Dopo un periodo di silenzio durato dal 2011 al 2016, si sente sempre più spesso parlare dei Gorillaz, progetto musicale animato di Damon Albarn e Jamie Hewlett che recentemente sembra entrato in una nuova golden age. La band infatti non è mai stata così attiva e prolifica come negli ultimi quattro anni, arco temporale connotato dalla pubblicazione di tre album, dodici video musicali animati e un documentario. In questo lasso di tempo, Damon Albarn e Jamie Hewlett sono stati fedeli a quello che per loro è il punto cardine del progetto: divertirsi sperimentando sempre qualcosa di diverso.
Humanz (2017), The Now Now (2018), Song Machine, Season One: Strange Timez (2020) sono tre album estremamente diversi in struttura, produzione e approccio sia al lato musicale, sia al lato animato del progetto. In queste varie fasi, susseguitesi a stretto giro, Albarn non ha smesso né di giocare con generi musicali sempre diversi, né di collaborare con artisti nuovi e leggende del passato; nel frattempo Hewlett ha sviluppato tre stili grafici diversi, ciascuno dei quali contraddistingue il rispettivo album. Molto particolare è il più recente progetto Song Machine, che ha permesso alla band animata di trovare, sotto diversi aspetti, la propria armonia.
Song Machine è essenzialmente la nuova fase in cui Albarn e Hewlett hanno portato i Gorillaz. Il progetto si sviluppa strutturalmente come una serie tv, quindi un format episodico, ma cadenza mensile (o quasi). Ogni episodio consiste in un nuovo video musicale, la cui costante è ospitare musicisti e cantanti diversi in ciascuno di essi. Il tutto si corona, a fine serie, con una raccolta dei suddetti singoli. È radicale quindi il cambiamento rispetto al modus operandi passato della band, che seguiva il classico iter che molti artisti percorrono: video musicale con singolo di annuncio dell’album, pubblicazione dell’album e video musicali postumi. Sentiero che, tra l’altro, risultava particolarmente tedioso per i Gorillaz visto che ogni video musicale deve essere animato e come molti sapranno l’animazione richiede tanto tempo e un budget abbondante. La conseguenza di tutto ciò era una: il video usciva oltre il normale lifespan di un album, periodo che si sta sempre più accorciando nel mercato musicale contemporaneo.
Come hanno risposto i Gorillaz a questa problematica? Finalmente indipendenti da vincoli discografici, Albarn e Hewlett hanno deciso di sfruttare un modello produttivo che permetta al lato animato del progetto di poter lavorare con tranquillità, senza paura di dover spendere mesi per qualcosa che rischi di risultare musicalmente obsoleto al momento della pubblicazione. Ciò ha portato a Song Machine e infatti da Gennaio 2020 viene pubblicato un nuovo episodio della “serie” sul canale YouTube della band animata. Questa libertà da imposizioni discografiche ha permesso a Song Machine di essere un progetto in continuo divenire, senza una meta precisa. Lo stesso Albarn conferma la natura di questa nuova fase nelle varie interviste promozionali dell’album contenente la prima stagione di Song Machine, denominata Strange Timez.
“È stato come iniziare qualcosa che non sai come andrà a finire. Come costruire un puzzle senza conoscere l’immagine che ne verrà fuori una volta completato.” riferisce Albarn al giornale austriaco Oberösterreichische Volksblatt. Questa lavorazione tutt’altro che pianificata è evidente anche perché, sempre a detta del musicista in varie interviste, la maggior parte delle canzoni che figurano in questa prima stagione di Song Machine sono state concluse durante il lockdown e quindi a breve distanza dalla pubblicazione del rispettivo video musicale. Ovviamente ciò ha comportato una lavorazione a distanza con i vari “ospiti” della serie, un esempio in merito è la stessa Strange Timez, singolo che dà il nome alla prima stagione e a cui ha collaborato Robert Smith dei The Cure.
Anche l’idea di raccogliere i singoli e alcuni inediti in un’album, che forse sarebbe meglio chiamare collection, è una decisione presa all’improvviso, senza un programmazione pregressa. A tal proposito Albarn ha rivelato, in un’intervista a BBC Radio 6, che è stato un suo fidato collaboratore tecnico a proporre l’idea, questa estate, di una raccolta di tutti i singoli. L’assenza di un piano per la pubblicazione dell’album, la si evince anche seguendo la vendita del mechandise. Non era infatti previsto alcun LP, ma semplicemente un almanacco contente anche un cd sample con solo alcuni dei singoli. Insomma, fino all’annuncio dell’album ad inizio settembre, l’almanacco era l’unico modo per ottenere un qualcosa di fisico relativo agli episodi della prima stagione di Song Machine.
Tutta questa assenza di pianificazione è dovuta al fatto che, come già detto, i Gorillaz non sono più legati ad alcun vincolo contrattuale con case discografiche, si appoggiano semplicemente a Warner per la promozione e la distribuzione, ma la produzione delle tracce musicali e dei video è indipendente. Sono Albarn e Hewlett a spesare il loro progetto. A ciò si aggiunge che Hewlett, oltre a continuare ad essere l’unico illustratore della band, nonché regista e disegnatore dei key frame dei vari video animati, è diventato anche il montatore degli stessi. Fortunatamente le animazione sono eseguite da uno studio ingaggiato dallo stesso Hewlett (The Line Animation), ma anche in questo caso gli animatori che effettivamente lavorano ai video si possono contare sulle dita di una mano.
Ciò ovviamente porta le animazioni a mancare, sporadicamente, di qualche frame oppure nella ripetizione di alcune animazioni nel corso dello stesso video. Detto ciò, è comunque encomiabile come, con così poca forza lavoro, Song Machine abbia tenuto un ritmo così serrato durante tutto il 2020, portando a compimento ben otto video animati di una certa qualità, in dieci mesi. Seppur, anche qui, il Covid-19 ci ha messo lo zampino e ha ritardato la produzione degli ultimi video che arriveranno entro la fine dell’anno. Detto ciò, la già citata indipendenza del progetto ha giovato alla libertà creativa che Hewlett ha potuto esprimere nei vari video, presentando i personaggi sempre in vesti e situazioni diverse, permettendogli di sperimentare sempre qualcosa di nuove di episodio in episodio.
Lo stesso poi si può dire della musica. Difficilmente ho letto e visto Albarn, nelle varie interviste e video interviste, così soddisfatto di un proprio progetto, ma soprattutto così desideroso di continuare senza una meta a produrre musica in questo modo. Libero dei limiti richiesti dalla produzione di un album, senza quindi dover creare una narrativa di fondo che leghi tutte le tracce, Albarn si è sbizzarrito con generi sempre più diversi. Quest’ultima, se vogliamo, è sempre stata una caratteristica dei Gorillaz: ogni album è composto da tracce appartenenti a generi molto diversi tra loro, ma comunque vi era sempre una coesione tematica.
In Song Machine non vi è un filo che lega i vari singoli, ogni traccia viene prodotta senza pensare alle precedenti. Albarn stesso ha rivelato di aver evitato appositamente che i vari collaboratori ascoltassero le altre tracce del progetto, impedendo un qualsiasi tipo di influenza tra un singolo e l’altro. Tale intento deve aver avuto successo, poiché non serve che ascoltare anche due tracce a caso di Song Machine, Season One: Strange Timez per notare quanto questa raccolta sia diversificata sotto ogni aspetto. Ad esempio in Momentary Bliss vi è una coesione tra punk e pop, Aries invece sembra uscita fuori da un album dei New Order. La più esemplificativa, però è sicuramente Opium, una traccia che cambia man mano che va avanti, che stupisce l’ascoltatore più volte con tinte di elettronica e hip-pop.
Oltre a ciò, Song Machine ha anche portato ad un nuovo modo in cui la band si relaziona col pubblico e con la stampa. Alcuni sapranno che uno dei motivi che ha spinto Albarn alla creazione della virtual band è stato quello di evitare di fare interviste. Ciò portò Hewlett e vari sceneggiatori del progetto a scrivere numerose interviste dalla prospettiva dei personaggi. Jamie Hewlett ha sempre voluto che questi personaggi fossero reali e per esserlo non bastava che si muovessero nei vari videoclip, ma che parlassero, che avessero dei caratteri propri. In un’intervista di diversi anni fa, Hewlett dichiarò: “Liam Gallagher, durante una conferenza stampa, affermò ‘i Gorillaz sono per bambini, una fottuta band per bambini’. Ho pensato che quella fosse la cosa più figa detta riguardo al progetto, perché volevo che fosse per bambini, dagli 8 ai 15 anni in particolare, perché sono quelli a cui non importa chi c’è dietro. Non pensano a me e Damon, pensano ai Gorillaz e vedono la cosa nel modo in cui dovrebbe essere.”.
Senza dubbio la cosa ha funzionato finemente per i primi anni di operato della band, perché molti bambini hanno scoperto i Gorillaz su MTV nei primi anni 2000, senza sapere chi fosse Albarn o Hewlett, senza porsi il dubbio che dietro a quei personaggi ci fossero delle altre persone. Ovviamente queste generazioni sono attualmente cresciute, arrivando a 20-30 anni ed è naturale che quella sospensione dell’incredulità sussistente in passato, sia ormai venuta meno. Tuttavia questo non vuol dire che i fan abbiano messo in secondo piano il lato fittizio del progetto. Jamie Hewlett è a conoscenza di questo cambiamento e proprio con Song Machine sembra averlo finalmente abbracciato, senza il timore che 2-D, Murdoc, Russel e Noodle finiscano nel dimenticatoio. Non c’è da preoccuparsi, quindi, che siano sempre di più le interviste delle due menti dietro al progetto, rispetto a quelle dei personaggi: Jamie e Damon non sono diventati gli unici membri della band, ma si sono aggiunti alla band composta dai personaggi animati, alla cosiddetta Gorillaz Family.
È chiaro quindi che l’intero progetto Gorillaz ha preso nuova vita con Song Machine, sotto tanti aspetti. Non sembra assurdo parlare, però, di un ritorno al passato, al primissimo album. Seppur infatti l’approccio al progetto è cambiato in diverse dinamiche, l’entusiasmo e la voglia di sperimentare e divertirsi sembra essere tornata a quel primo periodo dei Gorillaz. Tutto ciò pare destinato a durare per un bel po’ di tempo, infatti Song Machine non si ferma qui: è già in programma una seconda stagione, pronta a partire nei primi mesi del 2021, oltre alla lavorazione di un film animato per Netflix che (si spera, questa volta) possa vedere la luce nei prossimi anni.