Opera di Alex Gardan e pubblicato in Italia da 01 Distribuzione, Civil War trasporta lo spettatore in giro per gli Stati Uniti in un futuro distopico – così tanto distopico? – non troppo lontano.
Apprezzato dopo il suo esordio pochi giorni fa – 14 marzo – il titolo permette di osservare eventi bellici dal punto di vista giornalistico. Un gruppo di quattro reporter, Lee (Kristen Dunst), Joel (Wagner Moira), Jessie (Cailee Spaeny) e Sammy (Stephen McKinley Henderson) uniti in un viaggio irto di pericoli e tensione. Lee e Joel, coppia affiatata ed evidentemente affiatata, viene affiancata nel viaggio dal più esperto Sammy e dall’aspirante giornalista Jessie. Tra un reportage fotografico ed un altro, tra una pallottola ed un’altra, i quattro riescono ad affrontare innumerevoli situazioni, chilometri e difficoltà. La guerra civile – che da il titolo alla pellicola – vede coinvolto il governo centrale e una coalizione di “Stati Occidentali”, guidati da Texas e California. Lo scontro, che sembra svilupparsi piuttosto velocemente, pone il focus su entrambe le parti e le loro, non tanto eroiche, gesta.
Dalla “dittatura” – solamente narrata – del governo ai crimini di guerra commessi dai secessionisti, saremo catapultati in scene sonoricamente avvolgenti e drammaticamente toccanti. Per quanto sia fastidiosa l’eccesiva assenza di una backstory dettagliatamente raccontata, il lungometraggio permette di immergere l’arco narrativo in un periodo storico molto vicino: l’assalto a Capitol Hill. Questa licenza di sceneggiatura, che possiamo consentire agli autori, rende tanto più tangibile il film. Si vuole trasmettere il messaggio – per quanto sembra – come un warning di come in una guerra non ci siano vincitori né vinti. Di come un qualunque soldato in tempo di guerra, di qualunque sponda, possa essere un pericolo.
Al centro della pellicola, di certo, viene posto il lato umano – nel bene e nel male – del giornalismo convinto. Di quel giornalismo che vuole andare oltre quei limiti imposti eticamente. Riesce, tuttavia, a regalare una visione adrenalinica e sofferente dei reporter a stretto contatto con le milizie. Nonostante una prima mezz’ora lenta – troppo lenta – Civil War riesce a catturare. Riesce ad interessare lo spettatore, a coinvolgerlo e, altresì, a incuriosirlo, forse eccessivamente. Passata questa prima fase, il ritmo vive un bel crescendo, accostando a scene sonoramente dinamiche situazioni quasi statiche, dense di pathos e riflessive.
Interessante la proiezione di Lee in Jessie: un vedersi allo specchio della gioventù, alla quale si è pronti a passare il testimone. Diverse generazioni messe, non solo a confronto, ma in parallelo in una storia che porterà diversi epiloghi per ognuno dei protagonisti. Critica, forse non troppo velata, al “girarsi dall’altra parte”, con una serie di situazioni volte a sottolineare come, spesso, faccia comodo ignorare quanto stia accadendo.
Tecnicamente nulla da dire. Gli effetti grafici sono ottimamente realizzati, senza mai dare – eccezion fatta, forse, solo in un caso – la sensazione di avere davanti a noi effetti speciali o montaggi vari. Sonoramente, il film vede un predominio di spari ed esplosioni, con un accostamento – quasi in secondo piano – di una colonna sonora sempre apprezzabile e ben inserita nel contesto. Il cast svolge un ottimo lavoro, con delle interpretazioni che, come già detto in precedenza, permettono allo spettatore di respirare l’odore delle emozioni. Dall’euforia alla rabbia. Dalla frustrazione al desiderio. Dal panico ad una necessaria rilassatezza. Insomma, un lavoro reso possibile anche grazie alle qualità attoriali messe in campo.
La pellicola sarà disponibile in Italia dal 18 aprile anche nel cinema che ci ha ospitato e che ringraziamo: il The Space Cinema – Moderno a Roma.