman: Dawn of Justice.
E già che siamo in tema, potevano mancare i richiami al nuovo DC Expanded Universe in Man of Steel? Certo che no, infatti vedremo spesso apparire il nome Wayne (come su un satellite), e la Lexcorp è citata spesso; ma l’indizio più profetico lo troviamo in un fotogramma della lotta fra Kal e Zod, quando, demolendo un intero piano di un edificio, tra le macerie compare un piccolo manifesto con scritto “Keep calm and call Batman”. Non si sono risparmiati nemmeno alcuni piccoli riferimenti alla serie di Smalville, che avrebbe potuto essere un ottimo trampolino di lancio per un universo televisivo e cinematografico per la Dc, ben prima che ne creasse uno la Marvel.

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Man of Steel è riuscito a riportare il mito di Superman al cinema con la giusta dose di trama, psicologia ed azione. Nei combattimenti si vede la mano di Snyder, abituato a concepire film con alto tasso di mazzate e adrenalina; il primo scontro a Smalville è fenomenale, mette Kal in lotta con ben tre kryptoniani, ma sopratutto ci mostra un Superman ancora imberbe, non preparato a scontri fisici contro gente che invece è stata creata per lottare. Sono però gli scambi di cortesie fra Kal e Zod nelle macerie di Metropolis a offrire un alto tasso di spettacolarità; inseguimenti fra i palazzi, lotte furibonde tra edifici in bilico e pestaggi aerei sono filmati con un’accuratezza speciale, ci coinvolgono sia emotivamente che visivamente! Non ho potuto,però, fare a meno di provare un forte senso di deja vù con lo scontro finale fra Neo e Smith al termine di Matrix Revolution, ma è giusto una sensazione personale, che non mi ha comunque condizionato nel farmi appassionare allo scontro sullo schermo.
Tutto il film ha però giovato di un personaggio invisibile eppure sempre presente: la colonna sonora di Hans Zimmer! Impeccabile è il solo aggettivo che mi viene in mente, sempre adatta ad ogni scena e con un’impostazione sonora che si adatta ad ogni momento della pellicola, riuscendo a pizzicare le giuste corde emotive dello spettatore, mettendolo in condizione di godere appieno delle immagini.
Man of Steel è il primo film del nuovo corso cinematografico della DC, riesce a creare nello spettatore l’ansia di saperne di più del mondo di Superman e soci; contrariamente alla tendenza Marvel di offrire quanto più possibile toni leggeri, in Man of steel si da un’impostazione austera al film, più dura e cupa (siamo anni luce dagli scanzonati Avengers o dalla comicità de I Guardiani della Galassia), con un tono decisamente più maturo. L’atmosfera creata da Snyder è come quella sottile elettricità che anticipa l’arrivo di un tempesta, ci lascia sul chi vive e con l’ansia dell’arrivo del tanto atteso evento, che per noi ha una data precisa: 24 marzo 2016, quando Kal dovrà rendere conto del suo operato al Cavaliere Oscuro, in Batman vs Superman: Dawn of justice
Arrivano i mantelli rossi!

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