JiokE, dall’origine delle sue storie a quella del nome: l’intervista

4 Apr 2023

Al Romics 2023, nella giornata di venerdì, la redazione Nerdgate è stata ospitata da Giovanni – JiokE e Chiara, per rispondere a qualche domanda. Nel caos del venerdì pomeriggio in una fiera come quella in cui ci trovavamo, Chiara ci ha permesso di fare due chiacchiere in una “stanzetta” sicuramente silenziosa, in un mondo parallelo ma opposto a ciò che stava fuori da quelle quattro mura. Ammetto che ho pensato, data la natura delle opere che troverete nella pagina dell’artista, in un sano romano “Mo me fanno fori”. Superato questo pensiero, ovviamente scherzoso, abbiamo iniziato una chiacchierata, più che un’intervista, con un ragazzo gentile, disponibile e simpatico, che mi ha fatto nascere spontaneamente alcune domande dettate dalla curiosità.

Dall’intervista possiamo estrapolare davvero molte informazioni, che Giovanni è riuscito a darci nel giro di una mezz’oretta. Andiamo a vederle una per una, dalle quali percepiremo come le diverse domande sono, in realtà, collegate tra loro.

I richiami tra i primi fumetti brevi e “Voglio il tuo cuore”

JiokE: “Attingendo a un genere come l’horror psicologico, che poi non ha una precisa definizione, i richiami avvengono ripetutamente. Spesso mi piace realizzare personaggi che non siano bianchi o neri ma che abbiano diverse sfumature, malsani o crudeli ma con un modo distorto di esprimere amore. Mi affascina molto questo aspetto perché rende tutto più difficile da capire. Quando mi viene chiesta la sinossi della storia, inizio a pensare a come creare un’interesse verso la mia opera senza spoilerare troppo“.

Un disegno di ‘Cicatrici’

Sviluppo del lavoro

JiokE: “Butto giù una serie di scene, divertendomi ad immaginare diverse situazioni. Mi dico <<Ok questa scena è figa, la metto da parte>>, così come per i personaggi che mi vengono in mente, per i quali trovo il collante. Mi chiedo cosa possa essere poi il motore di questa storia. Per Martina ho fatto ricerche sul character design, poiché tendo ad avere la sindrome della stessa faccia, quindi ho disegnato Martina con una sua specifica siluette. Quindi, ho voluto scrivere assolutamente quacosa su di lei, con la sua particolare capigliatura afro. Ho una forte volontà di rendere le storie più complesse di quello che sembrano e, partendo da questa serie di immagini, come un puzzle inizio a metere insieme tutti i pezzi. Gli do, poi, una piccola ripassata correggendo qualche dettaglio, qualche buco di trama e quant’altro. Di solito i passaggi burocratici sono la parte più complicata che rallentano l’uscita del lavoro“.

JiokE: “Verso il 2014 è esploso il boom dei webcomics; questi fumetti rendevano romantici i problemi mentali e quelli di tutti i giorni (domani ho l’esame, quindi che ansia eccetera), e si sono creati una bella fetta di pubblico, anche se non mancano le persone che non apprezzano il fatto che questo tipo di problemi venisse banalizzato. Quindi ho voluto lavorare su un fumetto drammatico legato al realismo, ma senza metaforizzare i problemi mentali come un mostro: Nelle mie opere il mostro è il sintomo non la malattia, una cosa che rende il malore più spaventoso e reale. Metaforizzando la problematica si addolcisce la pillola e in questo modo la gente può avere più rispetto di un dato problema. Nelle scene più violente evito di riprendere ciò che avviene in maniera più esplicita, come le scene di violenza, preferendo, piuttosto far arrivare la psicologia di quello che i personaggi stanno vivendo“.

JiokE: “Ho voluto mischiare le idee. Ho voluto evitare i flashback perché non volevo essere didascalico, dando solo degli accenni sul perché Umberto e Martina sono quello che sono, descrivendo cronologicamente la situazione“.

JiokE: “Grazie alla concatenazione di pensieri, che mi permettono di iniziare a pensare ad un nuovo lavoro durante la fine del precedente, non perdo molto tempo nel contesto creativo”.

Critica sociale

JiokE: “La scelta della periferia all’inizio non è stata pensata come una critica sociale, piuttosto come un botta e risposta con quelle domande che mi sono posto durante la scrittura. L’ho voluta far svolgere – la storia – in una città dove alcune situazioni vengano giustificate, attraverso la negligenza e il degrado. Questo, per fare in modo che, rileggendo il tutto, i vari punti ritornassero in modo che la parte più difficile, ribaltamento di prospettiva, risulti ben strutturata“.

Quanto di JiokE c’è dentro le sue storie

JiokE: “Devo stare attento a come uso le parole. Parlando di assassini e violentatori non mi ci rifletto ma ho molta empatia rispetto alle storie e ai personaggi che compongo. Piango quando scrivo perché mi faccio prendere dalla storia e quando piango vuol dire che funziona, perché potenzialmente può far piangere anche i lettori. Cerco su internet i fatti di cronaca, una data situazione per vedere se quanto scrivo possa essere credibile e dalle dinamiche realistiche. Di me come persona non c’è dentro nulla, ma le mie idee, essendo appassionato del cinema franco belga (realismo in chave horror) e volendo entrare nella mente delle persone malate, mi permettono di creare una storia con un certo realismo, dove anche il lettore non psicopatico possa empatizzare con i personaggi”.

JiokE: “Per Martina e Umberto non mi è venuto da piangere. Mi hanno fatto provare disgusto, perché, di base, la loro relazione è malsana. Volevo, tuttavia, provare a mettere dell’affetto tra i due, cercando di inserire piccole scene di tenerezza. In fin dei conti, i due protagonisti nella totale follia della relazione, ogni tanto dovrebbero trovarsi bene tra loro, riuscendo, così, a scombinare le carte“.

Un commento su ‘Farfalle nello Stomaco’

A proposito di una delle sue illustrazioni ‘Farfalle nello stomaco, l’artista ha risposto: “Non ho mai provato veramente le farfalle nello stomaco, quindi mi sono dovuto sforzare di capire cosa voglia dire avere un attaccamento verso qualcuno. Parliamo di attaccamento e, allo stesso tempo, di difficioltà di aprirsi verso qualcosa, quindi ho voluto mostrare il momento in cui la ragazza cerca di mettersi a nudo“.

‘Farfalle nello stomaco’ – JiokE

L’origine “pazza” del nome JiokE

Se, per caso, vi stesse chiedendo da dove esca fuori il nome JioKe e quanto possa c’entrare con il termine ‘pazzia’ o con il Joker di Batman, in queste ultime righe troverete non solo la riposta, ma anche una conclusione spiazzante dell’intervista.

JiokE: “Molta pazzia ma non come si immagina. Il nome iniziale era Jio, da amante dei manga, ma su Facebook questo nome appartiene a una pagina indiana di un gestore telefonico. A un certo punto, tutti gli indiani mi hanno iniziato a scrivere messaggi in indiano registrando un aumento di follower a dismisura. Davanti ad un bivio, cambio nome o divento famoso, ho deciso di cambiare nome. Quindi, i follower si sono stabilizzati per un po’, fino a riprendere, e in quel momento ho bloccato l’intera India. Quindi JiokE è un nome alla cazzo e via per risolvere una problematica pratica”. Ergo, di pazzo-Joker-pazzia non c’è nulla.

Ergo

Leggendo o ascoltando le parole di JioKe è possibile apprezzare il percorso artistico, i richiami e le ispirazioni dell’artista. Da queste frasi, che ho deciso di riportare integralmente e in trasparenza – fatta eccezione per pericolosi spoiler – possiamo capire davvero molto; dalla semplicità alla simpatia, dalla critica sociale ricavata alla voglia di fuoriuscire da rami banali e non profondi in merito ad alcune problematiche che richiedono attenzione. Tutti fattori che vengono resi tangibili nei suoi lavori e che rendono possibile, finalmente, un’analisi di problematiche reali attraverso il mondo dei fumetti.

Un ringraziamento speciale, quindi, va tanto a JiokE quanto a Edizioni BD per la possibilità di vivere questa bella esperienza di approfondimento.