Quando si tratta di leggere il nome “Rumiko Takahashi” è difficile non riportare alla mente i ricordi di molte sue opere, arrivate al successo in Italia soprattutto grazie agli ottimi adattamenti televisivi. Quella che è a tutti gli effetti considerata “La Principessa dei Manga” è stata infatti la mente (e soprattutto il pennino) dietro il successo di marchi di ampio richiamo mediatico, sia in Giappone che nel Bel Paese.
La sensei Takahashi è stata infatti in grado di parlare a più generazioni di lettori senza fare distinzioni di sesso o estrazione sociale: i più attempati la ricorderanno per la commedia sexy con elementi sci-fi Urusei Yatsura, meglio nota in Italia col nome di Lamù, oppure per la storia di ordinaria quotidianità raccontata nello struggente Maison Ikkoku, arrivato sui palinsesti televisivi nostrano con il nome di “Cara, dolce Kyoko”. Gli anni ’90 sono invece stati dominati dalla rivoluzione di Ranma 1/2, un vero e proprio esercizio di stile, basato sul canovaccio del linguaggio shonen, capace di mescolare combattimenti di arti marziali, commedia, fan service e un’umana sensibilità che traspare oggi, come allora, da ogni singola tavola della lunga serie manga. E poi, ovviamente, è difficile non citare il grande successo di Inuyasha all’inizio degli anni 2000, il cui adattamento televisivo fu per anni uno dei cavalli di battaglia della mai-troppo-compianta “Anime Night” di MTV e della scuderia dei prodotti d’animazione portati in Italia dall’etichetta bolognese Dynit.
A distanza di tempo, insomma, Rumiko Takahashi è riuscita a parlare a più generazioni senza mai scrollarsi di dosso tutte le buone critiche da sempre caratterizzano le sue opere, veri e propri portali su mondi così simili alla quotidianità giapponese, eppure magici e abitati da personaggi talmente iconici da aver portato il suo operato a battere ogni record di incassi sia in patria che all’estero. Se sul finire del 2020 possiamo buttarci sulla sua nuova, grande opera, in arrivo in Italia grazie a Star Comics (qui la nostra recensione di Mao) è anche giusto riscoprire un lato dell’autrice forse meno noto ai meno attenti, o semplicemente a coloro che hanno seguito la “creativa del Sol Levante” solamente in occasione delle sue più note serializzazioni.
Una cosa è certa: Rumiko Takahashi è un’ottima autrice anche allontanata dal ritmo scanzonato e schizofrenico delle sue opere corali più note e amate dal grande pubblico. “A Cena con la Strega” è uno degli esempi lampanti di ciò che ho appena affermato: trattasi di una raccolta di sei storie brevi che trattano tematiche ben lontane dal linguaggio “urlato” tipico delle sue produzioni più blasonate, prendendosi tutto il tempo di tratteggiare con la dovuta chiarezza alcuni lati della quotidianità di protagonisti maschili e attempati, intrappolati e confusi sulla soglia dell’anziana età.
L’abilità di questa autrice non si misura solamente dal rinnovato dettaglio di uno stile grafico versatile, seppur riconoscibilissimo, né dalla sua capacità di orchestrare situazioni di ordinaria quotidianità mescolando il realistico all’assurdo: il segreto sta tutto nella scrittura. Rumiko Takahashi ci parla in tutta schiettezza di persone ormai giunte ad un’età tale per cui la disillusione non può che fare spazio all’alienamento, la monotonia, all’incapacità di trovare un proprio spazio in una società che non sa che farsene di te se non sei più riconosciuto come un membro attivo della macchina capitalistica. Le avventure di questi anziani salary-man, o ex-tali, sono unite assieme dal filo rosso della figura femmile, qui esplorata con estrema franchezza e senza alcun timore di essere irriverenti. L’opera di Rumiko Takahashi destinata a noi da Star Comics è un affresco molto schietto di un presente che deve fare i conti con i limiti che la realtà ci pone davanti, spesso infrangendo le illusioni e i sogni di gioventù che fino a quel momento pensavamo muovessero tutti i nostri passi.
Si tratta, insomma, di una raccolta di racconti che sa mischiare humour e serietà, senza mancare di spiegare al lettore il punto di vista degli eterni “Lui” e “Lei”, uomini e donne che rifuggono alla vecchiaia, o che semplicemente accettano i propri errori di gioventù guardando al futuro col sorriso. C’è tanta, tanta umanità in ognuno dei sei racconti che compongono l’opera, ed è molto semplice lasciarsi trascinare dalla semplice, eppure efficace sceneggiatura di ognuno di questi. Storie di “straordinaria” quotidianità, se vogliamo. Senza tabù e perbenismi: gli eroi e le eroine di “A Cena con la Strega” sapranno sicuramente arrivarvi al cuore proprio per la loro inattacabile onestà e, francamente, non posso fare altro che consigliarvi la lettura di questo volume proprio in virtù di una riscoperta che, secondo il parere di chi scrive, dovrebbe essere essenziale: separare questa autrice dai suoi arcinoti universi folkloristici per fare la conoscenza di una schietta e abile narratrice che dimostra di non aver bisogno di rodati mezzucci narrativi e frasi fatte per poter parlare al cuore dei suoi lettori.