Ci sono personaggi dei fumetti che sono come parte della nostra famiglia, ci accompagnano da sempre e ci hanno aiutato a crescere con le loro avventure, a volte anche tramite alcune frasi diventate leggenda (chi non ha mai sentito che “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”); nel mio caso, data la fortuna dilapidata nei comics Marvel, ho solo che l’imbarazzo della scelta, ma un posto speciale nel mio cuore lo hanno i Fantastici Quattro, se non altro perchè il primo albo della Casa delle Idee che ricordo è proprio una storia del quartetto, quando ancora in Italia erano esclusiva della Editoriale Corno.
Capirete, quindi, come ho vissuto questi ultimi mesi che hanno preceduto il loro ritorno sul grande schermo.
Lasciatemi premettere che sono uno di quei puristi, fanatici e bigotti che pretenderebbero la fedeltà al fumetto ad ogni costo, pronti a sparare a zero sul regista che osa anche solo cambiare una virgola dal personaggio; è la mia parte passionale, quella che non vorrebbe cambiare nulla ai propri beniamini, ma che ultimamente sta lasciando spazio ad una natura più razionale, che accetta dei necessari compromessi per rendere personaggi con parecchi decenni di carriera alle spalle più moderni ed accattivante per le nuove generazioni.
Nel caso dei Fantastici Quattro ho cercato di far prevalere la parte meno emotiva, evitando di farmi prendere da crisi epilettiche leggendo le news sul work in progress di Josh Trank; la scelta del regista poteva anche essere vincente, il suo Chronicle è un piccolo cult movie supereroistico, nuovo e innovativo, dotato di una nuova chiave di lettura che sarebbe potuta adattarsi bene anche al mito della famiglia Richards.
Poi però iniziano a trapelare le prima voci sul cast. Tragedia. Mi tolgo subito il problema dell’accusa di razzismo e lo dico chiaramente: la Torcia Umana nera è improponibile! Al di là dell’abuso della mania del politcally correct, non si può snaturare così l’etnia di un personaggio, sbilanciando oltretutto l’assetto familiare di un’intera saga, visto che Susan e Johnny sono fratelli di sangue (tema che nel lore dei Fantastici Quattro avrà spesso una grande importanza); non è razzismo, è semplicemente un rispetto che sceneggiatori e regista devono sia al personaggio che ai lettori (se state per citare Samuel Jackson e il suo Nick Fury, permettetemi di ricordavi che si ispira al Nick dell’universo Ultimate, a sua volta nato come omaggio al carisma dell’attore afroamericano).
L’esempio del Johnny Storm di colore è l’emblema di cosa non funziona nel film dei Fantastici Quattro: sono i personaggi!
Per non parlare di Reed Richards, il cervellone del gruppo. È lui il responsabile scientifico del famoso viaggio spaziale che causa la mutazione dei suoi amici, lui che ha quell’aria da scienziato serio ed affidabile, con quella spruzzata di bianco nei capelli che sono il suo tratto distintivo; la coscienza di Reed è sempre sotto pressione, tra il senso di colpa per l’accaduto (specialmente a Ben) e la sua missione di sfruttare al meglio le proprie capacità intellettuali. Ci vorrebbe un attore come George Clooney (che invece ha fatto Batman, ma porc…), e invece prendono Miles Teller, attore con l’espressione meno geniale che si possa immaginare; per tutto il film cerco una scintilla di genialità in quello sguardo, e invece mi ritrovo un Reed che pare esser li per caso, non un genio ma una matricola che sta giocando con la scienza come fosse il piccolo chimico! Il primo superpotere di Reed è la sua intelligenza, non si può privare un personaggio delle caratteristiche che lo rendono tale senza ammazzarlo (ma ve lo immaginate Xavier che non legge la mente? Trank si, secondo me); ma alla Fox hanno fatto di più, hanno compiuto un massacro! Per chi non lo sapesse, uno dei soprannomi con cui Ben chiama Reed è Gommolo, data la sua mutazione che ha reso il suo corpo estremamente elastico; ebbene, giusto per non salvare nulla del film, in Fantastici Quattro Reed Richard non ha questo potere! In compenso è venuto a me, dovreste vedere come mi è cascata la mascella nel vedere quest’eresia; non è possibile svilire così un personaggio, massacrarlo e poi sorprendersi se il pubblico non gradisce!
E chi è la nemesi storica di Reed Richard? Esatto, Victor von Doom, il Dottor Destino, una mente geniale, prigioniera di un corpo sfigurato, che cerca di sconfiggere l’odiato Mister Fantastic in ogni modo, dal suo rifugio nel natio paese di Latveria; Destino è un personaggio complesso, impossibile da odiare, un villain borderline che spesso stupisce nelle sue azioni, pronto a tutto per il proprio paese. Nella sua nuova incarnazione è un insulto; il vero Destino non avrebbe mai condiviso la propria gloria con nessuno, qui invece sceglie di condividere la sua scoperta con Richards e perfino con lo sconosciuto Ben appena incontrato, e soprattutto mai avrebbe piantato una bandiera americana!! Dov’è il carisma di Victor? Dov’è il suo background, il motivo che lo spinge ad essere Destino?
Ma il meglio arriva ora!! Se nella storia originale Susan Storm partecipava al viaggio spaziale, in questa nuova versione delle origini dei Fantastici Quattro, la Donna Invisibile diventa tale solo a causa dell’esplosione del viaggio di ritorno dei suoi amici. Ora io mi chiedo, se hai una storia già ben ideata, con delle linee precise, è così difficile da seguire? Devi proprio snaturare così a fondo un mito per ottenere cosa? Una copia così scadente che sarebbe un complimento definirla plagio, ecco cosa si ottiene!
Il dramma di questa porcata ( sì, ho proprio detto porcata!) di film è una trama noiosa, che puzza di già visto e rivisto, priva di spunti interessanti, che inserisce i personaggio alla bene e meglio per farli incontrare molto avanti nella storia, togliendo quindi la possibilità di farli interagire come dovrebbero; iFantastici Quattro sono diventati quattro patetici idioti, è stata introdotta la Zona Negativa senza aver idea di che importanza abbia rivestito nella storia editoriale Marvel, e soprattutto quale impatto avesse nel rapporto fra Reed e Susan. Merita una citazione il combattimento finale, una scena indegna e che riesce a vincere il premio per il peggior scontro finale della storia del cinema.
Il vero allarme del dramma incombente su questa pellicola sta nel rifiuto della Fox di coinvolgere nel progetto Stan Lee, consci del fatto che il Generalissimo avrebbe stroncato una schifezza simile fin dall’inizio; questo insulto di pellicola è un prodotto raffazzonato nato dall’esigenza della Fox di sfruttare ancora una volta il marchio dei Fantastici Quattro prima che i diritti tornino alla Marvel.
È stato imbarazzante anche assistere al siparietto tra Trank e la Fox su chi fosse il responsabile di questo aborto, uno scambio di accuse via Twitter che sembrava più simile ad una fuga dalla proprie responsabilità che non una difesa del lavoro svolto; la colpa di questo fallimento è imputabile a tutti, al regista perchè non ha saputo minimamente cogliere lo spirito alla base dei Fantastici Quattro (una famiglia di esploratori) e alla Fox che non ha saputo controllare con piglio il lavoro svolto.
Sia la Fox che Josh Trank hanno insultato gli spettatori, ma soprattutto hanno deriso i fan dei Fantastici Quattro, violentando il mito dei quattro esploratori e presentandoli sotto una luce che anziché esaltarne le doti ne ha completamente annullato l’identità.
Se amate i cinecomic potete guardare questo film per avere un’idea di come non si debba girare un film superoistico; se amate la famiglia Richards non dovete assolutamente guardare questo film, ma indicarlo come il più grosso insulto fatto alla vostra passione, e al mondo dei fumetti in generale.