Uncharted è uno di quei film che, fino all’ultimo, non sai mai se si avvicinerà ad essere una copia mal fatta di Indiana Jones, una versione giovanile ed attualizzata dello stesso brand, una via di mezzo, o una cosa completamente nuova. Ecco, Uncharted è più sullo stile di National Treasure, conosciuto da noi come il Mistero dei Templari, ma con la stessa fotografia di Relic Hunter.
Per parlare in maniera approfondita di questo film, occorre analizzare in maniera breve ed analitica quello che è successo negli ultimi anni nel cinema internazionale però:
Tom Holland, che si può definire un buon Peter Parker, è un Nathan Drake convincente? Come protagonista di Uncharted si può considerare effettivamente convincente, ma il contesto non è molto differente da quello di Spiderman: ragazzo orfano, che perde anche la figura del fratello, trova il suo mentore che non è Tony Stark ma Sully, solo che invece di avere una crush immensa, è necessario fare un percorso incentrato sulla fiducia.
Ed ecco qua che la prima pecca del film spunta in maniera continuativa, ossia il perenne pensiero che da un momento all’altro qualcuno tradirà qualcuno per delle motivazioni debolissime, tant’è che proprio sul finale (attenzione, due scene dopo i titoli di coda) la morale sarà proprio il discorso sulla fiducia guadagnata. Nulla di nuovo né di originale.
Altro discorso, sempre in merito a Tom Holland, è proprio la presenza di Peter Parker all’interno di Uncharted: è normale che ci siano dei riferimenti, e chiaramente non parlo degli easter eggs (a tal proposito, troverete diversi easter carini, mentre altri un po’ cringe) ma proprio della messa in scena, poiché qui abbiamo un Nathan Drake che corre, salta, si arrampica, fa parkour, capriole, usa le liane, e quindi si nota l’influenza MCU in questo film, anche se abbiamo meno humor inutile, ma non sempre funzionante in ogni caso.
Il contorno funziona? Dunque, è chiaro che Uncharted sia un film Tomhollandcentrico, ora andiamo a vedere insieme come e quanto sia funzionale tutto il contorno: Le scene d’azione sono stupende, e tutte le coreografie sono chiaramente ben studiate, tant’è che la prima scena che troverete, in cui Nathan cade da questo aereo cargo, fa venire letteralmente le vertigini. Quindi, da questo punto di vista, non possiamo lamentarci, e tali scene vengono ben accompagnate da una buona colonna sonora, non memorabile nella maniera più assoluta, ma in ogni caso funzionale alle scene.
I comprimari? Ecco, i comprimari sono lievemente problematici. Da una parte abbiamo, ad esempio, Tati Gabrielle che interpreta Braddock. Ora, lei è del ’96, e per metà film ci sorbiamo le battute con Sully/Wahlberg, che potrebbe essere il padre, su un loro passato burrascoso, e tralasciando che il personaggio non è assolutamente approfondito se non per un “mio padre ha detto sta cosa di cui non frega niente a nessuno“, non sappiamo nulla di lei o delle sue motivazioni, se non che lavora per soldi e basta. Ora, vorrei seriamente conoscere il passato burrascoso di una ninja assassina di 25 anni, forse ha litigato con qualcuno su Tiktok e Sully l’ha consolata, ma in ogni caso, la sua presenza è utile ai fini della trama? Sì, ma potevo starci anche io al posto suo. I suoi pregi sono sicuramente la bravura dell’attrice, che da Sabrina ha sempre mostrato grandissime capacità, e la presenza di due minions comprimari interessanti: uno inutile, l’altro simpatico perché, almeno in lingua italiana, parla in maniera arcaica. Sempre per rifarci all’MCU, parleremmo di Shakespeare in gonnella, ma senza gonnella.
Antonio Banderas molto carino invece, perché vorresti abbracciarlo e dirgli “no dai, sei un deficiente” ma alla fine serve alla trama, nonostante le sue motivazioni siano particolarmente sentite per noi, è letteralmente Umberto Filiberto di Savoia, ma senza aver partecipato a Sanremo con Pupo.
Di Sully bene o male ne abbiamo già parlato, chiaramente Mark è un bravo attore, e si sente a suo agio nel ruolo, che ancora non è quello da mentore, ma più da simpatico truffatore, anche perché nell’universo cinematografico di Uncharted non ci vengono date diverse informazioni: cercate i tesori, ma poi? Campate della fama legata al ritrovamento? Vendete al mercato nero? Come vivete? Sono tutte informazioni che una persona dovrebbe conoscere, al fine di entrare meglio nel mood dell’universo, considerando che avrà un seguito molto sicuramente.
Ed ecco il punto saliente, funziona la trasposizione cinematografica di un videogioco questa volta? La risposta è affermativa, perché al netto di qualche imperfezione sulla scrittura, è un film d’azione altamente godibile (nel mentre vi scrivo la sinossi da wikipedia che mi fa un sacco ridere “Nathan Drake, giovane forte e bello parte con Sullivan alla ricerca di un tesoro e del fratello di Nathan, scomparso da tempo“) anche se non è sicuramente il miglior film di Ruben Fleischer, ancora ancorato a Zombieland, mentre un brand di questo tipo dovrebbe focalizzarsi molto più sull’azione e l’esplorazione, lasciando stare tutti i discorsi sulla fiducia ed il doppio gioco, anche perché in questo film ogni passo offerto da un mistero che poi viene risolto, e ci sta, ma la messa in opera, come detto in apertura, ricorda molto di più la saga di Nicholas Cage, quando invece dovrebbero rubare di più ad Harrison Ford.
Però, se vi piacciono i Buddy Movie, i misteri, la storia, ed i forzieri, è il film che fa per voi, considerando che a molti potrebbe sembrare una imitazione di Tomb Rider. Ma ha anche cose positive, per esempio non è stato scritto da Phoebe Waller-Bridge.