Ci sono serie televisive che non ti fanno dormire la notte dalla curiosità, puntate divorate una dopo l’altra. Come un film lunghissimo, stagioni, episodi, avvinti dalla brama di sapere cosa accadrà. Ci sono serie televisive in cui le sceneggiature sono geniali e i dialoghi lasciano spazio a riflessioni intense e magari dopo trenta episodi scopri che stai guardando dieci personaggi e quattro ambienti, ma il ritmo regge e non ti stancano, vedi Mad Man o Downton Abbey. Ci sono serie che guardi sperando che non finiscano mai e purtroppo arriva l’ultima puntata come Stranger Things, appena ho visto l’ultima puntata sapevo già dentro di me che una serie così bella mi sarebbe capitata fra parecchi anni. E poi ci sono serie come Hap e Leonard che hanno qualche buon attore e qualche buon spunto; una colona sonora piacevole anche se forzata come quasi tutti le colonne sonore troppo eccessive e ricercate (negli ultimi 5 anni le colonne sonore sono diventate invadenti); azione e contraddizione, velocità e gag simpatiche ma poco costrutto e trovate poco divertenti. Insomma uno spettacolo da 0 a 0 in casa.
Hap e Leonard sono due amici, un bianco e un nero (Chuck di Boardwalk Empire,M.K. William) che vivono lontano dalla città in USA. Sono amici per la pelle e legati fin da bambini ad un destino infame che si evincerà in alcuni flashback durante le ultime puntate. Sono solo sei puntate(meno male) e succede un po’ di tutto.
Fase A: le prime due puntate sono piacevoli e a sprazzi convincenti, presentazione personaggi e antefatto direi, bene. Ritmo frizzante da situazione divertente/esilarante, scopiazzando Cohen di Fargo e protagonisti lenti e pacifici stile Big Lebowski. Entra in scena anche l’ex moglie di Hap la formosa Trudy (Mary di Mad Man, C. Hendricks) che offre ai due un business. Leonard la odia perché ha mollato Hap quando era in carcere e sa che Hap cadrà ai suoi piedi e lei lo ri-tradirà. Insomma scintille e gelosie in cui si scopre che Leonard è omosessuale.
HAP & LEONARD NON RIESCE A COGLIERE L’ESSENZA DEI LIBRI DI LANSDALE
Fase B: entrano in campo altri personaggi: hippy e killer, ex bombaroli e psicopatici. Si ritorna a parlare così dell’incipit di tutto: uno rapina in banca di molti anni addietro terminata con un auto in fondo ad un piccolo affluente introvabile. Il capo degli hippy è Howard ed è il nuovo compagno di Trudy. Lei sa che l’unico che può trovare il canale, l’auto affondata e i soldi è Hap, ovviamente con l’aiuto di Leonard. Nel contempo compaiano una coppia di killer che cercano il socio di Howard e intanto uccidano chi incontrano. Lei è alta, vestita di pelle e attillata, con perizoma a vista, silente e braccio destro del suo uomo e capo, fortemente somigliante a Christian Slater. Insomma lattice e perizoma lei, lui parlantina e pistola una stile Tarantino e Cohen, ma senza talento che si avvicina di più ai cattivi di “Nati con la Camicia” con Bud spencer e Terence Hill.
Fase C: l’apoteosi della rottura di palle, caccia a i soldi e poi spartizioni, torture, minacce e dialoghi stupidi, cattivi sfigati, protagonisti nulli, sceneggiatura che fa acqua da tutte le parti, un unico desiderio: speriamo che finisca alla svelta. E invece no!!! Genitori morti e vittima della corruzione, balestre e pallottole, sangue e ferite, negoziazioni senza senso. Due puntate(le ultime) completamente nulle e senza senso.
Mi collego al titolo: non tutte le ciambelle riescono col buco.
Manca un progetto d’insieme, dialoghi campati per aria e assemblati in un’unica traccia, personaggi deboli e mal caratterizzati, superficialità e banalità che fanno emergere le goffe scopiazzature. Dico tutto ciò con la delusione di chi alle prime due puntate sembrava convinto di aver davanti una bella serie. Il campanello d’allarme è l’ingresso in campo dei due killer che sembra veramente una stonatura prolungata senza motivo.