Riprendersi dal finale dello scorso episodio di Sherlock, Le sei Tatcher, non è stato per niente facile, lo dico con ammirazione per gli sceneggiatori. Il finale della prima puntata di questa quarta stagione è stato forse il più intenso e sconvolgente dell’intero serial, un momento che, penso, nessuno si sarebbe mai aspettato. Possiamo parlarne ora, ma la morte di Mary Morstan Watson è stato un colpo al cuore; non ne ha solo patito il povero John, ma anche Sherlock ha dovuto fare fronte al suo fallimento, il peggiore di tutta la sua carriera. La perdita nel suo caso è doppia, non solo per sentirsi il responsabile del lutto in casa Watson, una morte che (forse?) era evitabile avesse ascoltato la stessa Mary, ma anche per l’aver perso l’unico uomo che ritenesse un amico. La conseguenza è una depressione, uno stato di isolamento in cui ora Sherlock sembra piombato a maggior ragione dopo l’ultimo messaggio di Mary: salva John Watson
SHERLOCK HOLMES IN PIENA AUTODISTRUZIONE ALLE PRESE CON UN SERIAL KILLER!
Il detective morente riprende la situazione di separazione tra Sherlock e John, mostrando la difficoltà di entrambi nell’affrontare la perdita. Se il medico cerca sembra non riuscire a superare la cosa, andando in analisi e continuando a dialogare con una proiezione di Mary nata dal proprio subconscio, non meglio se la passa il detective, che sembra ripiombato nella dipendenza da stupefacenti, in una forma ancora peggiore di quanto visto in precedenza. Ma trattandosi di Sherlock Holmes, cosa può esserci di meglio di un’indagine per riavvicinare i due amici? Il magnate Culverton Smith diventa il nemico della puntata, un pericoloso serial killer che Sherlock denuncia su Twitter, in uno slancio che apparentemente sembra dettata dall’abuso di droghe.
È una puntata tutta basata sulle apparenze, sul’inganno che silenzioso si incunea nella vita dei protagonisti, a cominciare dal titolo, che in originale ha una doppia valenza: The Lying detective. Tradotto come morente, lying può anche significare bugiardo, una parola che calza alla perfezione in questo episodio; per tutto il tempo non si capisce quanto Sherlock sia davvero vittima delle droghe (morente) o quanto abbia già programmato (bugiardo), se davvero si è arreso (morente) o se ogni mossa, ogni apparente crepa nella sua persona sia un artificio usato per arrivare allo scopo (bugiardo). La sofferenza di Sherlock appare sempre reale, specie quando entra in gioco Watson, ma il dubbio che tutto sia un piano rimane; specie nel finale, quando tutti i tasselli vanno al loro posto, quando il messaggio di Mary (salva John Watson) viene visto come il motivo per cui Sherlock imbastisce questa complicata giostra: John ha bisogno di uno scopo oltre alla figlioletta Rose, ed è prendersi cura del suo amico.
Il momento di massima empatia tra i due si raggiunge in questo episodio, lo inaugura un messaggio di un personaggio che Watson credeva defunto, Irene Adler; il pistolotto di John sulle occasioni perse è un gesto di rimorso verso la moglie (a cui confessa il tradimento con la sconosciuta del bus visto in Le sei Tatcher) e di affetto per Sherlock, cercando di dargli un nuovo impeto. Il detective morente è di certo un segnale di come le trame di Sherlock siano vive, intense e curate, con buona pace di chi accusava lo show di un calo nel ritmo; Cumberbatch e Freeman non sbagliano un colpo, aiutati in questa puntata anche da un maestoso Toby Jones, perfetto nel rendere odioso e criptico il suo Culverton Smith.
Ma non è tutto.
Ora, fermatevi un secondo, e leggete bene. Quello che segue, potrebbe essere uno spoiler, quindi se non avete già visto l’episodio, tornate settimana prossima.
Perché adesso si parla di Siane Brooke, la vera star di questi primi due episodi. Lo confesso, ancora una volta nel finale mi sono smascellato dallo stupore, capendo perfettamente lo sbigottimento dei protagonisti. Parecchie volte nel corso della puntata ci sono stati riferimenti ad un terzo Holmes, alcuni gelidamente liquidati da un Mycroft in evidente difficoltà, e mi sarei aspettato quindi la comparsa dell’Holmes perduto. Ma non così. Non mi sarei aspettato di averlo già conosciuto, o meglio averla. Nello scorso episodio, per giunta. Ricordate la donna che flirtava con John? Non assomiglia per caso alla terapista di Watson in questo episodio? O alla figlia di Smith? Perfetto, avete anche voi la faccia stupita che ho fatto quando la signorina Euros Holmes ha spiegato il tutto. Impressionante la prova della Brooke, che ha un trasformismo incredibile, aiutata sicuramente dal trucco, ma le movenze, la gestualità, sono tutte opera sua, degna rappresentazione del suo tremendamente affascinante personaggio. Euros (in casa Homes schifano i nomi normali, eh?) è la villain della stagione, potenzialmente anche più pericolosa di Moriarty, capace anzi di sfruttare il mito del nemico del fratello Sherlock per gettarlo nell’ossessione, con quei Miss me?. Tutti a pensare al ritorno di Moriarty, nessuno alla Holmes perduta; eppure, deve esserci un legame tra Euros e Jim Moriarty, un dettaglio che non mancherà di animare il finale di questa stagione.
Ancora una volta Moffat e Gatiss sono riusciti a creare una pathos e una continua ansia nello spettatore, una combinazione vincente che ci tiene incollati allo schermo, nuovamente esaltata da un finale esplosivo!