Quando avevamo letto La signora del lago eravamo rimasti abbastanza sicuri che le avventure dello Strigo più famoso del mondo fossero giunte al termine; Andrzej Sapkowski sembrava aver concluso la sua avventura con il mutante cacciatore di mostri, una commiato appassionante ma che lasciava comunque l’amaro in bocca. Certo, gran parte della fama del personaggio arriva grazie alla trasposizione videoludica di Cd Projekt Red, il cui terzo capitolo, ha sbaragliato ogni record di vendita, ma bisogna riconoscere all’autore di aver creato questo interessante universo narrativo una dozzina di anni prima, e che esistono delle divergenze tra i due media. Anche l’autore ha risentito parzialmente dalla maggior fama del Geralt cartaceo, visto che molti editori hanno preferito stampare in copertina nelle edizioni successive dei suoi libri, immagini prese dal videogioco, una scelta che Sakowski non ha molto gradito, come rivela questa intervista . Personalmente, ho prima conosciuto il gioco e poi ho recuperato la versione cartacea delle avventure di Geralt, e per quanto adori il gioco, devo ammettere che la narrazione di Sapkowski è anni luce superiore alla già buona capacità di narratori dei ragazzi di Cd Projekt.
La stagione delle tempeste non vuole essere un seguito forzato, ma sceglie la già nota via del prequel, ovvero ci porta ad un periodo della vita di Geralt precedente alle vicende raccontate in Il guardiano degli innocenti. Geralt è già in compagnia del fedele amico Ranuncolo, cantastorie di una certa fama, e rimane invischiato in una vicenda alquanto torbida, in cui un’aspra lotta dinastica, dei maghi dai loschi intenti e una giovane fanciulla incrociano la strada del nostro strigo. A rendere il tutto più appassionante, Geralt inizia la sua avventura con un incidente percorso che sembra privarlo di uno dei tratti distintivi dell’essere uno strigo: la perdita delle sue due spade! In realtà è tutta una macchinazione per renderlo pedina di un immenso gioco politico, un complicato puzzle che riuscirà a svelare pian piano.
Nell’affrontare questo intrico, Geralt dovrà mettersi in gioco, a volte anche abbassare la testa di fronte ad angherie che noi ben sappiamo lo avrebbero fatto agire diversamente; per quanto tutto in lui sia un’eco del futuro personaggio che conosciamo, in La stagione delle tempeste abbiamo modo di vedere come la sua indole sia stata anche plasmata da questa storia, come certi suoi atteggiamenti siano originati da ferite del passato. Non manca all’autore l’occasione di mostrare il lato umano di Geralt, quasi un’ironica contraddizione visto che emerge in un mutante ostracizzato dalla società e che sembra affiorare quasi sempre in concomitanza con la presenza di quelle creature che dovrebbe teoricamente eliminare. Altrettanto appassionante è il modo in cui dalla labbra di Geralt venga spiegato come il mito degli strighi, delle loro armi magiche o dei loro poteri sovrannaturali sia molto ingigantito, a beneficio dei clienti che quindi sono propensi a pagare onorari più alti; divertente il modo in cui reagisce Ranuncolo alla rivelazione, proprio lui che dell’iperbole narrativa ha fatto il suo mestiere.
La trama non è adatta solo a coloro che conosco già le vicende di Geralt, ma anzi è il punto di lettura ideale delle storie di Sapkowski, visto che l’autore riesce a far vivere ai due amici un’avventure che non spoilera nulla del futuro, dettaglio non da poco per un autore che in passato ha giocato volentieri con le linee temporali. Le caratteristiche fondamentali di Geralt sono tutte presenti, il suo carattere spigoloso e a tratti indefinibile, la difficoltà nel sentirsi parte della società data la sua natura di mutante e le complicazioni nel combattere i pregiudizi. Tutto ciò che ha reso affascinante i precedenti libri di Sapkowski torna con prepotenza, forse con ancora più intensità, visto che lo strigo non è limitato nel proprio vagare per seguire Cirilla; anche in questo caso la capacità dell’autore di far passare Geralt da un’indagine ad una caccia al mostro in modo quasi repentino risulta credibile, il ritmo rapido della narrazione coinvolge il lettore, lo arricchisce con tutti i dettagli che in modo garbato vengono inseriti all’interno delle pagine, sempre accompagnati da un tono molto quotidiano nei dialoghi, dove non manca mai il tono lievemente ironico o la citazione da altre opere fantasy.
Non è uno spoiler , ma il modo in cui Sapwokswi riesce a riagganciarsi con le storie che già conosciamo, con un ultimo tocco di classe con cui lascia intendere che le avventure di Geralt in realtà non siano ancora finite..