DESIGNATED SURVIVOR stagione 1 – Recensione

condannato alla presidenza

18 Gen 2017

Ci sono attori che a volte associ automaticamente ad un ruolo, quel personaggio che hanno interpretato così bene per tanto tempo che ormai fatichi a scindere il nome di finzione dal volto reale dell’attore; per anni è successo a Sean Connery con il suo James Bond o a Leonard Nimoy con Spock, e per me era ormai difficile vedere Kiefer Sutherland e non pensare subito a Jack Bauer, l’agente segreto interpretato nella serie 24.

Eppure con l’arrivo su Netflix di Designated Survivor devo abituarmi a vedere Sutherland in un’ottica radicalmente diversa, lontana anni luce da Jack Bauer, ma comunque appassionante: quella di presidente americano!


QUANDO UN ATTENTATO SCONVOLGE L’AMERICA, UN UOMO VIENE INCARICATO DI GUIDARLA NEL SUO MOMENTO DI MASSIMA DISPERAZIONE!


Siamo decisamente lontani da un political drama del livello di West Wing o del più recente House of Cards, visto che la componente politica viene lasciata quasi in secondo piano rispetto alla più accattivante presenza di una trama a base di spionaggio, tradimenti e complotti.

Il serial prende il nome da una figura nata all’interno del corpo politico americano durante gli anni della Guerra Fredda; all’interno del gabinetto viene selezionato un componente (avente tutti i requisiti per essere eletto presidente) che, durante eventi in cui l’interno governo è riunito, viene tenuto in una località sicura sotto protezione, in modo da garantire la linea di successione alla presidenza in caso di attacco o di un evento catastrofico. Questo prescelto è il sucCessore designato, ovvero il Designated Survivor (a volte detto anche designated successor).

Davis Guggenheim prende spunto da questa oscura figura della politica americana, immaginando come durante il discorso sullo stato dell’Unione (evento politico che prevede la presenza totale del corpo politico americano nel Campidoglio) un attentato uccida tutti i presenti, mettendo la Casa Bianca nelle mani di Tom Kirkman, il sopravvissuto designato. La particolarità di questo Kirkman (Kiefer Sutherland) è che il Segretario della Casa e Sviluppo Urbano, una funzione secondaria all’interno del governo, ma soprattutto che la mattina stessa aveva appena saputo che, in virtù della sua scarsa adesione a certe politiche presidenziali, sarebbe stato allontanato dal suo incarico. L’attentato al Campidoglio sconvolge tutto.

Immaginate un uomo che vede i simboli della propria nazione andare in pezzi, il governo da cui stava per essere rimosso eliminato e che, all’improvviso, deve farsi carico di queste responsabilità in quanto unico sopravvissuto. Ci sono uomini che avrebbero la tempra necessaria, ma inizialmente Kirkman è schiacciato da questo peso, non sentendosi all’altezza e ben vedendo come nessuno abbia fiducia nelle sue capacità, tanto che non pochi chiedono le sue dimissioni. Fin dall’inizio, Kirkman deve far fronte ad una situazione estrema, con la nazione in ginocchio e in cerca di una guida, costretto a trovare consensi in primo luogo presso coloro che dovrebbero sostenerlo senza alcuna esitazione; ricreare una legislazione, dare una guida ad un paese sotto attacco e soprattutto trovare un colpevole per l’attacco sono le priorità di Kirkman.

Ma la ricerca della verità potrebbe essere un percorso irto di ostacoli; Washington e le sue stanze del potere non sono un luogo facile in cui vivere, i volti nascondono dietro dei sorrisi le vere intenzioni dei politici, spesso tramando trappole che scattano quando meno ce lo si aspetta. Il presidente Kirkman deve imparare rapidamente a come sopravvivere a tutto questo scenografico balletto, riuscendo a compiere il proprio dovere senza perdere il proprio bene più prezioso: sé stesso e la propria famiglia. Il rapporto con la moglie Alex (Natasha McElhone) è fondamentale, rappresenta la bussola morale di Kirkman, la voce della coscienza che ricorda al neo presidente gli impegni presi con la propria morale; in alcuni episodi questo scontro tra necessità e morale diventa appassionante, mette in discussione Kirkman come uomo prima che come presidente.

La vera forza di Designated Survivor è però l’indagine parallela sulla realtà dell’attacco al Campidoglio. La foga e la passione con cui l’agente Hannah Wells (Maggie Q) cerca di scoprire la verità, avanzando lentamente e ricostruendo quella che sembra una cospirazione incredibilmente complessa tiene incollato lo spettatore, specie con l’arrivo di un personaggio ambiguo come Peter McLeish, l’unico sopravvissuto all’attentato. Il parallelo che spesso viene fatto tra indagine e vita del presidente è un tocco di classe, una tensione narrativa costante mantenuta sui due temi principali della serie. Massima tensione nel momento in cui il presidente deve fronteggiare l’assemblea dei governatori, mentre un presunto terrorista viene interrogato dall’FBI; Kirkman e il prigioniero sono entrambi messi sulla graticola, entrambi costretti ad affrontare uno scontro che mira a piegarli, con una colonna sonora comune e riprese che rispecchiano l’uno la situazione dell’altro. Sono scelte di regia che aiutano a creare pathos, rendono un semplice serial un buon serial!

Al momento su Netflix Italia è disponibile la prima parte della prima stagione (10 episodi su 22), con l’ultimo aggiornamento fermo al 26 dicembre. Nel mercato americano già trapelano indiscrezioni sulla seconda stagione, il che lascia bene sperare sulla sorte di questo interessante serial!

CONCLUSIONI: Mettere alla guida del paese più potente del mondo l'uomo meno convinto di meritarlo è un'idea intrigante, specie se accompagnata da un'ottima struttura che inserisce un pò di political drama e tanto complottismo! Un Kiefer Sutherland in grande forma rende il tutto ancora più accattivante! APPASSIONANTE

VOTO FINALE: 7

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