Pensato inizialmente come dlc del secondo capitolo, Dying Light: The Beast è cresciuto durante lo stadio di sviluppo fino a diventare uno spin-off della saga a sè stante; pronti a scatenare la bestia?
KYLE CRANE È TORNATO
13 anni dopo le vicende di The Following, l’espansione del capostipite, torniamo a vestire i panni di Kyle Crane, celebre protagonista del primo capitolo.
Purtroppo per lui questi lunghi anni non sono stati piacevoli, tutt’altro, dato che è stato sottoposto come cavia a terribili esperimenti che lo hanno reso molto più di un semplice umano.
Il responsabile di tutto ciò è il Barone, villain estremamente stereotipato al quale Crane una volta liberatosi dalla prigionia darà la caccia per il resto dell’avventura.
In aggiunta a questo obiettivo dovremo rintracciare le Chimere, esseri temibili fortemente modificati dal virus e che sfrutteremo per potenziare il nostro lato Bestiale (su questo aspetto ci torneremo dopo) a colpi di iniezioni del loro sangue; ad aiutarci nella missione ci sarà Olivia, una ex-dottoressa del laboratorio in cui eravamo rinchiusi che era costretta a lavorare per il Barone.
La componente narrativa di Dying Light: The Beast non fa certo gridare al miracolo (come non lo faceva quella del primo splendido capitolo), ma svolge bene il compito di guidarci lungo l’avventura con delle motivazioni solide, impersonando un protagonista che ne ha passate tante al quale ormai siamo affezionati.
Alcune missioni secondarie invece si rivelano particolarmente interessanti dal punto di vista scritturale, con situazioni uniche e personaggi capaci di calarti nelle cupe atmosfere del gioco.
SCATENA LA BESTIA
La novità principale di questo capitolo, come avrete intuito, risiede nella possibilità di trasformarsi temporaneamente in una potente bestia, capace di fare a pezzi tutti i nemici a mani nude; per attivare questo potere sarà necessario riempire una barra apposita uccidendo o venendo feriti.
Se inizialmente non avremo alcun controllo su di essa e si attiverà automaticamente a barra riempita, col tempo otterremo skill che ci daranno maggior controllo su di essa, oltre a varie abilità ed attacchi speciali con cui uccidere tutto ciò che ci si para davanti; come accennato poc’anzi, per potenziare tale ramo delle abilità dovremo sconfiggere le Chimere, che rappresentano a conti fatti le bossfight del gioco, ognuna con le proprie peculiarità e debolezze.
Sia chiaro: la modalità Bestia non è un game-changer che stravolge o innova in modo significativo l’impianto ludico, ma è sicuramente una gradita aggiunta capace di dare un po’ di pepe ai combattimenti.
BENVENUTI A CASTOR WOODS
Uno degli aspetti indubbiamente più riusciti di Dying Light: The Beast è senza ombra di dubbio l’ambientazione.
Profondamente diversa da Harran e Villedor (dove quest’ultima proponeva una forte verticalità), Castor Woods si presenta come una mappa dalle dimensioni moderate ma estremamente variegata: piccole cittadine, paludi, foreste e montagne.
L’atmosfera è di grande impatto, con forti richiami all’estetica gotica e della germania medievale, differenziandosi a dovere da quella dei precedenti capitoli e muoversi attraverso di essa nonostante le minori possibilità di parkour risulterà comunque estremamente piacevole, dato che Kyle Crane fin da subito avrà a disposizione molte delle relative skill imparate nel primo capitolo.
Muoversi fra i tetti sarà fondamentale per non venire travolti dagli zombie nelle strade, che in questo titolo tendono particolarmente ad eseguire il poco piacevole grab (forse un po’ troppo spesso).
Nelle nostre peripezie dovremo inoltre lootare tutto il possibile, dai nemici sconfitti alle case aperte, passando per le zone oscure, ovvero luoghi chiusi pullulanti di infetti ma contenenti bottino prezioso.
Inoltre fanno il loro ritorno i veicoli, con i quali spostarsi fuori città ed investire qualche zombie lungo il tragitto…ma occhio alla benzina!
FRA ACROBRAZIE E SMEMBRAMENTI
Il fulcro della saga di Dying Light sono i combattimenti ed il parkour, due aspetti che in questo capitolo tornano ad essere più vicini a com’erano nel capostipite piuttosto che nel suo sequel.
Pertanto avremo fin da subito accesso alle armi da fuoco (che nel 2 furono inserite successivamente con una patch) che ci permetteranno un maggior numero di approcci ai nemici; i combattimenti risultano soddisfacenti e truculenti al punto giusto, con gli zombie che si mutileranno per ogni colpo subito con tanto sangue sgorgante.
Nulla di nuovo sul fronte della varietà dei morti viventi, difatti oltre a quelli classici troveremo gli esplosivi, quelli capaci di sputare veleno, quelli corazzati, quelli giganti dotati di enormi mazze ed altri, rendendo fondamentale capire come approcciare ognuno di essi.
E se di giorno la situazione resta gestibile…la notte le cose si faranno tremendamente difficili.
Dying Light: The Beast mette sul piatto una notte che non ha niente da invidiare a quella del primo capitolo, capace di terrorizzare anche i veterani della serie, buia come non mai e pullulante di Volatili che nonostante i vostri nuovi poteri, saranno capaci di braccarvi e farvi a pezzi in men che non si dica: esattamente ciò che volevamo.
Infine, è bene spendere qualche parola sul fronte tecnico.
I ragazzi di Techland hanno svolto un ottimo lavoro potenziando il loro motore grafico proprietario, il C-Engine, capace di proporre un ottimo sistema di illuminazione, dei modelli poligonali ricchi di texture e che simulano estremamente bene le ferite subite, ed un colpo d’occhio generale molto buono.
Bene anche sul fronte del sound design che specie nelle fasi notturne svolge un ottimo lavoro nell’aumentare l’immersione, e buona anche l’ottimizzazione che permette al titolo di girare bene anche su pc meno performanti.