La prima volta che sentì parlare di Capitan Bretagna la ricordo come se fosse successo poco fa. Ero con un amico che era salito a Roma per raggiungermi, insieme ad altri, al Romics. Una gita fuori porta che ci portò a conversare, da bravi amanti dei fumetti quali siamo, di ciò che riguardava i nostri supereroi preferiti. Ad un certo punto lui iniziò a parlare di questo Capitan Bretagna e, lo ricordo, io mi lasciai scappare una risata.
Mi sembrava assurdo che esistesse un supereroe del genere, con questo nome, rispetto un paese che nella mia piccola cultura da lettore di fumetti avevo sentito nominare pochissime volte. Questo mio amico, con la saggezza di chi sulle spalle detiene anni e anni di letture fumettistiche, mi parlò brevemente del supereroe in questione, citando l’arco narrativo scritto da Alan Moore.
A quel punto le mie pupille si allargarono come se fossi sotto l’effetto dei migliori allucinogeni sul mercato. Non era possibile! Uno scrittore del calibro di Alan Moore aveva elaborato una corposa run su Capitan Bretagna e io, non solo non ne sapevo nulla… ma non conoscevo neanche il personaggio!
Mi vergognai un po’ e decisi che prima o poi avrei colmato quella lacuna.
Da quel giorno è passato tanto tempo, e grazie alla Panini Comics, che gentilmente ha inviato qui in redazione il cartonato da poco uscito delle ristampe del Capitan Bretagna di Moore (ora finalmente disponibile negli scaffali delle migliori fumetterie), ho avuto modo di leggere il tomo e di scriverne una recensione al riguardo proprio per voi. Sperando che non incappiate nel mio stesso errore di tanto tempo fa e che leggiate, oltre alla recensione, anche e soprattutto questo meraviglioso arco narrativo!
L’inizio di questo arco narrativo vede, in brevissimo, Capitan Bretagna e il suo fido compagno Jackdaw sballottati in un luogo imprecisato dello spaziotempo. Da qui, il duo verrà poi catapultato in una delle tante versioni delle realtà possibili nel Multiverso Marvel. Una realtà distopica, che vede la città di Londra sull’orlo di un disastro apocalittico che costringerà Capitan Bretagna a fare i conti non soltanto con un nemico misterioso, ma con un concetto che in futuro diverrà uno dei punti cardine della narrazione supereroistica tutta: le realtà parallele, già accennate poco sopra.
Alan Moore porta una ventata di fresca innovazione se si pensa che il primo numero di questo meraviglioso arco narrativo è stato pubblicato, per la prima volta, nel 1981. Il concetto di realtà parallela è a dir poco chiaro e importante, perché nell’intero procedere del cartonato, le avventure di Brian Braddock (Alter ego di Capitan Bretagna) vedranno il personaggio muoversi su più versioni del pianeta terra, arrivando perfino a fronteggiare minacce ultraterrene come il Majestrix (Giudice extradimensionale a capo di ogni realtà possibile), senza mancare comunque di far avvicinare il lettore ad un piano più emotivo, tragico e meno eroico… saranno infatti molteplici le perdite che Capitan Bretagna dovrà affrontare, e non uscendone privo di cicatrici.
La paura diventa un forte elemento nella caratterizzazione dell’intera vicenda. Il personaggio di Braddock, convincente fin dai primi capitoli, non mancherà nel mostrare al lettore il suo lato umano. Anzi, è forse ben più sottolineato l’aspetto interiore, fragile del personaggio a dispetto di quello eroico (che comunque riuscirà a stupirvi), scendendo a patti con una narrazione a tratti adrenalinica e a tratti molto commovente.
Moore, che con questo arco narrativo ha utilizzato per la prima volta il termine di Terra 616 (realtà principale in cui sono ambientate gran parte delle storie Marvel), dimostra non soltanto una non inosservata maestria nella scrittura, ma anche nell’orchestrazione dei personaggi. I comprimari, più di ogni altra cosa, saranno utili a vere e proprie svolte sia da un punto di vista narrativo, della storia in sé, che evolutivo nel percorso drammaturgico interno al protagonista stesso.
Oltre a una coralità che quindi non lascia spazio a dubbi, è bene menzionare la seconda punta di diamante di quest’opera: Alan Davis.
Moore è senza dubbio una colonna portante in quest’arco narrativo, ma dell’aspetto grafico vogliamo parlarne? Alan Davis elabora l’immagine di un supereroe dall’aspetto unico: possente e dannato allo stesso tempo. Le sue matite non solo rendono onore al procedere della storia e all’evoluzione dei personaggi, ma li esaltano, diventandone non solo i vettori ma anche vere e proprie parti integranti, indispensabili al fumetto stesso. Probabilmente, senza Davis e con tutto il rispetto per il magnifico percorso narrativo intavolato da Moore, questo fumetto non sarebbe stato di così alta qualità.
Davis raggiunge delle vette di tragedia unica, dotando Capitan Bretagna di un’espressività pazzesca e descrivendolo, in alcune tavole, attraverso una fisicità energica e drammatica. Menzione speciale anche per il modo in cui Moore e Davis, in perfetta armonia, mettono in scena gli ultimi capitoli dell’arco narrativo. In un gioco di atmosfere distopiche, cupe e disturbanti, Davis riesce a veicolare con eleganza quella narrazione lisergica, allucinante tipica dello scrittore originale (uno dei tanti soprannomi conferiti ad Alan Moore). Parafrasando infine alcuni dei capitoli più belli e assurdi nella storia del fumetto.