BLADE RUNNER – Recensione

19 Lug 2015

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BLADE RUNNER: LA FANTASCIENZA CHE HA FATTO EPOCA

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Pochi autori di fantascienza sono riusciti a sfondare la barriera immaginaria tra letteratura e cinema, e nessuno scrittore di sci-fi è stato sfruttato come Philip K. Dick. Dal suo genio sono approdati al grande schermo piccole gemme come A scanner darkly o Minority Report,ma soprattutto quel capolavoro di Blade Runner, un vero must per i cultori della fantascienza cinematografica.

Quando nel 1982 Ridley Scott decise di dirigere questo film si lasciò ispirarare da un libro di Dick del 1968, Ma gli androidi sognano pecore elettriche?, preferendo però modificare alcune dinamiche della storia originale e privare la trama di alcuni aspetti tipici dell’opera, considerandoli troppo opprimenti per un pubblico da cinema.

[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”Sin dalla prima immagine Blade Runner regala intense emozioni” font_container=”tag:p|font_size:14|text_align:center|color:%23dd3333″ google_fonts=”font_family:Roboto%20Slab%3A100%2C300%2Cregular%2C700|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_single_image image=”9274″ img_size=”full” alignment=”center” onclick=”img_link_large”][vc_column_text]

L’anno è il 2019, e nella Los Angels distopica in cui veniamo portati si aggirano dei replicanti, androidi nati per essere usati come schiavi, dotati di forza e capacità intellettive superiori a quelle umane, ma con una vita limitata a sei anni. Sei dei replicanti più evoluti, serie Nexus-6, intendono cercare il loro creatore e trovare un modo per allungare la propria esistenza; i sei riescono a introdursi alla Tyrell Corporation, la fabbrica che li ha creati, in cerca di risposte, ma due di loro vengono uccisi, mentre gli altri riescono a fuggire. Uno dei fuggitivi, Leon, è riuscito a farsi passare per un dipendente della Tyrell, ma l’agente di polizia Holden, dell’unità speciale Blade Runner, un cacciatore di androidi, lo scopre e lo costringe a scappare, dopo avere ucciso lo stesso Holden.

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POCHI AUTORI DI FANTASCIENZA HANNO SAPUTO OFFRIRE TANTO AL CINEMA COME DICK

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La situazione è davvero grave, tanto che il capitano Bryant decide di richiamare in servizio il poliziotto Rick Deckard, un ex membro della Blade Runner, l’unico che potrebbe trovarli grazie alla sua “magia”, la sua capacità di ragionare e pensare come un replicante. Nella sua indagine Deckard viene accompagnato dal collega Gaff, un uomo enigmatico e misterioso, che lo accompagna come prima cosa alla Tyrell Corporation dove incontra il creatore dei replicanti, Eldon Tyrell; prima di aiutare Deckard nelle sue indagini, Tyrell vuole che il Blade Runner sottoponga sua nipote al test Voight-Kampf, l’unico esame che possa svelare l’identità di un androide.

Giunti a questo punto, non voglio raccontarvi altro della trama. Dirvi di più sarebbe un torto, il peggiore spoiler che si possa fare, quindi lascio che la curiosità vi spinga a vedere Blade Runner, per scoprire come Rick Deckard affronterà la sua indagine.

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Non voglio parlare della storia, ma ci sono molti altri aspetti che meritano di esser affrontati di questa pellicola.

Il primo e più importante aspetto è quello legato allo sfondo delle avventure di Deckard. In fedeltà al romanzo di Dick, vedremo atmosfere buie e cupe, poichè la Terra ha raggiunto un totale degrado ecologico, al punto che la luce solare non riesce nemmeno a filtrare la densa coltre di nubi; chi riesce abbandona il pianeta per le colonie extramondo, mentre sulla Terra rimangono solo le persone scartate perchè malati o perche non possono permettersi la spesa. In questo mondo Los Angelse è tempestata da una continua pioggia acida, che bagna strade calcate da un miscuglio di etnie che sono riuscite a convivere, ma in cui risultata dominante la componente asiatica; anche la lingua è mutata, e nel film viene parlata una nuova lingua, il Cityspeak, una sorta di slang composto da terminologie di varie idiomi. Ma è proprio la combinazione tra cittadini e città che rende unico l’ambiente di Blade Runner; vedere Deckard camminare nelle vie losangeline mentre piove, con i mille giochi di luci neon che illuminano il perenne buio è entusiasmante, coinvolgente. In alcune scene (come quando Graff raggiunge Deckard al suo ristorante preferito) si ha l’impressione di fare parte della vita quotidiana di Los Angeles, di essere parte della folla che anima le vie della città californiana; è proprio questo uno dei punti di forza della pellicola, la capacità di annullare quella barriera fra spettatore e protagonisti. Scott e la sua troupe son riusciti a creare una metropoli deprimente ma coinvolgente, vitale e al contempo oscura, come se in mezzo a tutto quel brulicare di persone si nascondessero segreti che non interesserebbero solo alla Blade Runner. La cura nella realizzazione di Los Angeles, degli ambienti interni, è frutto di una delle più geniali della sci-fi comics, il francese Moebius, che realizzò tutti i disegni preliminari non solo delle scenografie ma anche dei mezzi e dei giochi di luce che vedremo sullo schermo, un vero tratto distintivo della pellicola, che sanno stuzzicare le nostre emozioni, aiutandoci a crare una sinergia emozionale con le vicende di Deckard e soci.

[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”La skyline della futura Los Angeles sarà cupa e opprimente” font_container=”tag:p|font_size:14|text_align:center|color:%23dd3333″ google_fonts=”font_family:Roboto%20Slab%3A100%2C300%2Cregular%2C700|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_single_image image=”9275″ img_size=”full” alignment=”center” onclick=”img_link_large”][vc_column_text]

Parte di questa empatia è data anche dalla profondità con cui i personaggi sono stati ideati. Sentire Deckard (magistralmente interpretato da Harrison Ford) che cerca di mantenere un certo distacco dal suo lavoro, sentirlo apostrofare i replicanti con termini dispregiativi come “lavoro in pelle” per poi vedere come sia in difficoltà con una certa replicante (e no, non vi dico chi, guardatevi il film!) genera un’eco con la sua controparte cartacea, seppure su diversi livelli. Deckard riesce a relazionarsi con gli altri a fatica, è schivo, come se cercasse di scappare a quell’anonimato che il muoversi in una folla asfissiante come quella che anima Los Angels sia un suo istinto; nella visione di Scott della società futura l’individualità è stata uccisa dalla folla, da quella massa informe di persona che si muove come se fosse un unico organismo vivente. Le poche persone che cercano di uscire da questo mare di solitudine sono spesso dipinti come teneri disperati (come Sebastian, lo scienziato) che spingono lo spettatore a parteggiare per loro, a spingerli nelle loro lotta per la sopravvivenza, spesso più dura sul piano emozionale che non su quello pratico.

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RIDURRE BLADE RUNNER A UN SEMPLICE FILM DI FANTASCIENZA VUOL DIRE CANCELLARE IL PROFONDO IMPATTO EMOTIVO DEL LAVORO DI SCOTT

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Tutto in Blade Runner è animato dalla lotta per la vita, come dice lo stesso Roy Batty al suo creatore chiedendo “più vita“, una lotta che mette tutti contro tutti, creando poche relazioni umane, tanto che nel film le rare occasioni in cui vediamo due personaggi stabilire un contatto più personale li vediamo impacciati, eppure disperatamente cercano di eliminare la loro solitudine. Nel corso di tutta la pellicola il tema di sottofondo è proprio la solitudine, vista come parte essenziale della vita in futuro, eppure tenacemente combattuta, come dimostrano i sei replicanti, uniti nell’essere famiglia per poter trovare un modo per vivere ancora; la loro tenacia nel non voler morire, nel non svanire “come lacrime nella pioggia” colpisce lo spettatore, nonostante i mezzi violenti e senza scrupoli che attuano per raggiungere il loro scopo è difficile condannarli senza scusanti, spesso è più facile comprendere la loro condizione che non quella del cacciatore che li bracca. Queste sensazioni, questi stati d’animo ci vengono trasmessi da una magistrale colonna sonora, opera del compositore greco Vangelis, in grado di stimolare le giuste corde della nostra emotività in ogni scena, passando da musiche contaminate dall’elettronica a sonorità blues che accompagnango momenti estremamente emotivi.

[/vc_column_text][vc_custom_heading text=”Ritirare un androide non è mai un’operazione semplice.” font_container=”tag:p|font_size:14|text_align:center|color:%23dd3333″ google_fonts=”font_family:Roboto%20Slab%3A100%2C300%2Cregular%2C700|font_style:400%20regular%3A400%3Anormal”][vc_single_image image=”9276″ img_size=”full” alignment=”center” onclick=”img_link_large”][vc_column_text]

Scott non era sicuro di come avrebbe chiuso il film, e creò ben tre finali alternativi, rilasciati poi in altrettante versioni della pellicola; il mio consiglio è di reperire tutti finali, per poi scegliere come immaginiamo si sia conclusa la vicenda. Ma fate attenzione! Si vocifera ormai da tempo che Scott sia pronto a dirigere un seguito di Blade Runner, e forse verrà scelta definitivamente quale sia il finale reale.

Personalmente ritengo Blade Runner non un film di fantascienza, ma IL film di fantascienza per antonomasia; tutti i temi cari della sci-fi vengono affrontati, anche se alcuni solo marginalmente, e molte sfaccettature della trama strizzano l’occhio ad altri generi, quasi sempre incarnati da Deckar, molto più simile a un Marlowe futuristico che all’ideale di uomo del futuro che possiamo immaginarci.

Blade Runner è un film che va visto, gustato e rivisto, alla caccia dei quei piccoli dettagli che possono sfuggirci ad una prima visione.

Ma ora, preparate il pop corn, spegnete il telefono e buona visione!

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  • USCITA: 1982
  • REGIA: Ridley Scott
  • GENERE: Fantascienza
  • DURATA: 117 Min.

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