Ci sono alcuni film horror che sfruttano solo l’aspetto psicologico per creare tensione e turbare lo spettatore. Spesso in queste pellicole viene lasciato totalmente spazio allo sviluppo dei personaggi e alla costruzione della storia e vengono lasciati da parte, spesso totalmente, tutti quegli aspetti che alcuni ritengono essenziali in un film horror, ovvero il sangue e la violenza. Se l’idea che un film horror possa entrarvi nelle ossa grazie a tutti quegli aspetti psicologici non visibili, allora a partire dal 17 luglio vi aspetta al cinema You’ll Never Find Me.
Un uomo solo nella sua roulotte sta passando la notte sveglio ad ascoltare vecchie canzoni alla radio. All’improvviso inizia una forte tempesta e qualcuno comincia a bussare alla sua porta. Sotto alla pioggia c’è una ragazza che chiede all’uomo un passaggio. Non potendo però prendere la macchina fino all’alba, il padrone di casa la invita ad entrare. La sconosciuta era al mare quando è iniziato a piovere, quindi ha cominciato a camminare scalza cercando qualcuno disposto a darle un passaggio, finendo così a bussare alla porta di quella roulotte. Anche se l’uomo cerca di essere ospitale offrendo alla ragazza qualcosa di caldo da mangiare e dei vestiti asciutti, comincia a nutrire fin da subito dei dubbi sulle sue intenzioni: la spiaggia non è vicina e poi cosa ci faceva una turista al mare alle due di notte in pieno inverno?
Quella sconosciuta non gli sta raccontando la verità. You’ll Never Find Me non è un film di una casa di produzione famosa, creato per il grande pubblico con un budget enorme e con un cast infinito composto quasi interamente da nomi importanti. Non è neanche quel tipo di horror che attira le folle e di cui si sente parlare per settimane sui social. Diciamo la verità: probabilmente non lo avete mai neanche sentito nominare. Non fatevi però scoraggiare da tutto questo perché gli horror più sorprendenti ed emozionanti si nascondono spesso dietro a case di produzione indipendenti e cast minimalisti. You’ll Never Find Me è un film horror psicologico australiano che è stato creato grazie ad un micro-budget di circa 400 mila dollari australiani, ad un cast estremamente talentuoso composto da soli due attori (Brendan Rock e Jordan Cowan), e alla passione di chi lo ha scritto e diretto (Indianna Bell e Josiah Allen), che è evidente per tutta la durata del film.
Per tutta la prima parte il film non è altro che una conversazione tra due sconosciuti che non si fidano della persona che hanno davanti e che continuano a fare domande proprio per cercare di capire in che situazione si siano cacciati. Da una parte abbiamo una ragazza, sola e senza niente, che si è ritrovata a chiedere aiuto ad uno sconosciuto e che rimane bloccata in casa sua per colpa di una tempesta. Dall’altra invece c’è un uomo che stava passando una notte come tante, tormentato dall’insonnia e dalla solitudine, e che si è ritrovato ad aprire la porta e ad ospitare una sconosciuta in difficoltà – sconosciuta che però non sta raccontando la verità. I due non sono tranquilli in quella situazione, ma cercano comunque di tranquillizzare lo sconosciuto che hanno di fronte; lui perché si rende conto del disagio che sta provando lei, e lei perché vuole essere sicura di uscire sana e salva da quella situazione.
Questa conversazione, basata sul sospetto reciproco e sulla volontà di trasmettere comunque tranquillità e sicurezza, è tutto quello che viene usato per costruire la storia e la caratterizzazione dei due protagonisti, ma anche per creare tensione nello spettatore che si ritrova ad assistere a uno scambio di battute senza avere però una storia di fondo per capire esattamente cosa stia succedendo. Così come l’uomo non ha elementi per capire le vere intenzione della sconosciuta, e così come la ragazza non riesce a decifrare la vera natura dello sconosciuto. In un film senza fronzoli o effetti speciali non c’è spazio per l’errore o l’incertezza, perché non ci si può nascondere dietro a nulla. Ed è proprio in questi casi che il talento del cast e della troupe viene messo in risalto. La scrittura riesce a creare un senso di confusione che però porta con sé curiosità (e non una frustrazione che rischierebbe di far abbandonare la visione). La fotografia gioca con la mente dello spettatore, creando delle immagini suggestive ed inquietanti. E soprattutto, l’interpretazione dei due attori protagonisti è semplicemente magistrale. Tutti questi elementi messi insieme hanno formato un horror psicologico d’atmosfera, che riesce a creare un senso di smarrimento e solitudine nello spettatore. Un film certamente lento, che però non risulta frustrante e che, anzi, porta a domandarsi cosa stia succedendo davvero.