Dovrei avere imparato che leggendo Orfani ogni pagina ha il potere di colpire duro, di spezzare ogni idea e attimo di speranza con una violenza inaudita, invece ogni volta vengo preso alla sprovvista, appena penso che forse il mondo futuro ritratto nell’albo possa avere una qualche possibilità di happy ending, la storia si abbatte sulla mia illusione.
Terra: Seminare tempesta è il secondo albo della miniserie dai Mammucari Bros (supportati in questo casa da Giovanni Masi), iniziata con Dalla cenere, e ci riporta esattamente al punto in cui avevamo Cain e i suoi fuggitivi compagni.
CAIN, MAX E I LORO COMPAGNI CONTINUANO LA LORO FUGA VERSO LA SALVEZZA
Uno dei misteri insoluti del precedente capitolo era la presenza della ragazzina dai capelli rossi trovata nel deserto, priva del collare di controllare usato dallo Sceriffo. In Seminare tempesta scopriamo che la giovane Miranda ha trovato rifugio in una sorta di oasi nel deserto, ribattezzata dai fuggitivi profeticamente il giardino, e che ha disposizione un modo per abbandonare questa desolazione, dovendo però chiedere aiuto ai ragazzi di Cain per rimettere in funzione nientemeno che una barca!
Il vero fulcro di questo albo è però la cura e la profondità dei rapporti umani fra i diversi personaggi, in una combinazione in cui si cerca di mantenere una sorta di speranzosa anima fanciullesca nei protagonisti, specie nei meno duri di carattere, che viene puntualmente ridimensionata dai vari fattori che contraddistinguono la pericolosità della Terra futura. Sono però le scelte dei nostri protagonisti a rendere Seminare tempesta a donare tragicità all’albo; Max in particolare si trova a dover compiere una scelta tremenda, una decisione che sente come capo del gruppo ma che grava fortemente sulla sua anima. Ci sono scene all’interno di questo secondo numero che sono di una violenza incredibile, viene presentata anche la morte della speranza, la facilità con cui certe persone possano adeguarsi al vivere sotto un giogo spietato e assimilarne i dettami al punto da dimenticare per cosa lottare e diventare ingranaggi stessi di un meccanismo oppressivo, che fa della paura e della derivante devozione il punto di forza.
Nel costruire il ritmo della storia, i tre autori sono senza dubbio riusciti a creare un susseguirsi degli eventi che incalza il lettore, si crea una forte empatia tra chi sfoglia l’albo e i protagonisti, un legame che scaturisce non solo dai rari attimi di spensieratezza, ma anzi principalmente dalla durezza e dal patimento subito nella maggior parte delle tavole.
Luca Genovese semplicemente magistrale. Incaricato di dare una forma alla storia, con la sua matita riesce a dare corpo ai diversi spiriti dei protagonisti, li ritrae sempre in modo da trasmettere il loro stato d’animo, la loro sofferenza, ma sa anche ritrarre la loro speranza, l’ostinazione con cui inseguono il proprio obiettivo. In Seminare tempesta ci son due spettacolari tavole a doppia pagina, una che colpisce per il contrasto tra il deserto e il Giardino, l’altra per l’intensa carica emotiva della situazione; è quasi un peccato che il formato “bonelliano” dell’albo le separi, perché se già così sono strepitose, viste in corpo unico devono essere semplicemente sublimi.