Diretto da Denzel Washington e sceneggiato da August Wilson, Barriere è un film che ci narra la storia di Troy Maxson, uno spazzino 53enne di Pittsburgh di metà Novecento, Troy nei suoi primi anni, era una giovane promessa del baseball. Quando le squadre importanti hanno iniziato ad ammettere in squadra giocatori di colore ormai era troppo vecchio. Lo spirito di Troy si corrode dentro a causa di questo sogno di gloria infranto, vede barriere ovunque. Prova nonostante tutto ad essere un buon padre fino a che un giorno prende una decisione che potrebbe distruggere la sua famiglia per sempre.
Mi ci è voluto un po’ per raccogliere tutti i miei pensieri dopo essere uscito fuori dal cinema. Questo studio particolarmente acuto di un uomo la cui vita gli scivola dalle mani non è un semplice melodramma. Denzel e Viola Davis hanno messo in scena due incredibili performance da Oscar, e dietro la scrittura dei dialoghi c’è decisamente del genio.
Questi fattori positivi mi hanno ancora più diviso circa la valutazione del film nel suo complesso, perché non si percepiva come un film. Mi spiego meglio, essendo basato su un’ opera teatrale, sembrava un’ opera teatrale che stava cercando di essere un film, ma ha finito per rimanere bloccato in un luogo scomodo nel mezzo. Il film poi è decisamente troppo lungo: 2 ore e 20 minuti, dove all’inizio soprattutto ci sono un sacco di dialoghi che avrebbero dovuto essere tagliati.
BARRIERE È SOPRATTUTTO UN FILM VETRINA PER GLI ATTORI
Il film si regge completamente sulle prestazioni, Washington accende lo schermo con la travolgente forza della sua prestazione, la sua è pura forza vulcanica recitativa. I personaggi sono ben stratificati con una storia piena e potenti conflitti generazionali. Ogni attore ha il proprio momento per brillare e fare un ottimo lavoro sotto la regia di Washington. Resta il fatto che se non fosse per Denzel Washingtone e la Davis, non ci sarebbe molto da lodare.