La Casa di Carta 5 – Vol 1 è sicuramente un passo avanti alle stagioni precedenti, ma un’idea finita palesemente con la prima stagione (Parte 1-2) non può regalare una sublime qualità questo è chiaro, ma può di certo intrattenere alla grande.
Non stiamo a farvi un riassunto delle stagioni precedenti in stile “24” visto che ci pensa già Netflix, e quindi possiamo passare subito al cuore del discorso che per causa di forza maggiore per quanto possa essere esente da spoiler, qualcosina va sempre accennato; quindi se non volete essere minimamente rovinanti dell’esperienza finale non continuate con la lettura.
LA STORIA ED IL FORMAT NON CAMBIA
Questa volta i nostri simpatici amici con le maschere del sempreverde Salvador Dalí insieme a quel geniaccio del Professore, per salvare Rio sono entrati nella Banca di Spagna per tentare anche il colpaccio del secolo: ma si sa più grande è un obiettivo, più vaste e tortuose sono le difficoltà ed in questa stagione sia gli spettatori che i personaggi capiscono che di certo non è un gioco, o una semplice rapina da un benzinaio situato tra il confine di Bikini Bottom e Shell City.
Se ben ricordate la parte 4 della seconda stagione, si era conclusa con l’ispettore Sierra, considerata ormai una fuorilegge, che era riuscita a trovare autonomamente il nascondiglio del professore, legandolo ed interrogandolo brutalmente senza avvertire le autorità; ecco da dove parte questo Volume 1 della stagione finale de La Casa Di Carta.
Non proseguiamo con la trama per evitare spoiler, d’altronde il punto di forza che ha permesso a questa serie di andare avanti ed essere intrigante e fruibile da tutti sono stati proprio i colpi di scena, visto e considerato che hanno donato a La Casa Di Carta un vero e proprio format più che stile, riuscendo ad avvicinare anche il grande pubblico non avvezzo, scontroso e poco fruitore delle serie tv in streaming.
Già dalla parte 3-4 purtroppo abbiamo fin da subito notato che nonostante sia un buon prodotto di intrattenimento, ben giostrato ed a tratti anche ispirato, di certo non brilla a quanto idee ed innovazione visto che tutti gli stereotipi che potreste trovare in una qualsiasi serie spagnola o Teen (Il Segreto o anche 13 se vogliamo) o pellicola di grande spicco (Ocean’s Eleven) sono presenti in questa serie; ma d’altro canto come possiamo biasimare agli autori? hanno in mano uno dei prodotti più riusciti ed influenti degli ultimi anni, e forse il segreto sta proprio in questa gestione semplice di situazioni, colpi di scena continui e personaggi che mista ad una buona trovata (anche di marketing) come quella delle maschere ha raggiunto il suo apice che ancora sta macinando milioni e milioni; Il vero bottino è nelle loro mani.
TOKYO & FRIENDS TRA PROIETTILI, TRASH E SOAP OPERE SPAGNOLE
Le situazioni telecomandate e scontate si sprecano come dei proiettili su Arturito, e in questa parte finale a maggior ragione si da tanto spazio a questa gestione degli eventi che catapulta lo spettatore in un susseguirsi di scene action di buona fattura registica, caotiche e gratuite visto e considerato che è sempre un ottima alternativa per allungare un brodo già abbastanza diluito inutilmente, ma noi ovviamente non diamo peso a queste cose visto che le amiamo da morire (Dom Toretto rules).
A parte gli scherzi i colpi di scena sono davvero degni di nota e nonostante tutto non è facile mantenere un ritmo così alto pur avendo una buona base da sfruttare come eserciti, spie, eroi di guerra e Denver vari; quello che ogni tanto duole sono delle scelte di sceneggiatura davvero fuori dal comune, coraggiose ed a volte anche senza senso; è come se veramente non sapessero più cosa inventare e allora per far accadere determinate cose si sono basati su le idee del loro subconscio che mai e poi mai avrebbero messo in atto; in sintesi chiamiamoli momenti What a F**k o semplicemente Trash.
Questa volta però si da ampio spazio a molti più personaggi e finalmente gli autori hanno deciso di farci empatizzare e comprendere maggiormente del perché i nostri amati protagonisti si pongono e la pensano in un determinato modo. L’ombra del personaggio migliore della serie ovvero Berlino, ancora ci segue e ci intrattiene con le sue lezioni sulla vita e le sue eleganti e magistrali rapine alla Lupin riempiendo buchi che altrimenti sarebbero stati incolmabili.
In mezzo a questo approfondimento dei protagonisti ci troviamo a sviscerare i rapporti umani, i sentimenti e le relazioni attuali e precedenti dei rapinatori che enfatizzano uno dei punti forza che più ha fatto appassionare il grande pubblico ed una marea di ragazzi: i momenti da soap opera. Questi ultimi non possono mancare e per aggiungere il tocco commovente e drammatico sono davvero inevitabili ed occorrono a far piangere lo spettatore se succede qualcosa di spiacevole o devastante. Oggettivamente nulla da obiettare è un trucco che si usa da secoli, ma chi non proprio manda giù queste forzatura avrà da obiettare.
Purtroppo è palese che gli autori de La Casa Di Carta volevano concludere la serie solo con una stagione, e quindi la morte finale epica e drammatica alla Scarface era la solita gran trovata che fa sempre il suo effetto e quindi Berlino in un’modo o nell’altro doveva essere riutilizzato visto che come già accennato è il personaggio più riuscito della serie, sostituito in tutto e per tutto da Palermo che riesce comunque a fare il suo sporco lavoro.